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GranMilano

Chi cade dal Pirellone

Fabio Massa

Il rimpasto in Regione lievita, un braccio di ferro tra la Lega e FI che si gioca il futuro. Ma il Cav. c’è e dà le carte

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Il rimpasto è un impastamento postumo e secondo, una lavorazione doppia della stessa pasta. Forse sarà per questo che nel lessico politico mantiene il senso del lievitare, a volte rapido, a volte lento, ma sicuramente fino ad arrivare a maturazione completa. Così, in Regione Lombardia sta montando, cresce nel buio delle segrete stanze, in una tensione di equilibri politici e giochi strategici. Dietro e attorno alla quale, ovviamente, c’è una partita tutta nazionale, che nel Pirellone però si specchia. La partita è quella di un rientro sulla scena, se in ruolo centrale si vedrà, di Silvio Berlusconi (vedi alla voce larghe intese). La sola ipotesi ha messo in fibrillazione Matteo Salvini, in crisi di strategia e per la prima volta alle prese con un Cavaliere non remissivo (vedi alla voce “la roba”).

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Il rimpasto è un impastamento postumo e secondo, una lavorazione doppia della stessa pasta. Forse sarà per questo che nel lessico politico mantiene il senso del lievitare, a volte rapido, a volte lento, ma sicuramente fino ad arrivare a maturazione completa. Così, in Regione Lombardia sta montando, cresce nel buio delle segrete stanze, in una tensione di equilibri politici e giochi strategici. Dietro e attorno alla quale, ovviamente, c’è una partita tutta nazionale, che nel Pirellone però si specchia. La partita è quella di un rientro sulla scena, se in ruolo centrale si vedrà, di Silvio Berlusconi (vedi alla voce larghe intese). La sola ipotesi ha messo in fibrillazione Matteo Salvini, in crisi di strategia e per la prima volta alle prese con un Cavaliere non remissivo (vedi alla voce “la roba”).

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Nel frattempo, le contromosse del Capitano sono legate alla campagna acquisti (vedi alla voce Ravetto e altri) che evidenzia una intrinseca debolezza di Forza Italia. Ma è in Lombardia, come già raccontato dal Foglio, che lo smottamento di FI è maggiore, e dunque il tema del rimpasto più decisivo. Dove finisce Melania Rizzoli, assessore al Lavoro? Sarà difesa da Forza Italia? E quanto? Chi si schiererà a favore di Alessandro Mattinzoli, assessore allo Sviluppo economico sempre azzurro? Mattinzoli è sostenuto da sempre da Mariastella Gelmini, che l’ha voluto fortemente. E se tornasse in Consiglio porterebbe via il posto a Gabriele Barucco, che invece è molto caro al coordinatore regionale Massimiliano Salini.

 

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Così, c’è già chi mette in giro la perfida voce che forse il meglio è portare Barucco in giunta. Così invece di avere due pezzi da novanta a difendere Mattinzoli, ce ne sarebbe uno solo, e in Forza Italia sarebbe il definitivo Vietnam. Si noti che di Gallera Giulio, per adesso con un track record immacolato di sconfitte nei tentativi di buttarlo giù dall’assessorato al Welfare, è data per certa la dipartita dalla giunta. Ma va prevista una compensazione: per lui, e soprattutto per Forza Italia. Va individuato un percorso, come si dice in gergo. E così, sotto attacco Rizzoli, Gallera, Mattinzoli. Tre assessori di Forza Italia. Con la Lega che ha aperto le porte a coloro che han perso le speranze nel partito del Cavaliere, che sono sindaci, e consiglieri, e assessori in giro per la provincia di Milano e non solo.

 

Che fine farà Forza Italia è questione complessa, visto che il Cavaliere in una delle innumerevoli sue reincarnazioni (solo l’ultima, in ordine di tempo) è riuscito a tornare centrale. Quel che è semplice è capire che nel rimpasto dal tempo di lievitazione lungo ma non troppo, perché deve venir pronto prima di Natale (niente veleni sotto cenone), ha un ruolo non da poco il numero di consiglieri regionali oggi al Pirellone: 12 per gli azzurri, tra cui si stimano quattro possibili transfughi. Ma gli altri otto potrebbero dare battaglia soprattutto perché in Consiglio approda la legge 23, e ogni occasione potrebbe essere buona per scatenare una scaramuccia, come i vietcong, se il rimpasto non sarà digeribile.

 

Certo, questo è solo sugli azzurri, perché poi ci sono i travagli interni al Carroccio: le donne da sostituire, le chiamate da Roma a Milano, l’arrivo dell’ex ministra, il ritorno dell’ex assessora. Sono questioni aperte, ma risolvibili in un partito a trazione staliniana, leaderistica, come la Lega prima di Bossi e ora di Salvini. Rimane sullo sfondo la vera questione per i moderati. Forza Italia vive sulle spalle degli esponenti che sono sopravvissuti. Silvio, prima di tutti. Ma anche gli assessori, e i consiglieri che hanno scelto per adesso di rimanere. Gli elettori, quelli si conteranno fra tre anni per la Regione e l’anno prossimo per Milano. Eppure, prima di allora, sarà da scegliere il candidato. C’è da scommettere che se Berlusconi vorrà spostare la notte un po’ più in là dovrà per forza cavare il coniglio dal cilindro, come già fece con Stefano Parisi, arrivato a una incollatura da Sala.

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Perché questo ormai è l’unico perimetro operativo che è rimasto, sotto la Madonnina e in Regione: la tattica, sublime e furbissima, di trovare l’uomo giusto al momento giusto per il posto più giusto possibile. Anche perché, in questo momento, il mazzo per dare le carte con l’identikit del candidato ce l’ha lui. Se questo basterà per difendere le posizioni in Regione, e magari per impensierire Beppe Sala che intanto ha parzialmente incrinato il patto di non belligeranza con la Regione per avanzare proposte politiche sulla Sanità lombarda, lo scopriremo prima delle feste di Natale che ci hanno raccomandato essere parche, parsimoniose e soprattutto senza assembramenti casalinghi.

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