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GranMilano

I milanesi sono diventati a km zero. Il caso Isola

Cristina Giudici

Con i cambiamenti innescati dalla pandemia, i residenti hanno voltato le spalle alla skyline di Porta Nuova e restano piacevolmente confinati negli spazi dell’antico borgo. Avanza il modello 15 minute city

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Al terzo tentativo di portarmi a pranzo a porta Venezia, un amico mi ha detto: "guarda che si chiama Isola, ma non è circondata dal mare”. Mario Nobile, ex manager diventato fioraio con il suo ormai celebre negozio OFFI, in via Carmagnola, ci scherza su. Ora che il motto #15minutecity è diventato uno dei temi della campagna elettorale di Beppe Sala, gli isolani fanno commenti caustici. Il quartiere 15 minuti lo avevano da anni e adesso hanno ulteriormente allargato il loro orizzonte urbano: ma restringendo il proprio perimetro attraverso il vicinato sociale. Con la pandemia che ha innescato il turbo dei cambiamenti e potenziato lo smart working, i residenti hanno voltato le spalle alla skyline di Porta Nuova e restano piacevolmente confinati negli spazi dell’antico borgo che sembra essere diventato più che altro un #1minutecity, dove socialità, economia e servizi sono racchiusi in poche strade strette e sempre (sovr)affollate.

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Al terzo tentativo di portarmi a pranzo a porta Venezia, un amico mi ha detto: "guarda che si chiama Isola, ma non è circondata dal mare”. Mario Nobile, ex manager diventato fioraio con il suo ormai celebre negozio OFFI, in via Carmagnola, ci scherza su. Ora che il motto #15minutecity è diventato uno dei temi della campagna elettorale di Beppe Sala, gli isolani fanno commenti caustici. Il quartiere 15 minuti lo avevano da anni e adesso hanno ulteriormente allargato il loro orizzonte urbano: ma restringendo il proprio perimetro attraverso il vicinato sociale. Con la pandemia che ha innescato il turbo dei cambiamenti e potenziato lo smart working, i residenti hanno voltato le spalle alla skyline di Porta Nuova e restano piacevolmente confinati negli spazi dell’antico borgo che sembra essere diventato più che altro un #1minutecity, dove socialità, economia e servizi sono racchiusi in poche strade strette e sempre (sovr)affollate.

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Della 15 minute city, tema trend topic in tutta Europa da Parigi a Copenhagen, si parla da anni. Nella Milano che cambia, o meglio si adatta in questa fase di caotica e complessa transizione fra la convivenza con il Covid e il piano vaccinale, ormai ci si arrangia così. Facendo di necessità virtù, molti quartieri hanno ridefinito il proprio raggio d’azione con app dove i vicini si organizzano sulle bacheche virtuali per le passeggiate, le corse, la spesa, ma anche per barattare merci, servizi, cercare o offrire aiuto e incontrarsi nell’arco di un chilometro o poco più. Una tendenza ancora di più evidente nel quartiere lilla in cui si mescolano la coolness, l’impegno sociale, la movida, laboratori artistici, le start up, le botteghe artigianali. Anche se nel weekend l’ex salotto della Galleria Vittorio Emanuele si ripopola e diventa luogo di assembramenti e strusci, durante la settimana la Milano che fu centripeta sembra più che altro Gotham City, con i palazzi e i grattacieli svuotati dallo smart working. O quanto meno diventa solo una zona di transito. “A uscire dal quartiere sono solo quelli che hanno la seconda casa per il weekend, altrimenti noi non ci muoviamo mai”, dicono i residenti che passeggiano all’interno del parco Biblioteca degli alberi o si ritrovano nel giardino comunitario di Pepe Verde, dove gli associati curano i piccoli orti degli ecobox.

 

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Nonostante il gelo siberiano, c’è chi siede sulle panche delle cinque Piccole biblioteche libere, dove si può fare bookcrossing e sfogliare un libro. Tutti sorridono all’idea del Comune di Milano di creare il nearworking. “All’Isola è sempre stato come vivere a Livorno”, ricorda lo scrittore Luca Doninelli. Prima della pandemia, il quartiere lilla era citato nelle guide per turisti come un brand che però era riuscito a mantenere la sua identità di borgo, in perenne competizione con Porta Nuova cresciuto in altezza. E ora che il Covid ha stravolto tutte le identità, pubbliche e private, sono le attività artigianali a prendersi una rivincita sulla città formato Expo. Come spiega Piervito Antoniazzi, coordinatore del distretto urbano commerciale (Duc) Isola: “Le 41 botteghe dell’Isola artigiana (riconoscibili per una piccola bandiera lilla all’esterno) ora sono il perno della vita economica del quartiere. Abbiamo voluto far emergere un paradigma dell’abitare che fosse di scambio, convivenza e rapporto tra tradizione e innovazione, giovani e anziani attraverso una sinergia competitiva”.

 

Lucia Tozzi, giornalista e studiosa dei fenomeni urbani che vive nel cuore del borgo isolano ha in mente un lungo elenco di luoghi crocevia del quartiere che hanno aiutato i residenti a superare tutte le restrizioni durante il lockdown. “A cominciare da Isola Libri, che è stata la nostra Amazon di quartiere con le consegne dei libri a domicilio o ancora Volume, dove si vanno a comprare i dischi in vinile e libri da collezione sulla musica”. Senza dimenticare la Stecca 3.0, progettata da Stefano Boeri, mecca delle rete di associazioni che vogliono un quartiere eco-sostenibile con progetti artigianali come la falegnameria sociale Briecheco, la Ciclofficina e Vitality onlus che incuba realtà imprenditoriali multiculturali. Morale: da meta turistica e della movida, è diventato il modello della città one minute. All’ora del fu happy hour, quando in piazzale Archinto i bar si preparano alla chiusura anticipata, si sente un boato: giovani e meno giovani che urlano e corrono a prendere l’ultima birra prima del coprifuoco. Al netto degli assembramenti durante i fugaci ex happy hour ed ora più simili all’ora d’aria che si prende con una fame insaziabile del tempo perduto, non si contano le nuove attività sociali nate anche per aiutare chi è in difficoltà nel quartiere metà Chelsea e metà Kreuzberg. Sulla bacheca virtuale di Facebook, ora c’è chi vende i propri abiti griffati per arrivare a fine mese e chi chiede vestiti per famiglie in difficoltà. E così che da meta trendy di artisti e milionari, oggi è anche esempio del vicinato sociale della Milano che è ripartita dai quartieri, dove ci vuole uno sforzo mentale oltre che fisico per immaginare di andare persino a Porta Venezia. (1. continua)

 

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