Umberto Croppi

Croppi spiega la genesi di un'antropologia, gli "sbrigafaccende"

Luciano Capone

L'ex assessore alla Cultura del comune di Roma: "Serve una compagine amministrativa competente e con obiettivi politici chiari”

Umberto Croppi, ex assessore alla Cultura del comune di Roma, uscito in polemica dalla giunta Alemanno, personalità apprezzata anche a sinistra, è un profondo conoscitore della vita politica e amministrativa della capitale. Si dice che uno dei problemi della città sia lo strapotere della sua burocrazia, qual è stata la sua esperienza? “Noi abbiamo vinto le elezioni in maniera inaspettata, con uno choc che rompeva il continuismo ma aveva prodotto diffidenze reciproche, da parte della politica e della struttura organizzativa del comune. Ma abbiamo stabilito sin da subito un rapporto franco e diretto con il personale, che ha un elevato grado di competenza e molta frustrazione rispetto a come è trattato”.

 

Non è proprio l’idea che hanno i cittadini. “I dipendenti pubblici sono malpagati e si portano dietro dicerie di inefficienza, ma se sai coinvolgerli si riescono a ottenere risultati molto positivi. Quando si innesca un meccanismo che mette ordine nelle gerarchie delle competenze e ridà fiducia, si arriva a veri casi di abnegazione. Ma serve una compagine amministrativa competente e con obiettivi politici chiari”.

 

Non sembra il caso di Roma. Lei vuol dire che se la macchina amministrativa funziona male è colpa della politica? “Se la politica è debole, come è accaduto nella giunta Alemanno ma anche con l’esperienza Marino e ora con la Raggi, la burocrazia prende il sopravvento in maniera disordinata”. Come? “I politici deboli, non avendo strumenti per dare direttive e per scegliere, si affidano a quelle personalità che spiccano indipendentemente dalle competenze. I cosiddetti sbrigafaccende”. E’ ciò che è accaduto in questa amministrazione, con i Marra e i Romeo? “Beh, il potere assunto da Marra e Romeo nei primi mesi è un caso paradigmatico. Erano le uniche due persone della macchina comunale vicine alla Raggi e agli altri consiglieri M5s nell’anno precedente le elezioni, li hanno guidati nella macchina amministrativa e gli sono stati vicini. La grande diffidenza negli altri dirigenti e l’eccessiva fiducia nei confronti di questi, ha trasformato pedine secondarie in figure centrali. Con tutte le distorisioni del caso”.

 

Eppure la vittoria del M5s è stato, come nel caso del centrodestra, uno choc. “Ma la giunta Alemanno con aspetti positivi e negativi aveva un’esperienza su cui costruire. I 5stelle no, sono piovuti dal nulla. E sono precipitati in un contesto nel quale Marino non era riuscito a stabilire nessun rapporto con la struttura burocratica. Nessuno più di Marino è stato infatti vissuto come corpo estraneo. E in questo stato di disagio diffuso sono saltate le filiere di comando”.

 

E così succede che a governare il comune siano “quattro amici al bar”. “Se un dirigente ha un rapporto di fiducia con il proprio referente politico, si assume le responsabilità. Ci sono stati dirigenti comunali chiamati a pagare 40 mila euro a testa perché il Campidoglio aveva illegittimamente pagato le bollette al teatro Valle occupato. La decisione era politica, ovviamente. Ma al momento di pagare, la responsabilità è invece ricaduta su chi aveva messo la firma. Questo dimostra un fatto: se la politica è debole, e se si perde il rapporto fiduciario, la burocrazia cercherà di sfuggire a qualsiasi responsabilità. Tutto questo porta alla paralisi. E spesso al sopravanzare dei più spregiudicati tra i burocrati”. Gli sbrigafaccende.

 

Ciò significa che la paralisi in comune non è dovuta a un conflitto tra i 5stelle e la burocrazia, allora. “Ma no, in queste situazioni, quando la politica è debole o assente, la burocrazia si espande. Io mi sono battuto per eliminare i cda delle partecipate, che servono solo a fare spartizione politica, per portarle tutte all’amministratore unico. Marino aveva iniziato a farlo, ma ora la Raggi e i 5 stelle stanno ripristinando i cda”. Motivo? “Può darsi ci sia una giustificazione nobile. Ma in realtà serve a sistemare gli amici”.

Di più su questi argomenti:
  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali