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Indirizzi e Memoria

Paola Bulbarelli

Non solo Binario 21. Una mappa di tutti i luoghi e le storie della persecuzione degli ebrei. Un libro

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Circa 90 foto per testimoniare e 115 pagine di ricerca certosina per scoprire quel che è stato. Immagini di luoghi, di persone, della storia terribile passata anche per Milano. Che non tutti conoscono. È I luoghi della memoria ebraica di Milano, di Francesca Costantini (Mimesis Edizioni), primo volume della collana “Topografia della memoria” che grazie alla collaborazione con il Cedec (Centro di documentazione ebraica contemporanea) ha avuto accesso a importanti documenti e testimonianze. C’è la scuola di via Eupili, nata per dare un’istruzione a tutti gli studenti ebrei ai quali le leggi razziali avevano proibito di andare a lezione. Ci sono la Mensa dei bambini di via Guicciardini e la Condotta medica di via Panfilo Castaldi, create per gli ebrei sfollati che arrivavano dalla Germania e dall’Austria. San Vittore, la Sinagoga, il lavoro coatto a Niguarda e alla Scalo Farini, il Cimitero ebraico, le Case minime, via Unione 5. E c’è infine il Binario 21, dove sorge oggi il Memoriale della Shoah. Da lì, sui treni utilizzati per le merci e il bestiame, partirono i convogli diretti ai campi di concentramento e di sterminio: Auschwitz, Bergen-Belsen, Mauthausen, Fossoli.

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Circa 90 foto per testimoniare e 115 pagine di ricerca certosina per scoprire quel che è stato. Immagini di luoghi, di persone, della storia terribile passata anche per Milano. Che non tutti conoscono. È I luoghi della memoria ebraica di Milano, di Francesca Costantini (Mimesis Edizioni), primo volume della collana “Topografia della memoria” che grazie alla collaborazione con il Cedec (Centro di documentazione ebraica contemporanea) ha avuto accesso a importanti documenti e testimonianze. C’è la scuola di via Eupili, nata per dare un’istruzione a tutti gli studenti ebrei ai quali le leggi razziali avevano proibito di andare a lezione. Ci sono la Mensa dei bambini di via Guicciardini e la Condotta medica di via Panfilo Castaldi, create per gli ebrei sfollati che arrivavano dalla Germania e dall’Austria. San Vittore, la Sinagoga, il lavoro coatto a Niguarda e alla Scalo Farini, il Cimitero ebraico, le Case minime, via Unione 5. E c’è infine il Binario 21, dove sorge oggi il Memoriale della Shoah. Da lì, sui treni utilizzati per le merci e il bestiame, partirono i convogli diretti ai campi di concentramento e di sterminio: Auschwitz, Bergen-Belsen, Mauthausen, Fossoli.

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Sono i luoghi della memoria di Milano dimenticati, angoli della città ormai sconosciuti che durante la guerra furono teatro della persecuzione degli ebrei, iniziata nel 1938 con la promulgazione delle leggi razziali e terminata con la deportazione nei lager dalla Stazione Centrale. “Le leggi razziste del 1938, per prima cosa, si abbatterono sulla scuola – racconta Francesca Costantini al Foglio –  un decreto legge chiamato ‘Provvedimento per la difesa della razza nella scuola fascista’ dichiarava che tutti gli studenti, docenti e il personale scolastico ebreo dovevano essere espulsi dalle scuole di ogni ordine e grado. Per far fronte a questa emergenza al numero 6/8 di via Eupili, in zona Sempione, fu istituita la scuola ebraica di Milano. Quando poi nel 1943 si abbatté sugli ebrei italiani la politica nazista di deportazione e sterminio ci fu un’incursione da parte dei nazisti nella scuola. Il professor Eugenio Levi che era vicepreside, nonostante il pericolo, decise di portare a termini gli esami della sezione autunnale. Molti di loro, successivamente, furono deportati: 11 professori e molti studenti che non tornarono”.

 

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La mappa della Milano ebraica sotto le leggi razziali prosegue con la Mensa dei bambini di via Guicciardini, in Città Studi. “Molti profughi ebrei giungevano a Milano per sfuggire alle persecuzioni antisemite nella Germania di Hitler e in Austria. I bambini erano lasciati soli a vagare per la città infreddoliti, affamati mentre le madri erano in cerca di lavori clandestini o alle ambasciate per avere visti per andare in paesi più sicuri. Israel Kalk, un ebreo emigrato dalla Lettonia dopo le persecuzioni nei pogrom, si occupò dei bimbi portandone alcuni a mangiare in latteria; ma dal giorno dopo se ne aggiunsero altri e il gruppo divenne sempre più numeroso. Cantavano inni in hiddish. La mensa entrò in funzione il 15 ottobre del 1939 nei locali di un ristorante chiuso fino al bombardamento dell’agosto 1943 quando venne distrutto. In quelle ampie sale riscaldate i bambini potevano fare i compiti, giocare e fare musica. L’offerta di un industriale milanese permise di fornire oltre al pranzo anche una cena calda”. 

 

La Condotta Medica di via Panfilo Castaldi (zona Centrale) è un altro luogo fondamentale per continuare il racconto. “Qui dobbiamo parlare di Gino Neppi, ferrarese di nascita e milanese d’adozione, dipendente del comune di Milano in qualità di medico dal 1932 al 1938. Fu cacciato da questo incarico in ottemperanza al regio decreto del 17 novembre 1938 che riguardava i provvedimenti di difesa della razza italiana. Neppi, insieme a Marcello Cantoni, un altro giovane medico ebreo, decise di rivolgersi a un ufficiale sanitario dell’ufficio d’igiene del comune che capì la situazione e decise di affidare part time a Neppi la condotta medica di Panfilo Castaldi 27. Questo presidio della Comunità ebraica poteva essere attivo solo al pomeriggio, in modo da non contaminare i non ebrei. Dopo l’8 settembre ’43 fu chiuso perché il pericolo era molto grande, si era scatenata la caccia agli ebrei, le retate avvenivano nell’intera città. Ma Neppi rimase e continuò ad assistere i malati nel suo studio privato in via Boscovich e fu lì, mentre visitava una paziente, che fu arrestato e deportato ad Auschwitz da dove non è mai tornato”.

 

Lo Scalo Farini, di cui si parla oggi per il progetto di recupero, è uno dei luoghi nei quali gli ebrei svolgevano il lavoro coatto. Alcune foto li ritraggono vicino a una carriola, vestiti con giacca e cravatta. “Quell’abbigliamento poco adatto ai mestieri di fatica serviva a rimarcare che quel lavoro, che dovevano svolgere come schiavi, era stato loro imposto da norme profondamente inique”. In questo percorso non poteva mancare il carcere di San Vittore, campo di concentramento di Milano dove furono rinchiusi gli ebrei rastrellati in città e provincia dopo l’8 settembre oltre a quelli fatti lì convergere da altre parti d’Italia. “I nazisti avevano requisito due bracci interi, uno per i prigionieri politici e uno per gli ebrei, dove furono trattati in modo crudele, torturati: ci sono testimonianze spaventose”. All’entrata della sinagoga di via della Guastalla ci sono scritti i nomi degli 800 ebrei deportati tra cui Pio Foà, professore del Berchet denunciato da un collega. “Si pensava al giorno della memoria come fosse ormai un giorno che avesse perso il suo carattere per rimanere solo una celebrazione vuota e retorica, ma con il riaffiorare di derive antisemite e razziste, questo giorno si è caricato di nuova grande importanza”.

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