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La nuova serie di Kenya Barris (che sì, è nero)

<p>La comicit&agrave; &egrave; meglio delle prediche sul razzismo: arriva &ldquo;#blackAF&rdquo;</p>

Mariarosa Mancuso
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La commedia e la lotta per la giustizia razziale. Il titolo dà i brividi, uno si aspetta che lo svolgimento del tema sia “togliete di mezzo le battute sui neri e nessuno si farà male”. Corollario: date più spazio ai comici neri, com’è che gli stand up comedian sono quasi tutti bianchi? (e bevono litri di acqua, fa notare Woody Allen in “A proposito di niente”: salgono sul palco con la bottiglietta in mano, già con l’arsura prima di cominciare).

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Scopriamo che non sono tutti impazziti. Almeno uno savio c’è, e si chiede cosa possa fare la comicità per contribuire al cambiamento. E’ nero, dettaglio che lo mette al di sopra di ogni sospetto. Ed è lo showrunner della serie “Black-ish”, iniziata nel 2014 e tuttora in corso. Dettaglio che lo mette al di sopra di un altro sospetto: non è uno che non sa scrivere, che non sa come funzioni una sit-com, che voglia farsi notare con una provocazione. Si chiama Kenya Barris.

    

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“Black-ish” – “nerastro”, se si potesse usarlo come titolo di una serie senza fare scappare gli spettatori – raccontava la famiglia di Andre Johnson, dirigente di un’agenzia pubblicitaria. Lui è nero, la moglie anestesista è nera per metà, i figli sono appunto “black-ish”: non crescono poveri nel ghetto come il genitore, ma più che benestanti in un quartiere con il giardinetto e i cancelli da casalinghe disperate. Insomma, sono neri a metà.

   

Una serie che in Italia non ha mai sfondato, ma negli Stati Uniti ha già prodotto due spin-off. “Grown-ish” – adulti a metà, continuiamo così per capirci – che segue la figlia Zoey partita per il college. E “Mixed-ish” – qui la traduzione, e per la verità anche il titolo originale, fa un doppio salto, succede quando è tanto azzeccato da entrare nel linguaggio: qualcosa come “Meticci a metà”, dove si racconta la vita negli anni Ottanta della signora Johnson, Rainbow detta “Bow”, nata in una famiglia mezza colorata.

    

Kenya Barris parla chiaro, anche se sarà accusato di intelligenza con il nemico. “E’ sicuro al 100 per cento che la commedia possa cambiare le cose”, sostiene in un’intervista uscita su Deadline. “E’ lo zucchero che aiuta le persone a mandar giù la medicina” (lo sfacciato osa citare la waspissima Mary Poppins, che cantava “con un poco di zucchero la pillola va giù”). Non solo lo dice, ma lo fa, e per giunta su Netflix, con una nuova serie intitolata “#blackAF”. Sarebbe “black As Fuck”: il nero più nero che c’è.

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Kenya Barris recita la parte di se stesso, un nero che ha successo nel mondo dello spettacolo. Carica il personaggio della serie, che già era parecchio autobiografico, senza freni o galateo televisivo: “#blackAF” è stato paragonato a “Seinfeld” e a “Curb Your Enthusiasm”. Un assaggio dalla prima puntata, “Because of slavery” (le altre sette della prima stagione sono variazioni sulla stessa frase). “E’ la risposta che do a tutte le domande”, spiega Kenya Barris, anche alla moglie che qui è decisamente bianca, non più mista. “Colpa della schiavitù è la mia stella polare e la mia guida, utilissima in tante occasioni”. Viva la sincerità, una volta almeno. 

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