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Il valore della vita non è il massimo

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Nell'intervento pubblicato sul "Corriere" del 26 ("Pena di morte - I cittadini insieme a noi scienziati fermino l'"), Umberto Veronesi esalta "coloro che credono nel valore della vita". Sembrerebbe che il valore della vita sia il massimo. Senonché venerdì 30 gennaio 2009 ad una mia, nella quale prospettavo la statalizzazione del sistema trapianti quale mezzo per far diminuire le tante morti di persone indifese che avrebbero bisogno del trapianto di qualche organo, fra l'altro affermò: "Tuttavia non sono d'accordo sul concetto di statalizzazione, perché come sa io sono sempre e comunque a favore dell'autodeterminazione della persona". Il "valore della vita", quindi, verrebbe almeno dopo il valore (senza condizioni) "dell'autodeterminazione della persona". E questo in coerenza con il sentimento comune: per tutti, in definitiva, la mia è una soluzione "drastica" (per dirla con un valente scienziato, che la riteneva buona anche per sé, ma indigeribile per la gente) e quasi tutti puntano sulla formazione. I maggiori addetti ai lavori (prof. Giuseppe Remuzzi, Dr. Alessandro Nanni Costa...) pensano anche che il sistema sia perfettibile. Da dieci anni che seguo da dilettante la materia, però, i numeri non sono cambiati, nonostante i progressi fantascientifici della medicina e della tecnica, e continua l'ecatombe delle morti ingiuste (che forse terminerà fra qualche generazione, quando la scienza e la tecnica saranno in grado di costruire organi meccanici). Ma, nel frattempo, a chi si sacrificano tanti innocenti che muoiono per colpa dell'egoismo umano?
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