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GranMilano

Lombardia, il cambio alla Sanità necessario e l’emergenza che resterà emergenza

Daniele Bonecchi

Nella regione duramente colpita dal virus il prossimo assessore alla Sanità (Letizia Moratti?) dovrà affrontare più di un problema, ma non avrà la bacchetta magica. Intanto Matteo Salvini lascia nelle mani di Forza Italia la patata bollente

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Puntuale come la Befana, e comunque vadano i ripensamenti e gli aggiustamenti dell’ultimo minuto, il momento del rimpasto (o auto commissariamento) per la Sanità lombarda è arrivato. Il nome di Letizia Moratti al posto di Giulio Gallera al Welfare è fatto, e dovrebbe essere quello. Poi intorno c’è tutto il resto, e attorno al nome dell’ex ministro ed ex sindaco di Milano c’è anche il dibattito e l’attenzione degli osservatori di politica lombarda per capire se la mossa sia il ruggito del vecchio leone, Silvio Berlusconi, o una mossa con cui Matteo Salvini lascia nelle mani di Forza Italia la patata bollente, la Sanità. Mani ufficiose, ovviamente. Letizia Moratti non è di Forza Italia, ed è sempre stata una figura a sé stante nel centrodestra berlusconiano

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Puntuale come la Befana, e comunque vadano i ripensamenti e gli aggiustamenti dell’ultimo minuto, il momento del rimpasto (o auto commissariamento) per la Sanità lombarda è arrivato. Il nome di Letizia Moratti al posto di Giulio Gallera al Welfare è fatto, e dovrebbe essere quello. Poi intorno c’è tutto il resto, e attorno al nome dell’ex ministro ed ex sindaco di Milano c’è anche il dibattito e l’attenzione degli osservatori di politica lombarda per capire se la mossa sia il ruggito del vecchio leone, Silvio Berlusconi, o una mossa con cui Matteo Salvini lascia nelle mani di Forza Italia la patata bollente, la Sanità. Mani ufficiose, ovviamente. Letizia Moratti non è di Forza Italia, ed è sempre stata una figura a sé stante nel centrodestra berlusconiano

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Il Covid-19 in Lombardia ha colpito e sta colpendo più che altrove, ma la gestione disastrosa dell’amministrazione di centrodestra – e non del solo Gallera – è stata fin dall’inizio un disastro. Dalla medicina di base ai tamponi, dai pronto soccorso al vaccino anti influenzale, o infine anche la partenza rallentata del vaccino anti Covid. Tralasciando le gaffe. Immaginare che una manager e politica di polso come Letizia Moratti possa arrivare con la bacchetta magica, è però fuori luogo. Anche perché il problema del momento è il vaccino, e le carte (comprese quelle delle siringhe, su cui si rimanda alle polemiche in cronaca) le dà il commissario Domenico Arcuri. E non va tutto bene. Arcuri si è affrettato a spiegare al Corriere Della Sera che “a febbraio partiremo con le persone che hanno più di 80 anni… e infine il resto della popolazione, serviranno milioni di dosi e, quando ci saranno, sarà avviata la campagna di massa, che speriamo di concludere in autunno”. Una vaga speranza, appunto. Sono tanti i lati oscuri di questa campagna vaccinale, osservata dalla Regione che fu di eccellenza sanitaria. Il compito di Moratti, se sarà lei, non è per nulla semplice. Perché ovviamente non tutto dipende da Palazzo Lombardia. Ma ora serve un piano vero e una massiccia dose di vaccino.

 

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In tutto questo, se l’Unione europea cercava il riscatto dopo Brexit, i primi risultati sono poco incoraggianti. Perché da metà gennaio arriveranno a Londra 2 milioni di dosi a settimana del vaccino AstraZeneca (quello, facile da usare e poco costoso) e il governo britannico ne ha già ordinato 100 milioni di dosi. Mentre Ema, l’agenzia europea del farmaco, sta allungando i tempi per valutarne la documentazione. Letizia Moratti, manager di lunghissimo corso, ci metterà impegno e competenza ma il sentiero è stretto. Giacomo Lucchini, che fino ad oggi ha curato il piano vaccinale della Regione, ma domani chissà, è pragmatico: “Pensiamo di arrivare a coprire i 140mila operatori sanitari tra gennaio e febbraio e da marzo iniziare con le altre persone”. Sono stati individuati 65 hub a livello regionale – spiega – per dare attuazione a questa fase del piano. servono per lo stoccaggio del vaccino e la sua gestione.”Sono i primi punti per le somministrazioni, con una capacità di oltre 10 mila vaccinazioni al giorno. A questi si aggiungono altre strutture accreditate, per quasi 2000 somministrazioni al giorno, e le oltre 700 Rsa, che per la maggior parte somministrano con proprio personale, portando a quasi 20 mila i picchi di somministrazioni nella fase 1”. Negli hub arrivano settimanalmente le dosi assegnate dalla struttura commissariale sulla base della produzione disponibile di Pfizer, per circa 80 mila dosi a settimana. Questo permette di rispettare, secondo Lucchini, “l’obiettivo di completare la fase 1 entro la fine di febbraio”. Poi però, nebbia fitta. Perché i tempi saranno dettati dalla “disponibilità dei vaccini e dalle loro caratteristiche. Su questo si sta lavorando in collaborazione con la struttura commissariale, in attesa della comunicazione circa i vaccini effettivamente disponibili”. Per farla diventare una campagna di massa mancano i vaccini dunque. E il personale? “In questa prima fase è quello messo a disposizione dalle regioni, ed è adeguato al numero di somministrazioni da effettuare per le tempistiche stabilite. Per le successive fasi del piano ne è prevista l’integrazione con quello della ‘call’ commissariale, dei farmacisti, dei medici competenti e della sanità militare”, conclude Lucchini.

 

Intanto i medici di famiglia, che hanno pagato un tributo pesante alla pandemia, lamentano uno scollamento con le regioni. Danilo Mazzacane, segretario della Cisl Medici Lombardia, invita tutti a non abbassare la guardia: “Dopo la faticosa messa in moto della campagna vaccinale anti Covid, chiediamo con forza che regione Lombardia e governo mettano in campo interventi straordinari e organizzativi per accelerare la somministrazione dei vaccini ai cittadini lombardi secondo le priorità già previste”. Spiega: “Il personale sanitario, sociale e ausiliario delle strutture socio-sanitarie (soprattutto nelle Rsa e nei centri diurni) non ha avuto in questi giorni a disposizione adeguate dosi di vaccino rispetto al fabbisogno. Non possiamo che esprimere sconcerto e preoccupazione per le prospettive future della campagna vaccinale, tenendo presente che occorrerà comprendere tra le priorità anche il personale scolastico, i medici liberi professionisti, le fasce di popolazione fragile e anziana, senza dimenticare badanti e caregiver che li seguono e curano”. “Purtroppo, questa amministrazione regionale – continua – si è resa responsabile di ripetuti ritardi e intoppi nella catena della prevenzione e della cura, facendo dimenticare quell’eccellenza che fino a oggi aveva contraddistinto la sanità regionale”. 

 

Sul fronte delle strutture private è partita la campagna di tutela del personale. Al Gruppo San Donato ha coinvolto sia il Policlinico San Donato, che l'ospedale San Raffaele, dove sono stati vaccinati gran parte degli operatori. Al San Raffaele, tra i primi a ricevere la vaccinazione il professor Enrico Gherlone, rettore dell’Università Vita-Salute SanRaffaele, insieme a diversi medici e infermieri in prima linea nella lotta al Covid-19. La vaccinazione è su base volontaria, nei giorni scorsi è stato mandato un questionario interno per conoscere l’adesione del personale che ha raggiunto il 93 per cento. Secondo la Fondazione Einaudi i vaccini dovrebbero essere “gratis per tutti, ma chi vuole deve poter accedere anche a pagamento. I canali di distribuzione siano pubblici e privati”. Una proposta che ha suscitato “molti apprezzamenti e tante critiche, anche molto aggressive” commenta il presidente della Fondazione, l’avvocato Giuseppe Benedetto, spiegando le motivazioni di tale proposta e difendendone la bontà. “Secondo noi, sui vaccini il problema non è solo l'approvvigionamento, ma anche la distribuzione e la somministrazione. Suggeriamo, visto il numero elevatissimo di dosi che in questo momento sono già nei frigo delle Asl, di coinvolgere il circuito della sanità privata, a cominciare dalle farmacie, dai laboratori di analisi, dove andiamo ogni giorno. Non escludiamo, da qui a breve, la possibilità di acquistarli” per il singolo cittadino. Per la Fondazione, sarebbe “eticamente giusto”. Chi paga e si vaccina, “fa diminuire la velocità di contagio. Un bene, quindi, per la collettività”. Il virologo Roberto Burioni ha risposto: “Non mi unisco a questa iniziativa, sono un medico e vivo nell’utopia che tutti abbiano eguale diritto alle cure e ai vaccini”. Ora i tempi sono stretti per tutti.

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