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GranMilano

La lotta kafkiana per il vaccino antinfluenzale. Spiegata dal vivo

Roberto Perrone

"No, non l’avrebbero vaccinata neanche a Lodi. Lei è domiciliato a Milano e deve stare a Milano". Ma qui mi hanno detto che non c'è posto. Quando ti dicono "oh" stai per entrare nel Processo di Kafka

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Questa è la storia del vaccino antinfluenzale che ho pagato 65 euro, perché, caro governatore Fontana, della Regione Lombardia ho provato a fidarmi e sono finito in un gorgo kafkiano. Mi inietto il vaccino da più di dieci anni. Come dico sempre, cercando di alleggerire la mia situazione con la spiritosaggine, ho tre patologie: una indipendente dalla mia volontà e due dipendenti dalla mia assenza di volontà. Per cui la mia dottoressa, ai tempi, mi disse che, avanzando l’età, avrei dovuto mettere a posto le due patologie su cui si può intervenire (ci sto ancora lavorando) e comunque il vaccino era una protezione in più. Ligio, ogni anno, da allora, ho provveduto. Qualche volta alla Asl che adesso si chiama Ats, qualche volta acquistandolo in farmacia, l’ultimo all’Ambulatorio dell’Associazione lombarda dei giornalisti.

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Questa è la storia del vaccino antinfluenzale che ho pagato 65 euro, perché, caro governatore Fontana, della Regione Lombardia ho provato a fidarmi e sono finito in un gorgo kafkiano. Mi inietto il vaccino da più di dieci anni. Come dico sempre, cercando di alleggerire la mia situazione con la spiritosaggine, ho tre patologie: una indipendente dalla mia volontà e due dipendenti dalla mia assenza di volontà. Per cui la mia dottoressa, ai tempi, mi disse che, avanzando l’età, avrei dovuto mettere a posto le due patologie su cui si può intervenire (ci sto ancora lavorando) e comunque il vaccino era una protezione in più. Ligio, ogni anno, da allora, ho provveduto. Qualche volta alla Asl che adesso si chiama Ats, qualche volta acquistandolo in farmacia, l’ultimo all’Ambulatorio dell’Associazione lombarda dei giornalisti.

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Sapevo che quest’anno non sarebbe stato così facile ottenerlo, che ci sarebbe stata la ressa. Per cui ho cominciato a prendere informazioni già a fine settembre, ma sul sito dell’Ats non c’era ancora nulla. Ho un contatto nella struttura e questa persona mi ha spiegato che avrebbero cominciato a novembre. Vero. Di lì a poco anche sul sito dell’Ats è comparso l’avviso: dal 3 novembre si poteva prenotare. Un passo indietro: già a metà ottobre, ho ricevuto due mail dai due più importanti gruppi ospedalieri della Lombardia, il San Donato, che possiede, tra gli altri, l’ospedale San Raffaele, e l’Istituto Auxologico. Di entrambi sono un buon cliente (chi è causa del suo mal, pianga se stesso). Mi avvertivano che da loro il vaccino era già pronto. Costo: San Donato 65 euro, Auxologico 50.

 

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Ci rifletto e, fiducioso, decido di affidarmi alla Regione. Il 3 novembre mattina chiamo. Mi risponde una voce maschile. Gli spiego che sono oltre i sessanta e che appartengo a più di una categoria a rischio. “Mi dispiace, ma a Milano non c’è più posto. Fuori Milano”. Fuori Milano dove? Mi fa l’elenco, c’è anche San Donato e da casa mia, sto nella zona sudest della città, sono neanche dieci minuti. Bene: a San Donato, il 24 novembre. A meno di una settimana dall’evento, venerdì scorso, mi rendo conto che non ho una conferma scritta, un messaggio, una mail, nulla. Allora chiamo. Mi risponde una gentile signorina. Scusi, volevo controllare, per sicurezza. Lei controlla. “Oh”. Quando ti dicono “oh” stai per entrare nel “Processo” di Kafka. “Risultano due prenotazioni a suo nome, strano, una la cancelliamo”. Va bene. “Ops”. Quando ti dicono “ops” stai certo che non ne uscirai illeso.

 

“Si sono cancellate tutte e due. Resti in linea verifico con i sistemisti”. Resto in linea. “Scusi per l’attesa, ma c’è un problema, non riusciamo più a entrare nella struttura. Senta, le prendo un altro appuntamento per sicurezza. Stesso giorno, a Lodi”. A Lodi? “Sì, lo so, ma è perché così, se il problema non si risolve, almeno lei ha una prenotazione. Ci stiamo dietro. Domani la chiamiamo”. Sì, aspetta e spera. Già mi rassegno alla trasferta lodigiana. L’indomani mattina, invece, suona il telefono. “Regione Lombardia”. Indosso il cilicio del penitente. Ho pensato male e ho peccato. La gentile signorina (un’altra) mi comunica: “La chiamo per il suo appuntamento”. Bene, esulto, garrulo, adesso torno a San Donato. “Guardi, a Lodi non ci può andare”. Come?. “Eh sì, lei non può uscire dalla Ats di competenza, queste sono le disposizioni. Quindi Lodi, nicht”.

 

Ma ieri non c’erano, le disposizioni? Mi avete mandato pure un messaggio. E poi io avevo San Donato, magari se non chiamavo per controllare, andavo e mi vaccinavano. La signorina è sempre gentile ma dura, devono avere una sezione apposita per il lavoro sporco. “No, non l’avrebbero vaccinata neanche lì. Lei è domiciliato a Milano e deve stare a Milano”. Ma a Milano mi hanno detto che non c’è posto. “Infatti è vero, non c’è posto”. E quindi? “E quindi ci richiami la prossima settimana. Buongiorno”. Vabbè. Recupero la mail dell’Auxologico (quello da 50). Trovo il numero e chiamo. “Mi dispiace ma credo che non si sia più possibilità, faccio un tentativo, attenda”. Attendo. “Guardi, purtroppo le confermo che il vaccino è esaurito, provi a richiamare la prossima settimana”.

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Guardo sul sito del Gruppo San Donato (quello da 65). C’è una gran disponibilità, in più di un posto. Mi dico: aspetto lunedì e vediamo cosa dicono prima Regione e Auxologico. Sabato mattina, colto da non so quale intuizione, torno sul sito del gruppo San Donato. Metà delle disponibilità della sera prima non ci già sono più. Sparite. A quel punto metto mano alla carta di credito e prenoto al San Raffaele. Per fortuna ho 65 euro da spendere. Pago e stampo la ricevuta. Mi chiedo quale sia la morale di tutto questo, ma non trovo risposte. L’unica certezza è questa: se mi rivolgevo al privato a metà ottobre, risparmiavo 15 euro.

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