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Cari studenti, preferite un campus nuovo o l’università vecchio stile?

Daniele Bonecchi

Com'è stata la sfida per il rettore della statale di Milano, un caso italiano

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Milano. Non era uno scontro tra baroni quello che si è consumato all’Università degli Studi di Milano. Ma la partita a due per la carica di rettore dell’ateneo milanese – dopo il dinamico, e dunque contestato, mandato di Gianluca Vago: tra l’altro aveva “osato” proporre il numero programmato per le facoltà umanistiche, sovraffollate e in debito di sbocchi professionali – questa volta aveva il sapore di una sfida tra modelli e sul ruolo e la gestione di una dinamica università pubblica. Insomma un piccolo caso di scuola, anche oltre Milano.

 

Lo scontro infatti era tra vecchio e nuovo, tra chi guarda fuori dalle antiche mura di via Festa del Perdono e chi invece vuole restarci dentro, a tutti i costi. Non è una metafora. Da un lato c’era Giuseppe De Luca, docente di Storia economica, prorettore dell’università fino ad oggi e in piena sintonia con Vago, con il quale ha costruito il progetto per il nuovo campus da costruire sull’area ex Expo, col trasferimento delle facoltà scientifiche da Città Studi. Il campus – si ricorderà – è l’elemento di forza del nuovo MIND, il Milano Innovation District Distretto che con Human Technopole sta prendendo vita sull’area di Rho-Pero. Sul versante opposto c’era Elio Franzini, professore di Estetica, già preside della facoltà di Lettere, già braccio destro del rettore (per 12 anni) Enrico Decleva. Franzini, molto apprezzato dalla sinistra senza se e senza ma che riesce ad avere un discreto seguito tra il personale non docente, si è impegnato a lungo contro il progetto del nuovo campus, poi approvato dal Senato accademico ma tutto da realizzare. C’è chi ricorda un suo intervento alla Casa della cultura durante il quale, con toni ultimativi, spiegava: “Il post Expo cos’è? In estrema sintesi: disgregazione di un corpo sociale vivente, il quartiere di Città Studi, a favore di un luogo tra un cimitero, un carcere, due autostrade, la ferrovia, dove nessuno ha mai pensato di abitare”. E di conseguenza ha sostenuto i comitati di Città Studi che si erano opposti al paventato trasferimento.

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Ha vinto Franzini.

  

Tra i fautori del progetto della Statale il timore è che, ora che Franzini è diventato rettore, la strada già accidentata del nuovo polo universitario potrebbe diventare un percorso di guerra. Lo scontro è aperto e interessa le tre componenti chiamate al voto: i docenti, gli studenti e il numeroso personale non docente.

 

La gran parte dei docenti si era schierata con De Luca, perché rappresentava la chance di sviluppo dell’ateneo in una realtà, Milano, dove Bocconi e Cattolica stanno marciando per diventare sempre più attrattive. E così tra gli studenti: vorresti studiare in un campus tutto nuovo o preferisci fare su e giù in una struttura vecchia di un secolo? Non è una domanda complicata. La nota dolente è rappresentata dal personale tecnico, che si oppone al trasloco sostanzialmente per priorità logistiche sue, e al quale Franzini fa intendere che ci potrebbe essere una inversione di marcia. La Cgil regionale e la Camera del Lavoro di Milano hanno favorito il progetto, ora però si ritrovano una parte della componente universitaria che difende lo status quo. Anche la Cisl ha accolto di buon grado il progetto, certo con qualche puntualizzazione e la richiesta di qualche miglioramento.

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Tra gli studenti sembrava fare breccia la prospettiva di un polo universitario innovativo e con un rapido accesso al sistema della mobilità (MM e ferrovia). E proprio agli studenti si rivolge De Luca parlando di “un’università inclusiva, in grado di garantire fino in fondo il diritto allo studio”. In una lettera inviata ai docenti, al personale tecnico e agli studenti, De Luca spiegava che “la Statale che abbiamo disegnato è una comunità scientifica fondata sulla ricerca dell’equilibrio tra tutte le sue componenti, in cui il riconoscimento dell’impegno e del merito non si disgiunge dal concetto di equità e di responsabilità. I nostri principi e i nostri obiettivi sono sempre stati lineari e trasparenti”. E mentre tra i supporter di Franzini pare sia già partita la sarabanda delle promesse, De Luca spiega: “Non voglio offendere la vostra intelligenza con false promesse, lanciate ad arte all’ultimo minuto e assolutamente inconciliabili nel loro complesso. Tantomeno appartiene al mio vocabolario la parola ‘contro’, pure di facile presa in un momento storico in cui la lettura della realtà viene stravolta a livello globale… Il prossimo Rettore sarà la guida di tutto l’Ateneo e dovrà essere in grado di dialogare con equilibrio, solidità e inclusione con tutte le sue parti”. Il punto nodale, al di là delle dinamiche accademiche, è saper pensare a un ateneo come a una struttura dinamica, in grado di evolvere guardano fuori dalle mura delle sue aule (“La nostra città sta vivendo una grandissima crescita e la nostra Statale deve essere in sintonia con questo sviluppo che non è una scommessa ma un investimento che dobbiamo a noi stessi, alle nuove generazioni” per usare le parole di De Luca), mentre spesso l’accademia italiana – i casi nazionali sono molti e noti, a milano basterebbe la storia della nuova sede della Accademia di Belle Arti – tende alla conservazione e a garantire rendite di posizione più che l’offerta agli studenti e il loro reale “diritto allo studio”.

 

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Un dilemma molto italiano, appunto.

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