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GranMilano

Si chiama “Viavài” la mostra nelle vetrine chiuse per ridare luce a via della Spiga

Paola Bulbarelli

Un'iniziativa nata per riempire il vuoto dei locali lasciati sfitti dalla pandemia, un progetto che "sintetizza la capacità tutta meneghina di rimboccarsi le maniche e reagire alle difficoltà facendo appello alle creatività imprenditoriale"

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Via Spiga 31. E poi due al 48 e uno al 52. Spazi tutti vicini. Verso via Manzoni. Quattro negozi, quattro ex boutique, sfitte, diventate spazi d’arte. E proprio per la vicinanza la si legge come una collettiva, una mostra speciale di arte contemporanea dal titolo accattivante, “Viavài”. “L’idea nasce da un imprenditore, Lorenzo Lombardi, che nella vita fa tutt’altro e dalla sua compagna, Valentina Angeloni, fotografa – ci spiega Federica Sala, curatrice dell’iniziativa – Lombardi ha ereditato dalla zia Marisa questo negozio in via Spiga. E vederlo vuoto e buio, come altre decine in una delle vie, un tempo, dello shopping d’élite, era proprio un peccato". Non tutto nasce per caso perché Marisa Lombardi, personaggio speciale, era un’imprenditrice, appassionata d’arte e figura importante nel mondo della moda milanese.

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Via Spiga 31. E poi due al 48 e uno al 52. Spazi tutti vicini. Verso via Manzoni. Quattro negozi, quattro ex boutique, sfitte, diventate spazi d’arte. E proprio per la vicinanza la si legge come una collettiva, una mostra speciale di arte contemporanea dal titolo accattivante, “Viavài”. “L’idea nasce da un imprenditore, Lorenzo Lombardi, che nella vita fa tutt’altro e dalla sua compagna, Valentina Angeloni, fotografa – ci spiega Federica Sala, curatrice dell’iniziativa – Lombardi ha ereditato dalla zia Marisa questo negozio in via Spiga. E vederlo vuoto e buio, come altre decine in una delle vie, un tempo, dello shopping d’élite, era proprio un peccato". Non tutto nasce per caso perché Marisa Lombardi, personaggio speciale, era un’imprenditrice, appassionata d’arte e figura importante nel mondo della moda milanese.

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Fin dagli anni ’60 portò a Milano nelle sue omonime boutique del quadrilatero, il meglio degli stilisti e delle avanguardie della moda italiana e internazionale. Amante dell’arte e vera collezionista, nella vita privata, il suo giro era di artisti e intellettuali. Tanto che gli interni di Via Spiga 52 erano stati progettati dall’amico Ettore Sottsass negli anni ’80. E ora la mostra. “Si tratta di un progetto messo insieme rapidamente e con passione grazie a un gruppo di privati appassionati d’arte che hanno finanziato”. Nata da un’iniziativa di VIA Visiting Installation Art, “Viavài” riempie il vuoto delle vetrine lasciate sfitte dalla pandemia. La collettiva, diffusa tra 4 negozi, allestita fino alla fine di marzo per poi proseguire, presenta un’installazione site specific di Nathalie Du Pasquier in collaborazione con Mutina, le sculture in rame del duo italo-nipponico Gianluca Malgeri&Arina Endo in collaborazione con la galleria romana Magazzino, alcuni pezzi della recente mostra “Jugalbandi” di Lorenzo Vitturi per T293 realizzati dalla Jaipur Rugs Foundation e una selezione di opere di Regine Schumann per Dep Art Gallery.

 

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“In questi mesi le vie centrali, e in particolar modo via Spiga e via Manzoni, si sono completamente svuotate dai grossi brand e anche per gli affitti molto alti. Se uno passeggia per via Spiga può vedere un numero consistente di vetrine sfitte. Tutto questo è iniziato anche prima del covid, rispetto alle altre vie del quadrilatero come Montenapoleone e Sant’Andrea che sono sempre state più fiore all’occhiello del Quadrilatero. Per Spiga, lo vuotamento era già una tendenza in atto”. Con la mostra si può pensare a una rinascita con vetrine illuminate che rendono la via meno buia in attesa che riprenda quel viavài di passanti, italiani e internazionali. Le opere esposte nei negozi, che restano non accessibili al pubblico, sono ben visibili dalla strada. “VIA è un progetto milanese. Non solo perché ideato e curato da milanesi, o perché nasce rivolgendosi a una delle vie più milanesi della città, ma soprattutto perché sintetizza la capacità tutta meneghina di rimboccarsi le maniche e reagire alle difficoltà facendo appello alle risorse di creatività imprenditoriale. Un gesto di mecenatismo”.

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