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Parisi spiega il suo “movimentismo” per rifare il centrodestra in direzione Fillon (No Renzi, Trump, No Salvini)

Maurizio Crippa

Vota No ma non ci specula. Il Cav. decida cosa vuol fare. Lui al Trump italiano preferisce l'ex premier francese. Intervista

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Milano. Energetico come sempre, rapido di idee come sempre, l’animatore del nuovo “movimento politico” Energie per l’Italia (guai a chiamarlo partito, “i partiti sono defunti, nessuno vuole più riconoscersi in un partito”) Stefano Parisi ha appena finito di discutere con Dario Franceschini di Sì e No al referendum. Lui è per il No, ma non per cacciare Renzi, semplicemente non gli piace questa riforma; ma ha verso la materia un approccio laico, disincantato anche sugli scenari “del 5 dicembre”. Ribadisce: “E’ il presidente del Consiglio responsabile della gravità delle affermazioni sui disastri economici che potrebbero derivare. Ha personalizzato prima e creato allarme ora”. E per quel che riguarda il suo progetto di movimento (gli piace dire anche “comunità”) spiega: “Siamo assolutamente indifferenti al risultato elettorale. Noi stiamo ricostruendo un’area politica che si è persa in questi anni”. La settimana scorsa sono accadute alcune cose, variamente enfatizzate dai diretti interessati e dai giornali. In sintesi, Silvio Berlusconi ha ribadito la sua centralità di leadership, che il suo erede al massimo è Matteo Renzi, ha detto che Parisi, se prosegue uno schema di rottura con Matteo Salvini (e con mezza Forza Italia), non è il ricostruttore dell’area del centrodestra. Più o meno una revoca del mandato esplorativo affidatogli mesi fa. Salvini ha ribadito che, sull’onda di Trump, l’interprete della destra è lui. Parisi ha preso atto che decidere il futuro del centrodestra spetta al Cav., faccia lui, e ha annunciato che il suo mandato esplorativo prosegue ma da ora diventa un “movimento politico”. Perché così FI va a schiantarsi e il trumpismo all’italiana consegnerà l’Italia a Grillo.

 

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Stefano Parisi non specula sull’esito del referendum. Anzi è convinto che il Sì ha più chance per prevalere. Ma non cambia nulla: “Io voglio ricostruire – con le migliaia di persone e amministratori che sto incontrando in tutta Italia, convinte ed entusiaste, un centrodestra liberale, popolare e anche ‘radicale’ nel senso del contrario del ‘moderatismo’ centrista. Bisogna recuperare una prospettiva per quei milioni di elettori che il centrodestra così com’è hanno smesso di votarlo, ma che in quelle idee e in quei progetti, rivisti e rilanciati, credono. Dunque: se vince il Sì, bisognerà ricostruirlo contro il renzismo così come si è delineato. Se vince il No, dovremo ricostruirlo contro Grillo. Perché è chiaro che, se vince il No, non è politicamente una vittoria di Forza Italia, o di D’Alema, ma dei Cinque stelle”.  Domanda facile: non è che con l’aggiunta di un nuovo “movimento”, seppure non partitino, semplicemente si complica con una nuova tessera il puzzle già frammentato del centrodestra? “No. Perché FI, Ncd, Verdini o chiunque altro non sono i nostri competitor. Noi intendiamo proporre riforme radicali, non pasticciate e di ‘mediazione’ utili per l’Italia.

Sull’economia, la Pubblica amministrazione, la libertà di fare-intraprendere di comunità e singoli che oggi sono bloccati. Ricostruiamo un’area politica e civile che oggi non si riconosce più nei partiti. In questo, Trump ha dimostrato di aver vinto senza un partito. Berlusconi ha il dovere legittimo di decidere da che parte orientare il suo partito: o verso Salvini, o verso questo progetto liberal-popolare. Noi non siamo un partito: chi vuole aggregarsi è libero di farlo”. Domanda anche più semplice: Trump ha vinto, non è che anche in Italia l’elettorato di destra va in quella direzione, e ha ragione Salvini? “Confondere l’Italia con gli Stati Uniti è un errore. E Salvini non è Trump. Ha rigenerato un partito che stava implodendo, ma non rappresenta quei milioni di voti che sono l’elettorato perduto del centrodestra liberal-popolare”. Ma se il vento andasse di là? “Guardi la Francia. Tutti a parlare della Le Pen, e la destra francese non sta scegliendo un populista. Ma un uomo di destra, di governo, con idee radicali”. Più che Trump, un Fillon italiano.

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