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La sindrome Gelmini-Otelma

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Fin dalle sue prime apparizioni pubbliche, le dichiarazioni rilasciate dal ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini mi hanno riportato in mente un altro personaggio, anch’esso pubblico ma di tutt’altra collocazione, un curioso individuo che qualche tempo addietro non era infrequente ritrovare sul piccolo schermo: il signor Marco Amleto Belelli, più noto come il Divino Otelma. La ragione di tale azzardato accostamento trova una sua spiegazione nello spregiudicato utilizzo della forma plurale che li accomuna, in quell’enfatico discorrere utilizzando la prima persona plurale invece di quella singolare, in un anacronistico trionfo di quel “pluralis majestatis” un tempo appannaggio esclusivo di papi e re. Mentre il plurale ostentato dal Divino Otelma sembra voler alludere a misteriose forze della natura in mistica simbiosi con il suo operato, quello palesato dal ministro Gelmini vuole probabilmente limitarsi a enfatizzare un consenso condiviso dei colleghi di governo, colleghi che, a onor del vero, si rivelano talvolta non meno misteriosi e inquietanti delle forze della natura tirate in ballo dal signor Otelma. La stessa confusione mentale che la ben nota “sindrome di Stendhal” è capace di ingenerare in taluni individui particolarmente sensibili al fascino delle opere d’arte, la ritroviamo come premessa nella neonata “sindrome Gelmini-Otelma”, chiara cartina di tornasole della reiterata incapacità di assumersi le proprie responsabilità, del doloso abuso della forma plurale volto ad alleviarne il peso, ripartendolo implicitamente verso un imprecisato ma numeroso insieme di individui.
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