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GranMilano

Dal “modello Milano” al modello ricostruzione

Daniele Bonecchi

Una città da rifare, impoverita e bisognosa di investimenti nuovi. Gli osservatori di Ghisleri e Fondazione Cariplo. Appunti e idee

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Chiuso in curia in quarantena, l’arcivescovo Mario Delpini ha mandato ai milanesi un messaggio di speranza e sorriso, che però, in sintesi, potrebbe essere anche preso come la base di un programma elettorale, chiunque sarà il prossimo sindaco: “Non serve la mappa del disastro ma quella della ricostruzione. Capiamo come fare per risollevare tutti”. Parole che fanno pensare al grande sindaco Antonio Greppi, ma quantomai attuali: Milano era il “modello Milano” che correva, anche se bisognoso di qualche importante manutenzione. Ora invece a Milano serve un “modello ricostruzione”. Da qui deve partire ogni agenda, al di là degli schieramenti.

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Chiuso in curia in quarantena, l’arcivescovo Mario Delpini ha mandato ai milanesi un messaggio di speranza e sorriso, che però, in sintesi, potrebbe essere anche preso come la base di un programma elettorale, chiunque sarà il prossimo sindaco: “Non serve la mappa del disastro ma quella della ricostruzione. Capiamo come fare per risollevare tutti”. Parole che fanno pensare al grande sindaco Antonio Greppi, ma quantomai attuali: Milano era il “modello Milano” che correva, anche se bisognoso di qualche importante manutenzione. Ora invece a Milano serve un “modello ricostruzione”. Da qui deve partire ogni agenda, al di là degli schieramenti.

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Beppe Sala è un incorreggibile ottimista e, anche se non ha sciolto le riserve, ha lanciato l’offensiva sulla Milano che verrà e – mobilitata una folta pattuglia di esperti – ha individuato sette obiettivi “per disegnare il suo nuovo futuro”. Eccoli: “La metropoli dei quartieri; in transizione ambientale; una città in salute; smart & working; il bisogno di Milano; nascere, crescere e vivere a Milano; una città che crea, sa e forma”. Forse un po’ troppa enfasi per una città che sta saturando i reparti di rianimazione. Perché la campagna elettorale vera e propria, in vista del voto amministrativo di primavera, troverà una città stremata e soprattutto costretta a rinunciare al proprio modello, quello nato con Expo, cresciuto a dismisura ma ora assai impraticabile.

 

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La città con la quale avranno a che fare i candidati sindaco porterà le cicatrici del Covid ancora a lungo, “avremo più paura perché prima il contagio era lontano, a Bergamo, ad Alzano, a Codogno e a Milano sembravamo intoccabili – spiega Alessandra Ghisleri, direttrice di Euromedia Research – ma ora si è ammalato il vicino di casa, l’amico, il parente. Questo spaventa moltissimo e rende le persone deboli. Tutto questo avrà sicuramente un’influenza sul voto. E condizionerà la scelta del candidato, perché si guarda sempre più ai riferimenti istituzionali più vicini, compreso il sindaco. Ora la politica è fatta dalle persone.

 

Sala è stato bravo, si è sempre dimostrato l’uomo delle grandi occasioni e anche in questo momento è necessario dare le risposte giuste. Chi arriva dopo deve dimostrare di avere i numeri, lui l’ha già dimostrato ma Sala, anche in questo caso, può dimostrare di essere molto capace”. E ce ne sarà bisogno perché le previsioni per il 2021 sono a tinte fosche. Se sono quasi 9 mila gli impoveriti da Covid che si sono rivolti ai centri di ascolto della Caritas Ambrosiana nei tre mesi del lockdown, si può pensare che all’inizio del prossimo anno – a ridosso del voto amministrativo – raggiungeranno una cifra drammatica.

 

Si tratta per lo più di donne, immigrati, hanno un’età compresa tra i 35 e i 54 anni e una bassa scolarità. Conferma Monica Villa, vice direttore area Servizi alla persona della Fondazione Cariplo, che coordina i programmi rivolti alle fasce più povere della popolazione milanese: “Le situazioni di povertà che abbiamo visto col primo lockdown sono state molto forti. Tutte quelle famiglie, che sono sotto soglia di sopravvivenza, perché hanno un lavoro in nero o a termine, hanno subìto una contrazione immediata del reddito. Bisognerà poi valutare quanto la crisi sanitaria peserà sui livelli occupazionali.

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Il rischio è che lo scenario della povertà peggiori per tutte le famiglie che vivono a livello di sussistenza ma anche per quelle che hanno un reddito solo, anche perché fino ad oggi ha contato molto il blocco dei licenziamenti”, spiega. Poi ci sono le altre cifre con le quali i candidati a Palazzo Marino dovranno misurarsi, quelle dell’economia reale (secondo Svimez la pandemia costa all’Italia 47 miliardi al mese). Milano è la locomotiva e chi la guida ha delle belle responsabilità. Sarà una città in cui il pubblico dovrà spendere molto: infrastrutture, trasporti, rete di sostegno territoriale a tutto ciò che non rientra strettamente nella Sanità, sostegno alle imprese e al commercio. Soprattutto, serve recuperare attrattività e investimenti.

 

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L’immobiliare sembra tenere (è di ieri l’aggiudicazione a Coima Sgr, Covivio e Prada Holding dello scalo di Porta Romana) ma non può bastare. La finanza ha buone prospettive, ma sull’economia reale occorreranno strategie. Per dire: le famose week e le bellurie da “riapriamo i Navigli” questa volta non interesseranno ai milanesi. Ma anche il tema della paura immigratoria andrà rivalutato: non è più l’unico assillo delle periferie. Anche perché gli umori del corpo elettorale saranno condizionati da un anno difficile, in particolare “gli anziani, che hanno subito una forte turbolenza – spiega ancora Ghisleri – perché i più fortunati hanno dovuto rinunciare a lungo a una città ricca di cultura e di opportunità, bloccati in un giro ristretto di frequentazioni; e i meno fortunati, quelli delle Rsa, sono stati decimati.

 

Nel mezzo gli adulti, “che hanno tentato di difendere giovani e anziani, col lavoro, e hanno tenuto duro. Hanno difeso la famiglia anche a discapito dell’economia e della salute. Ma è entrato nella testa di tutti che siamo arrivati impreparati alla seconda ondata, cosa ancora più grave senza una pianificazione. Un esempio per tutti: una città da due milioni di persone è collassata sui trasporti. Quando tutto è ripartito la gente ha dato fiducia alle istituzioni, col risultato che sappiamo. Il voto diventa sempre più fragile, ancorato alle emozioni”, conclude Ghisleri. In una città aggredita dalla pandemia la scialuppa di salvataggio della Fondazione Cariplo è tra le poche a garantire una navigazione sicura.

 

I progetti partiti in questi anni “per ricomporre le capacità d’intervento della città e per far dialogare pubblico e privato sociale” sono stati riconvertiti con una forte iniezione di risorse, racconta Monica Villa. “Obiettivo raccogliere 25 milioni, 21,5 dei quali già incassati. Abbiamo lavorato per contrastare la povertà attivando misure di prossimità nei 25 quartieri della città in cui la povertà era più significativa. Abbiamo attivato 23 reti per analizzare gli interventi da attuare, per potenziare la risposta e affiancare le famiglie da aiutare. Oggi le 23 reti collaborano con 550 realtà sul territorio, per contrastare la povertà. In collaborazione con gli assistenti sociali del comune. Il programma sta contrastando il bisogno alimentare tramite i social market popolari, poi hub a filiera corta grazie ad Assolombarda, Polimi, Banco Alimentare e Gdo”.

 

“L’altro progetto al quale ci stiamo dedicando è il contrasto al digital divide, per i minori poveri che non hanno un computer in casa, e per consentire loro le lezioni a distanza ma anche per andare anche oltre. Stiamo costruendo una filiera di aziende che permetta di recuperare portatili sostituiti perché inadatti ma utilizzabili dai minori”, conclude la dirigente di Fondazione Cariplo. Né i sondaggisti né le fondazioni sociali partecipano alle elezioni. Ma la visione che viene dai loro osservatori è nitida: la situazione nuova costringerà i concorrenti a usare parole convincenti. Zero retorica e piani di ricostruzione.

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