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GranMilano

L'ultima occasione per vedere a Milano i capolavori dell'arte russa

Paola Bulbarelli

Sino al 27 marzo la mostra “Grand Tour” alle Gallerie d’Italia esporrà ancora le ventitré opere d'arte che il Cremlino rivolevano indietro subito

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Si rischiava di non vederli per tanto tempo, i 23 capolavori che, alla chiusura della mostra “Grand Tour” alle Gallerie d’Italia dovranno tornare ai legittimi proprietari: in Russia. La decisione di lasciarli esposti fino al 27 marzo, presa all’ultimo momento, revoca la restituzione immediata, per fortuna. Non lasciarsi scappare l’occasione di vederli, a questo punto, diventa un obbligo.

Se i due oli su tela di Ducros, “I granduchi Paolo Petrovic e Marija Fedorovna al Foro Romano” e l’altro, “In visita alla grotta di Nettuno a Tivoli”, entrambi datati 1782, torneranno a San Pietroburgo al Museo Tenuta Statale di Pavlovsk, “La famiglia Tolstoj a Venezia” del 1855 (Giulio Carlini), le statue in marmo Iside e Flora di Carlo Albacini, l’Amorino Alato di Antonio Canova e diverse altre opere riprenderanno il loro posto all’Ermitage. Non un caso che un  intero capitolo, nel grande catalogo del “Grand Tour” (Gallerie d’Italia-Skira) sia dedicato ai viaggiatori russi del XVIII secolo, così interessati a viaggiare e a portare con sé preziosi souvenir. Sarà ancora possibile ammirare ancora un po’ questa bellezza, per l’intervento personale di Michail Piotrovsky, direttore generale dell’Ermitage e amico di antica data dell’Italia, che spiega di “aver raggiunto un accordo con il ministero della Cultura russo grazie al quale la richiesta di un ritiro immediato delle opere da noi prestate viene attenuata”. I dipinti del Grand Tour e le statue, nonché il Tiziano “Giovane donna con cappello piumato” (che fa parte della mostra a Palazzo Reale “Tiziano e la figura della donna veneziana nel ’500”) e Picasso (in Italia alla Rhinoceros Gallery, il polo culturale della Fondazione Alda Fendi) continueranno quindi a rimanere appesi alle pareti dei musei per diverse settimane. Ma saranno “ritirate immediatamente alla chiusura ufficiale”, puntualizza Pistrovsky. Che aggiunge: “Dispiace molto che le relazioni culturali tra i nostri paesi siano crollate in un tale ‘buio’. Se ne può uscire solo se conserviamo l’atmosfera di buona volontà e benevolenza. Ripetiamo sempre che i ponti della cultura si fanno saltare in aria per ultimi. Ora è venuto il tempo di proteggerli. E cercheremo di mostrare come si fa”.

 

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A riportare la buona notizia Maurizio Cecconi, segretario generale di Ermitage Italia, che da molti giorni si sta occupando con i curatori e i protagonisti della vita culturale dell’Ermitage dei prestiti effettuati dal museo russo a istituzioni del nostro paese. Un Velasquez era a Brescia alla mostra “Velasquez per Ceruti”, ma è tornato in Russia il 20 febbraio, pochi giorni prima dell’inizio della vernice. “Più che singole opere d’arte – spiega al Foglio Stefano Karadjov, direttore della Fondazione Musei di Brescia – questa situazione sta producendo l’impossibilità di lavorare sui progetti che stavamo sviluppando con i russi, sia con i musei che con gli artisti. La cosa fondamentale è mantenere i rapporti ma è molto difficile dialogare con loro, evidentemente devono badare a quello che dicono e che fanno. In certi casi non possono parlare”. L’impegno bresciano è stato continuativo nel tempo. “L’anno scorso la mostra su Durer, incisioni dalla Pinacoteca Tosio Martinengo, un ingentissimo prestito di un centinaio di opere, prodotta da noi, è stata la mostra più visitata in Russia al Museo Statale di Storia sulla piazza Rossa a Mosca, 87 mila visitatori, e con lo stesso museo stavamo costruendo due operazioni, una intorno a Raffaello e uno scambio sul patrimonio armiero tra loro musei e il nostro”.  Intanto il Grand Tour prosegue il viaggio nel tempo e nello spazio, una vera e propria moda che vedeva nell’Italia del XVIII secolo una meta privilegiata per artisti e letterati. Luoghi mitici come Pompei, Venezia, Firenze, la Città eterna, le atmosfere della Sicilia, dalle Alpi al Vesuvio all’Etna facevano parte di un ideale di insuperata meraviglia. Il percorso delle Gallerie d’Italia racconta in 130 opere l’entusiasmo dei giovani aristocratici europei che tra la fine del Seicento e la prima metà dell’Ottocento hanno contribuito a forgiare l’ideale di un’Europa senza confini. Non va dimenticato.

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