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“Non voglio fare il partito di Steve Bannon”, dice Mara Carfagna

David Allegranti

La vicepresidente della Camera richiama all’ordine l’alleato Salvini e dice no al partito unico di Toti

Roma. Mara Carfagna, vicepresidente della Camera e argine al populismo? Dopo il richiamo a Matteo Salvini in Parlamento viene spontaneo chiederselo ma, dice al Foglio, “io ho fatto solo il mio dovere chiedendo il massimo rispetto per le procedure parlamentari. Alcuni pensano che siano un orpello del passato, ma non è così: sono poste a garanzia delle prerogative dei parlamentari e quindi dei cittadini rappresentati in Parlamento. I parlamentari hanno il diritto di interrogare il governo e il governo ha il dovere di rispondere. Sono pronta a farlo con chiunque. Mi dispiace aver rovinato la diretta Facebook di Matteo Salvini, ma preferisco la dignità del Parlamento alla buona riuscita di uno show mediatico”. E’ qui, osserva Carfagna, che c’è una prima differenza fra il centrodestra che lei immagina e i populisti. “La libertà dei cittadini e la tutela dei loro diritti si realizzano in Parlamento, non sui balconi, sul web o sulla piattaforma Rousseau. E’ qui la differenza tra chi governa prevaricando sui più deboli e chi si basa sul diritto, la libertà e la pacifica convivenza”.

 

“Io non credo che Salvini sia contento di stare con chi fiancheggia i No Tav e i No Tap Non penso che i piccoli e medi imprenditori siano felici di avere più burocrazia sui contratti e più tasse. Così il leader della Lega tradisce il patto del centrodestra”

C’è un problema di linguaggio da affrontare nel centrodestra oggi. Linguaggio e non solo, visto che la questione coincide anche con la sostanza politica. “Il centrodestra che mi piacerebbe costruire scommette sul coraggio, non sulle ansie e la paura. Salvini invoca la ruspa ma qui c’è da costruire, non da abbattere. Bisogna far uscire il paese dalla crisi economica e sociale violentissima. Per questo io non so se la Lega sia davvero contenta del fatto che sta consentendo al M5s di mettere in campo ricette economico-sociali degne del Venezuela, tra nazionalizzazioni, redditi di cittadinanza e finti decreti dignità che bruciano posti di lavoro anziché costruirli. Sicuramente la classe politica finora non si è fatta trovare pronta di fronte alle tante emergenze – economiche, finanziarie, sociali, migratorie – ma la risposta non è quella di esasperare le divisioni e scommettere sulla paura, cavalcando divisioni e alimentando contrapposizioni. La soluzione non è spingere sull’odio sociale, il rancore, i sentimenti di rivalsa”. La verità, dice Carfagna, è che a questo governo non interessa mettere in campo una visione per “ricostruire il paese. I partiti dell’esecutivo, Lega e Cinque stelle, vogliono solo vincere le elezioni europee. Non si preoccupano davvero di contrastare la povertà, la disoccupazione, le diseguaglianze”. Vale anche per il partito di Salvini, che alimenta costantemente la tensione sociale, “ma chi ha incarichi pubblici, specie in una stagione in cui i social mettono in condizione di raggiungere una vastissima platea, ha il dovere di non scadere in eccessi verbali e talvolta in violenza”.

 

Qualche giorno fa Giovanni Toti ha detto al Foglio che Forza Italia non ha una classe dirigente all’altezza. C’è un problema di selezione del personale politico? “Non senza orgoglio mi sento di affermare che la nostra classe parlamentare è una delle migliori che vedo. Prima ci criticavano, ci davano di partito di plastica, ci dicevano che non avevano esperienza o consapevolezza politica. Oggi ci troviamo al governo persone che credono alle scie chimiche, che pensano che l’11 settembre sia un complotto. Ieri (giovedì, ndr) abbiamo votato una mozione contro l’antisemitismo, c’è stata l’unanimità con un solo astenuto, Pino Cabras, un signore dei Cinque stelle che crede ai complotti. I Cinque stelle hanno portato al governo gente che non crede allo sbarco sulla luna. Giovanni Toti pone giustamente la questione della ricostruzione del partito, ma lo fa in termini sbagliati. Forza Italia deve certamente tornare a essere attrattiva verso il suo blocco sociale elettorale di riferimento. Però abbiamo idee diverse sul centrodestra del futuro. Anche lui invoca la ruspa per il partito. Ma la ruspa non basta, serve anche la gru. Quindi dire che Forza Italia non ha una classe dirigente all’altezza è una semplificazione manichea, una narrazione molto superficiale”. Carfagna non è neanche d’accordo con Toti sull’idea di partito unico. “No, non ci credo. Anzitutto, credo nell’unità del centrodestra e non nel partito unico. In questi vent’anni il centrodestra unito e plurale ha dimostrato di essere il miglior governo, a livello nazionale e locale. Lasciamo stare che adesso i rapporti di forza sono mutati e lavoreremo per ribaltarli, ma il centrodestra esiste se c’è una componente liberale che compensa certe intemperanze, non solo caratteriali ma politiche, della Lega. Se invece qualcuno pensa a un centrodestra egemonizzato o fagocitato dalla Lega ha sbagliato indirizzo, perché evidentemente sogna un partito sovranista. Io non voglio fare il partito di Steve Bannon, che è un estremista, è ambiguo nel sostegno ai suprematisti bianchi ed è stato cacciato persino da Trump. Il centrodestra che vorrei non è una filiale del sovranismo di Bannon, ma quello che ha abolito l’Imu sulla prima casa, la tassa di successione sulle donazioni, ha creato oltre un milione di posti di lavoro e varato una legge sullo stalking. E’ quello che governa importanti regioni”. La Lega invece quando va al governo da sola “si rende complice di provvedimenti e decisioni che sono negative per il paese e i suoi interessi. Mi chiedo che cosa sia passato dalla testa di Salvini di fronte al ritardo, alla propaganda e alla superficialità con cui è stata affrontata la tragedia del ponte di Genova; dopo 50 giorni hanno scelto come commissario il sindaco Bucci, andava fatto subito. Non credo che la Lega sia felice di stare con chi fiancheggia i No-tav, i No-tap e i No gronda. Non penso che i piccoli e medi imprenditori siano felici di avere più burocrazia sui contratti e più tasse. Così Salvini tradisce il patto che il centrodestra ha fatto e va contro gli interessi del paese. Ecco, quando la Lega non va al governo con Forza Italia rischia di abbandonarsi a una deriva populista e sovranista che fa male al paese. E’ una deriva statalista, è quella dei Cinque stelle, secondo i quali è lo stato a stabilire che cos’è morale e cosa immorale e che cosa devono fare gli italiani la domenica”. Ecco, dice Carfagna, “noi siamo all’opposto. Conosciamo la nostra metà del campo, il problema è che i nostri alleati guardano altrove. Noi però non dobbiamo più chiedere a Salvini di tornare a casa, dobbiamo fare opposizione dura al governo, denunciando con chiarezza e a voce alta le cose che non vanno e quali sono i provvedimenti sbagliati. Naturalmente, speriamo sempre in un ravvedimento operoso della Lega ma se non arriva prendiamo atto che la formula migliore è un’altra”. Le persone però oggi chiedono protezione, non valori liberali. “E’ vero, i cittadini chiedono protezione dalla disoccupazione, dalla povertà, dall’immigrazione clandestina. Ma la differenza tra chi vuole applicare una ricetta liberale e chi fa propaganda è che i secondi cavalcano le richieste di protezione, le strumentalizzano per trasformarle in voti ma poi non sono capaci di dare risposte. L’unica vera vittoria dei populisti in Europa, a parte l’Italia, è stata la Brexit. Adesso però se si votasse di nuovo probabilmente vincerebbe il Remain. Marine Le Pen è cresciuta, si è gonfiata, ma poi ha perso il ballottaggio. Un centrodestra liberale trasforma la rabbia in desideri da esaudire. I populisti invece cavalcano le paure delle persone, come quella del diverso. Chi li vota non è razzista, chiede giustamente protezione dall’immigrazione clandestina. Ma servono equilibrio, rigore e fermezza senza propaganda. Chi non ha diritto di restare nel nostro paese se ne deve andare, chi può restare deve essere integrato. Io sono a favore del rafforzamento dei confini ma il caso Diciotti ha risolto qualcosa? Le ottocentomila persone che sono in Italia come le gestiamo? Io non ho visto retate alla stazione Termini, alla stazione di Milano o al Vasto di Napoli, dove Salvini è appena stato, e dove c’è una polveriera che rischia di esplodere da un momento all’altro”.

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  • David Allegranti
  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.