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Ruolo della religione nell'educazione

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Un aspetto dell'accanimento laicista è la pretesa dell'educazione delle nuove generazioni con il loro pensiero, che essi stessi definiscono “liberatore”. Un articolo del quotidiano inglese “ The Guardian”, prima della visita del Papa, si concludeva con l'appello al “pensiero liberatore di una vita sulla terra che è preziosa, perché oltre al presente non c’è niente e perché il suo destino è nelle nostre mani”. L'appello è uguale alla propaganda degli atei sugli autobus inglesi di due anni fa, giunta anche in Italia, e persino nella mia città. Invece non è così, perché la religione è un fattore “protettivo” per i giovani. La definizione “fattore protettivo” è un concetto sociologico e non ecclesiologico. Lo studio “Religious Practice and Educational Attainment”, pubblicato il 9 settembre da Pat Fagan (Family Research Council), rivela che livelli più alti di pratica religiosa possono incidere positivamente sul rendimento scolastico. Gli alunni impegnati in attività religiose trascorrono più tempo a fare i compiti, ottengono anche migliori risultati negli esami e sono meno propensi ad interrompere il loro studio. Il documento ha identificato i meccanismi in cui la religione costituisce un aiuto per gli studenti: consente di interiorizzare i valori e le norme che aiutano ad ottenere buoni risultati; mantiene alti i livelli di aspettativa personale e aiuta gli studenti ad evitare comportamenti devianti. Gli studenti che frequentano le funzioni religiose settimanali fanno meno uso di droga, alcol. I giovani che hanno un vero senso religioso hanno per se stessi maggiori aspettative; gli amici che condividono la fede tendono ad essere più orientati allo studio e l’appartenenza a questo gruppo di amici invoglia all’impegno accademico. La religione è una delle poche "istituzioni" accessibili alle famiglie povere. I limiiti e i difetti stanno ovunque, ma che la religione porti benefici alla società è innegabile .
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