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Parte la Moda uomo (poca) e Cucinelli ci indica la via del futuro

Fabiana Giacomotti

Al via Pitti Uomo e Milano fashion week, ma la pandemia ha cambiato tutto. E non solo per via delle sfilate virtuali

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“No che non mi candido a presidente di Pitti. Sono impegnato qui, in azienda”, sorride Brunello Cucinelli, epperò toccandosi i capelli sul sommo del capo che, per chi lo conosce, è un gesto interlocutorio altamente simbolico. Di sicuro, le parole di valore politico, il tono ecumenico, gli argomenti che ha usato nell’apertura in diretta mondiale della 99esima edizione di Pitti Uomo dalla sua showroom di Solomeo, centro operativo e luogo dell’immaginario del brand, hanno suscitato qualche interrogativo.

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“No che non mi candido a presidente di Pitti. Sono impegnato qui, in azienda”, sorride Brunello Cucinelli, epperò toccandosi i capelli sul sommo del capo che, per chi lo conosce, è un gesto interlocutorio altamente simbolico. Di sicuro, le parole di valore politico, il tono ecumenico, gli argomenti che ha usato nell’apertura in diretta mondiale della 99esima edizione di Pitti Uomo dalla sua showroom di Solomeo, centro operativo e luogo dell’immaginario del brand, hanno suscitato qualche interrogativo.

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Non a caso, pochi minuti dopo il collegamento in streaming, Cucinelli ha parlato con il presidente di Camera Moda, Carlo Capasa, che – abbiamo verificato con entrambi – desiderava ringraziarlo per aver definito la settimana della moda uomo un fatto nazionale, complessivo, che comprende i tre giorni di Pitti Uomo e i tre, o quanti torneranno ad essere in futuro, delle sfilate di Milano. Il fatto è ampiamente acclarato da anni o, per meglio dire, sempre ribadito da Capasa, che giustamente percepisce la predominanza dell’evento fieristico fiorentino rispetto a quello milanese: in Fortezza da Basso convergono due volte all’anno circa duemila espositori e ventimila addetti. Le sfilate milanesi della moda maschile non superano ormai quota trenta, trentacinque. Ma soprattutto, negli anni Pitti ha saputo raggiungere una rilevanza culturale e di networking che Milano stenta a mantenere. Non a caso, in epoca pre-Covid, da più parti si ventilava la possibile, futura scomparsa delle giornate milanesi a fronte dell’evidenza che buona parte dei buyer stranieri, terminati gli appuntamenti a Firenze, si trasferisse direttamente a Parigi.

 

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La pandemia ha cambiato tutto, favorendo alleanze, patti, network: da domani a lunedì a Milano sfileranno e presenteranno, in gran parte virtualmente, poco più di trenta brand. Dolce & Gabbana ed Etro, che a inizio anno contavano di organizzare un evento in presenza, come Fendi, hanno deciso tutti di soprassedere. Centinaia di migliaia di persone resteranno a guardare moda per giornate intere davanti al pc. Di eventi in presenza si riparlerà fra un paio di mesi, forse.

 

Cucinelli, che in via Montello, alle spalle dell’Arena, possiede una grande showroom dove riceve sontuosamente, ha lasciato intravvedere una gloriosa apertura su Milano. La presidenza di Claudio Marenzi, patron di Herno, terminerà nel 2022. Sembra di capire che le partite aperte siano molte. L’altro argomento sul quale Cucinelli sta giocando una propria partita, ugualmente ma in realtà diversamente dagli altri, sono le strategie di affermazione commerciale. Nei primi sei mesi del 2020, mentre le altre aziende di prima fascia (e anche di seconda) della moda annunciavano chiusure, tagli, ricorso alla cig, lui ribadiva il mantenimento dell’occupazione, il “pagamento del giusto” ai fornitori, il “tampone quotidiano” a tutti.

 

Ieri ha annunciato che il 2020 si è “chiuso bene in considerazione alle premesse di primavera”, con ricavi netti per 544,1 milioni di euro, in calo del 10,5 per cento, quindi in linea con quanto previsto anche per il secondo semestre, che è stato invece di crescita: +7,2 per cento. Considerando che il mercato mondiale perde nei casi migliori, il trenta per cento, in un collegamento con Solomeo tutto per noi del Foglio gli abbiamo chiesto come ci sia riuscito. Ce lo domandavamo da un pezzo. Ha elencato le attività, ma soprattutto la strategia di ascolto che ha dedicato a ogni singolo cliente, e l’ha fatto senza mai accarezzarsi i capelli una sola volta. Netto, sicuro, carico a mille: “Per mesi, mi sono dedicato a un road show digitale, a gruppi di 15, 18 clienti per volta. Con tutti abbiamo parlato di budget, ci siamo scambiati impressioni, ci siamo consigliati. Vendere significa anche condividere la fiducia, la stima e la riconoscenza: non abbiamo avuto alcun annullamento per l’autunno-inverno”. Dice la vulgata modaiola che qualche brand abbia imposto minimi di ordine impossibili pur di non vedere tracollare il fatturato. Cucinelli ribadisce come questo non sia il suo caso: “Noi lavoriamo molto con i multibrand, soprattutto in Europa. Imprenditori che conoscono il cliente, che ordinano pensando già alla persona a cui proporranno quel determinato capo, ai suoi gusti, a come servirlo anche a casa”. La pandemia ha portato in effetti a un grande rilancio della bella boutique di prossimità; mentre i department store e le grandi superfici chiudono (solo due giorni fa Inditex ha annunciato la serrata di oltre cento insegne di Pull&Bear, Bershka e Stradivarius in Cina, parte della sua strategia di riposizionamento sull’e-commerce), chi ha saputo fare del rapporto personale un asset della propria politica commerciale ha perso relativamente poco, anche e soprattutto in provincia.

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“Nei nostri mercati tradizionali, come Europa e nord America, il brand ha registrato un calo dell’1,7 per cento e del 15,3 per cento. In Cina, incluse Hong Kong e Macao, la diminuzione di ricavi è stata dell’1,8 per cento. La peggiore performance, purtroppo, l’ha registrata l’Italia: meno 23,9 per cento. Cucinelli resta positivo e si dice convinto che il grande rilancio post pandemico sarà in realtà il più difficile da governare perché coinvolgerà la persona, la sua psicologia, “la sua voglia di riabbracciare il mondo”, ben prima della sua voglia di comprare, di far entrare aria nuova nel guardaroba. Nel 2021, Cucinelli attende una crescita intorno al 15 per cento. “Stimiamo un incremento dei ricavi normalizzato attorno al 10 per cento”, dice. Fra i bellissimi piumini a maglia inglese della collezione uomo per il prossimo inverno (yes, il nylon è in calo) sono spuntate delle maglie con la scritta “build your journey”. Nessuno lo sa meglio di lui.

 

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