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GranMilano

La politica del vaccino

Fabio Massa

Il Grande piano è l’ultima occasione per Moratti & Co. Ma Bertolaso è un problemino

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C’è una sottile linea rossa che lega problemi intricati, la gara di Raggi, Calenda e Bertolaso per Roma, il piano vaccini in terra lombarda, il destino di Letizia Moratti, il futuro del centrodestra in Regione e Mario Draghi: il presidente incaricato. Prima questione. L’ex capo della Protezione civile stato chiamato a Milano per gestire l’ambizioso piano vaccini. Che si basa su un presupposto ben preciso: i vaccini non arriveranno scaglionati nel tempo, così come si sarebbe auspicato, ma in una sola ondata prima dell’estate. Questo vuol dire che c’è bisogno di una grandissima capacità di distribuzione e inoculazione delle dosi in un ridotto periodo di tempo. Non a caso un pool di esperti e volenterosi ha elaborato gratuitamente un piano, che prevede una fase di anamnesi, una di inoculazione, una di reportistica. Il tutto in una sorta di catena di montaggio ultraefficiente, tempistiche da pochi secondi.

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C’è una sottile linea rossa che lega problemi intricati, la gara di Raggi, Calenda e Bertolaso per Roma, il piano vaccini in terra lombarda, il destino di Letizia Moratti, il futuro del centrodestra in Regione e Mario Draghi: il presidente incaricato. Prima questione. L’ex capo della Protezione civile stato chiamato a Milano per gestire l’ambizioso piano vaccini. Che si basa su un presupposto ben preciso: i vaccini non arriveranno scaglionati nel tempo, così come si sarebbe auspicato, ma in una sola ondata prima dell’estate. Questo vuol dire che c’è bisogno di una grandissima capacità di distribuzione e inoculazione delle dosi in un ridotto periodo di tempo. Non a caso un pool di esperti e volenterosi ha elaborato gratuitamente un piano, che prevede una fase di anamnesi, una di inoculazione, una di reportistica. Il tutto in una sorta di catena di montaggio ultraefficiente, tempistiche da pochi secondi.

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Altro presupposto è che i medici per l’anamnesi, gli infermieri per l’inoculazione, la parte dei report (e dei numeri, che tanto hanno opposto Lombardia e Roma) sia perfettamente performante. Mission per un uomo che sappia parlare con i medici, con le strutture ospedaliere e che gestisca le operazioni, in predicato di iniziare davvero nel giro di 60 giorni. Ma qui c’è il primo inghippo politico: davvero Bertolaso potrà mollare tutto per andare a fare la campagna a Roma, se si dovesse votare a maggio? Dunque, o si vota a settembre-ottobre, cosa sulla quale pure in molti si sentono di scommettere, oppure Bertolaso farà il suo dovere civico sotto la Madonnina senza pensare al Cupolone. Da questo discende un secondo ragionamento sugli assetti politici, anche milanesi. Se Bertolaso non corre per Roma, Forza Italia non ottiene quello che aveva chiesto – in un braccio di ferro strenuo con Fratelli d’Italia – ovvero la possibilità di sfidare Raggi e il centrosinistra nella Capitale.

  

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E dunque potrebbe chiedere la primazia a Milano, e andare a proporre un proprio candidato. Lupi ha negato, solo due settimane fa, di volerlo fare. Ma è cambiata la fase, e un’èra è iniziata: quella dei Draghi e forse dei Lupi. Chissà che in assenza di offerte ministeriali non possa ripensarci, il ragazzo cresciuto a Baggio. Potrebbe forse ripensarci se Beppe Sala invece dovesse ricevere una offerta da Roma, capace di destabilizzare il già ricandidato sindaco e di metterlo di fronte a una scelta difficile: rimanere a Milano o servire la Patria. In quel caso la partita che oggi pare già chiusa tornerebbe contendibile, il Pd si troverebbe una bella gatta da pelare ma anche una ritrovata centralità nel panorama cittadino (oggi completamente occupato dalla figura grande di Sala). Ma torniamo al piano vaccinale di massa. È chiaro che per la Regione è l’ultima battaglia. Una battaglia che vale una intera guerra.

 

   

Dopo i disastri della prima ondata, le polemiche infinite, a volte anche pretestuose ma in certi casi no (e al trentacinquesimo piano di Palazzo Lombardia questo è ben chiaro). Dopo le decine di inchieste (queste sì, assai fragili), sul piano vaccinale il centrodestra si gioca in Lombardia la possibilità di essere forza di governo anche fra due anni. E Moratti, altra questione, di poter essere la candidata presidente della Regione: non si sarà mica pensato che sia arrivata solo per risolvere problemi senza una nuova sfida politica sullo sfondo, vero? Fortiter et generose – come da stemma araldico Arnaboldi – ma con un obiettivo. Il centrosinistra, dal canto suo, per la prima volta vede la Lombardia contendibile. La vede perché sa che il Covid è andato a rompere qualcosa di profondo dentro i lombardi. Il Covid ha mostrato i limiti di una macchina che sembrava perfetta, oliatissima e invincibile, sulla carta. Sul fronte opposto il grande nemico lombardo è stato Conte, e questo sarebbe stato un punto a sfavore per il centrosinistra. Ma Conte ora non c’è più, e se Draghi riserverà al Nord un po’ di attenzione, allora tutta la negatività dei lombardi sarà scaricata sull’avvocato pugliese, e l’elettore sarà ancora più predisposto a una svolta a sinistra. O almeno così si augurano, nella botta caldissima del post Mattarella, i grandi capitani lombardi.

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