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Mila, la liceale minacciata di morte dagli islamisti nel paese di Voltaire

Giulio Meotti

Una ragazza francese lgbt “offende” l’islam. Ora deve nascondersi da chi vuole violentarla e ucciderla ed è lasciata sola anche dai progressisti

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Roma. “I terroristi islamici hanno vinto la battaglia ideologica”, scriveva ieri su Twitter il giornalista di Libération Jean Quatremer. Mila, una ragazza di sedici anni, ha subìto un’ondata di insulti e minacce fisiche da quando ha attaccato l’islam in un breve video postato su Instagram. Ha dovuto rinunciare ad andare al liceo, deve nascondersi e vivere sotto la protezione della gendarmeria. Informazioni personali, come l’indirizzo della sua scuola, sono state divulgate sui social. Tutto questo è avvenuto in un’indifferenza diffusa, mentre la polizia francese ha persino aperto un’inchiesta per valutare se le parole della sedicenne avessero motivazioni “razziste”. Il 19 gennaio Mila, che è lesbica e aveva la bandiera lgbt sul profilo, è chiamata “sporca puttana” e “sporca lesbica” sul suo account. E’ accusata di insultare “il nostro dio Allah, l’unico e il solo”, le si augura di “bruciare all’inferno”. Lei risponde con un altro video: “Nel Corano c’è solo odio. Ho detto quello che penso, non me ne farete pentire”.

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Roma. “I terroristi islamici hanno vinto la battaglia ideologica”, scriveva ieri su Twitter il giornalista di Libération Jean Quatremer. Mila, una ragazza di sedici anni, ha subìto un’ondata di insulti e minacce fisiche da quando ha attaccato l’islam in un breve video postato su Instagram. Ha dovuto rinunciare ad andare al liceo, deve nascondersi e vivere sotto la protezione della gendarmeria. Informazioni personali, come l’indirizzo della sua scuola, sono state divulgate sui social. Tutto questo è avvenuto in un’indifferenza diffusa, mentre la polizia francese ha persino aperto un’inchiesta per valutare se le parole della sedicenne avessero motivazioni “razziste”. Il 19 gennaio Mila, che è lesbica e aveva la bandiera lgbt sul profilo, è chiamata “sporca puttana” e “sporca lesbica” sul suo account. E’ accusata di insultare “il nostro dio Allah, l’unico e il solo”, le si augura di “bruciare all’inferno”. Lei risponde con un altro video: “Nel Corano c’è solo odio. Ho detto quello che penso, non me ne farete pentire”.

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Il messaggio di Mila viene registrato e trasmesso su Twitter, Instagram e Snapchat. Ci sono messaggi che incitano a violentare la ragazza. E a farla fuori (“sei morta, sappiamo dove vivi”). L’intimidazione si fa sempre più concreta, sale di gradino: gli utenti divulgano informazioni personali sulla ragazza, il suo nome completo, l’indirizzo, il numero di cellulare. “Qualcuno ha chiamato il liceo fingendo di essere mio padre”, ha raccontato Mila al Times. “Il liceo ha chiamato la polizia per proteggermi”. Come racconta il settimanale Marianne, molti militanti lgbt hanno partecipato alle sue vessazioni in nome della sacrosanta lotta contro l’“islamofobia”. Uno le chiede di “rimuovere la bandiera lgbt” dalla biografia: “Non hai la mentalità aperta per far parte di una comunità che sostiene l’amore e l’accettazione”. Una ragazza che frequenta la stessa scuola di Mila ha scritto su Snapchat: “C’è la polizia al liceo. Tutti la vogliono morta”. In rete ci si divide  fra #JesuisMila e #JenesuispasMila.

  

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“Nessuna associazione per i diritti umani protesta o esprime solidarietà”, commenta il filosofo Raphaël Enthoven. “Chi se ne frega, l’islam non è un orientamento sessuale”, recita una vignetta di Charlie Hebdo con due militanti lgbt. “Non difenderemo una donna bianca dominante”. Sul Journal du dimanche, l’avvocato di Charlie Richard Malka è durissimo: “Il caso di Mila o il trionfo della paura”. “Non c’è reazione da parte dei ministri e delle principali associazioni femministe o lgbt, delle artiste e delle ‘progressiste’. Girate la testa, fischiettate, guardate le vostre scarpe prima di scegliere indignazioni alla moda che sposerete con tanto più ardore purché non vi espongono ad alcun rischio”. L’unica colpa di Mila, scrive Malka, è di “usare un diritto di critica sancito dal sistema giudiziario del suo paese. Questa storia si è svolta questa settimana, non nella terra dei puri, ma in una Francia che ha dimenticato che era di Voltaire”.

   

E così Abdallah Zekri, delegato generale del Consiglio francese della Fede musulmana pur condannando le minacce di morte, dichiara perfino che “chi semina vento raccoglie tempesta”. Insomma, Mila se l’è cercata. Ma in fondo, non lo disse anche il Papa dopo il massacro a Charlie Hebdo di cinque anni fa, “se offendi la mia mamma ti do un pugno”? I volterriani à la carte intanto sono tutti impegnati a difendere il diritto di Netflix di mandare in onda la serie sul Gesù omosessuale. Gli eroi della satira conformista.

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