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Appesi a un Tar. La Lombardia riprova lo scontro di competenze

Ancora una volta Fontana si è mosso in aperto dissenso con il governo. In ballo c’è sempre il mai risolto conflitto sulla Sanità: un rischio politico che la Regione rischia di pagare caro

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Oggi a mezzogiorno (salvo rinvii) il giudice monocratico della sezione III Quater del Tar del Lazio deciderà sul ricorso della Regione Lombardia contro l’ultimo dpcm, che determina la collocazione della Lombardia in zona rossa. “Abbiamo presentato ricorso al Tar contro la decisione del governo e chiesto al ministro Speranza di rivedere i parametri che regolano questa decisione, così impattante sulla vita dei nostri cittadini e delle nostre imprese” aveva chiarito nell’Aula del Pirellone il presidente Fontana, definendo l’assegnazione della zona rossa “fortemente e ingiustamente penalizzante per la nostra Regione”. La scelta dell’amministrazione lombarda, ancora in palese difficoltà nella gestione sanitaria (Letizia Moratti è appena arrivata, ma è partita col brutto scivolone della lettera sui vaccini, inutile sotto ogni profilo) è dunque ancora una volta quella di andare a uno scontro aperto con il governo. In ballo, c’è sempre il mai risolto, da entrambe le parti, conflitto di competenza sulla Sanità. Un rischio politico che la Lombardia rischia di pagare anche questa volta caro. Del resto, secondo i tecnici della Regione, il calcolo dell’Rt, l’algoritmo che tiene conto di 21 parametri per fotografare la velocità del contagio, ha bisogno di tempo e dati certi.

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Oggi a mezzogiorno (salvo rinvii) il giudice monocratico della sezione III Quater del Tar del Lazio deciderà sul ricorso della Regione Lombardia contro l’ultimo dpcm, che determina la collocazione della Lombardia in zona rossa. “Abbiamo presentato ricorso al Tar contro la decisione del governo e chiesto al ministro Speranza di rivedere i parametri che regolano questa decisione, così impattante sulla vita dei nostri cittadini e delle nostre imprese” aveva chiarito nell’Aula del Pirellone il presidente Fontana, definendo l’assegnazione della zona rossa “fortemente e ingiustamente penalizzante per la nostra Regione”. La scelta dell’amministrazione lombarda, ancora in palese difficoltà nella gestione sanitaria (Letizia Moratti è appena arrivata, ma è partita col brutto scivolone della lettera sui vaccini, inutile sotto ogni profilo) è dunque ancora una volta quella di andare a uno scontro aperto con il governo. In ballo, c’è sempre il mai risolto, da entrambe le parti, conflitto di competenza sulla Sanità. Un rischio politico che la Lombardia rischia di pagare anche questa volta caro. Del resto, secondo i tecnici della Regione, il calcolo dell’Rt, l’algoritmo che tiene conto di 21 parametri per fotografare la velocità del contagio, ha bisogno di tempo e dati certi.

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La Conferenza delle Regioni già a fine 2020 aveva chiesto un aggiornamento dei dati, visto che la situazione è in continua mutazione. Occorre la revisione dei criteri da parte dei tecnici ministeriali in quanto ci sono ben altre regioni con rischi superiori a quelli della Lombardia non collocate in zona rossa. Il neo assessore al Welfare Letizia Moratti ha sollecitato il ministro Speranza “a valutare la reale situazione, perché in altre regioni del Paese il rischio di contagiosità è palesemente superiore a quello lombardo. Si tratta di una pericolosa sottovalutazione, come attesta il dato aggiornato dell'incidenza dei positivi al Covid in quest'ultima settimana, che espone la popolazione di quelle regioni a un rischio di propagazione dell’infezione più marcato di quello lombardo”. Ma non c’è solo l’indice di trasmissibilità del virus nel tempo (Rt), c’è anche l’incidenza (i nuovi casi) settimanale ogni centomila abitanti. Nel verbale della Cabina di regia della Lombardia è indicata dal 4 al 10 gennaio un’incidenza di 133,3 casi ogni centomila, inferiore a quella di molte altre regioni incluso il Lazio (178,74), dell’Emilia (284,64), del Friuli (270,77) e del Veneto (365,61), arancioni. Il terzo punto sollevato dai tecnici è il tasso di occupazione delle terapie intensive: il 37,8 per cento dei 1.200 indicati dalla Lombardia poiché attivabili “in tempi brevissimi”. Ma gli ospedali lombardi sono “in grado di arrivare a oltre 1.800 come successo nella prima ondata e previsto nel piano approvato dal ministero: se nell’analisi del rischio si valutasse “la reale capacità del sistema sanitario” questo indicatore scivolerebbe lontano dalla soglia del 40 per cento, al 25,2 per cento. Ora la parola al Tar.

 

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