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Videmus nunc per speculum in aenigmate

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Giorni addietro la Signora Grigoletto mi ssicurava che la risposta alla questione della compatibilità fra un dio misericordioso e il male esiste ed è nella fede, poiché, mi si diceva, non è argomento che possa discutersi con le parole. Ineccepibile. Le nostre posizioni si rinvengono nel recente intervento di Mancuso, per il quale (leggo dai commenti) la questione rappresenta una obiezione decisiva, e da essa deriva l’impossibilità (logica) di credere, salvo uscire dalla razionalità e affidarsi al Mistero del Crocefisso. Quel che il teologo Mancuso (e in fondo anche la signora Grigoletto) denuncia è l’impossibilità logica (ciò che appunto sostenevo nel mio commento di allora) di credere alla teologia, non in Dio (sull’ambiguità del significato in cui di volta in volta viene assunto il termine vedere il commento della Signora D’Andrea che, come spesso accade, condivido -saluti e ringraziamenti per i caratteri che mi fa risparmiare-) e le improbe fatiche di pur eccelsi pensatori cristiani (Agostino d’Ippona, l’Aquinate, Duns Scoto) per risolvere insolubili problemi di dottrina, indirettamente lo confermano (non è un caso che l’ermeneutica nasca in ambito religioso per l’interpretazione dei testi sacri). Tali considerazioni insinuano o confermano il sospetto che il dio dei teologi sia nient’altro che il riflesso dell’uomo visto in uno specchio deformante (San Paolo, in una lettera ai Corinzi, involontariamente lo adombra); l’illusione di un’ottica (fatalmente) antropocentrica. Può la creatura superare i limiti del creatore? Ovvero, poteva questo dio salvarsi dalle contraddizioni intrinseche al suo ideatore? Evidentemente no. Nonostante i teologi, il Mistero del Crocefisso resta, grazie a Dio. Speriamo resista.
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