PUBBLICITÁ

I primi 25 anni del Foglio. Conservatore & liberal

Giuliano Ferrara

Un reperto d’archivio su quando 20 anni fa il nostro Fogliuzzo fu dalla parte dei papaboys e del gay pride

PUBBLICITÁ

Vent’anni fa, quando il Fogliuzzo era ancora un bambino berlusconiano pop di cinque anni, a Roma si tenne un grande Anno giubilare convocato da san Giovanni Paolo. E sfilò a giugno anche un gay pride, un corteo per l’orgoglio omosessuale che a luglio il Papa condannò come uno sfregio, sia pure con parole misurate, non apocalittiche, in un certo senso laiche, e che aveva fatto infuriare polemiche con la decisione del sindaco Rutelli di togliere il patrocinio alla manifestazione, diciamo così, per lesa santità dell’Urbe. Il Fogliuzzo era giovanpaolino, adorava le frotte di papaboys sciamanti nella Città eterna, pubblicava testi papali significativi anche in latino, giocava come sempre con le idee più estreme radicali e scorrette, e il cristianesimo attivo e politico del conservatore Wojtyla era della partita, così ci immergemmo in quella strana estate di spiritualità collettiva, di devozione nello spazio pubblico, connotata da fede senza particolare ostentazione, fede con buon gusto civile. 

ABBONATI PER CONTINUARE A LEGGERE
Se hai già un abbonamento:

Altrimenti


Vent’anni fa, quando il Fogliuzzo era ancora un bambino berlusconiano pop di cinque anni, a Roma si tenne un grande Anno giubilare convocato da san Giovanni Paolo. E sfilò a giugno anche un gay pride, un corteo per l’orgoglio omosessuale che a luglio il Papa condannò come uno sfregio, sia pure con parole misurate, non apocalittiche, in un certo senso laiche, e che aveva fatto infuriare polemiche con la decisione del sindaco Rutelli di togliere il patrocinio alla manifestazione, diciamo così, per lesa santità dell’Urbe. Il Fogliuzzo era giovanpaolino, adorava le frotte di papaboys sciamanti nella Città eterna, pubblicava testi papali significativi anche in latino, giocava come sempre con le idee più estreme radicali e scorrette, e il cristianesimo attivo e politico del conservatore Wojtyla era della partita, così ci immergemmo in quella strana estate di spiritualità collettiva, di devozione nello spazio pubblico, connotata da fede senza particolare ostentazione, fede con buon gusto civile. 

PUBBLICITÁ

 

Ma al gay pride, noi che eravamo tra le avanguardie di quello che poi sarà il combattimento culturale sui princìpi non negoziabili, per una nozione non relativista della ragione, e che trovavamo proprio bizzarra la pretesa di dissacrare e corrodere il matrimonio tradizionale, l’unico possibile, con la boda gay alla Zapatero, fiori d’arancio e tutto, praticamente un “oggi froci”, partecipammo sine ira ac studio, in modo garbato e comprensivo, con una punta di originalità. Un supplemento di molte pagine indimenticabili sulla questione omosessuale recò tra le altre cose un’intervista di Mattia Feltri al nostro amico, interlocutore e collaboratore don Gianni Baget Bozzo, il prete che era stato di sinistra e di destra, anticonciliare ma eterodosso, svelto, geniale, mondano e tutto politico, morto nel 2009 dopo una vita errabonda e bellissima lungo il secolo. 
       

Il Cretino collettivo, rimbambito dalle chiacchiere e dai pettegolezzi su un giornale teo-con (definizione da prendere con molta ilarità, come parecchie altre), penserà ora che il prete del Foglio, perché tra le altre cose don Gianni, definito da Pannella “cappellano della partitocrazia” fu anche questo, abbia lanciato tuoni e fulmini poco gioviali all’indirizzo dell’orgoglio solidale e sculettante che sfilava a Roma. Se prenderà in mano un aureo libretto a cura di Luigi Accattoli, che raccoglie i testi di Baget Bozzo “per una teologia dell’omosessualità”, tra cui l’intervista appena menzionata, dovrebbe in teoria rendersi conto che il nostro amore scanzonato e rigoroso per i papaboys e le altre posizioni che confliggono con l’ortodossia laicista in generale sono parte di un paradosso che è l’essenza di una cultura libera e di un giornalismo coraggioso e indipendente sempre. Il nostro Papa e il nostro sindaco, perché eravamo estimatori del Rutelli giubilare, ce l’avevano con il pride, ma il nostro prete preferito disse di sé che provava sentimenti casti e omoerotici, e aggiunse che “l’omosessualità può essere un fatto cristiano”. 

PUBBLICITÁ

   

E fu scandalo per i benpensanti di un lato e dell’altro, nessuno capiva come mai si potesse essere conservatori decisamente giovanpaolini, noi del Fogliuzzo, e anche radicali fiancheggiatori di un orgoglio un po’ surreale ma significativo, interessante. Con un “nostro” prete a celebrare questa strana messa laica. 

 

Scrive Accattoli nella sua introduzione al libretto edito da Luni: “Con due interventi sul Foglio quotidiano del giugno 2000, don Gianni cerca di mediare tra gli organizzatori del gay pride romano, programmato a sfida del Grande Giubileo, e Papa Wojtyla che lo deplorerà nell’Angelus del 9 luglio, cioè all’indomani della manifestazione. ‘Credo che l’omosessualità possa essere un fatto cristiano’ afferma nel secondo dei due articoli (l’intervista a Mattia, ndr). Con questo testo Baget Bozzo compie la sua affermazione più avanzata, tra quelle da me rintracciate, portandosi alla massima distanza dalla dottrina cattolica tradizionale, azzardando la formulazione di una prima tesi per quella teologia dell’omosessualità che spesso ha invocato…”.  
       

Dalle carte scovate e riedite da un magnifico vaticanista viene fuori che, su un tema cruciale della modernità, ovvero sesso famiglia procreazione matrimonio, c’era una volta un prete conservatore con posizioni liberal e un giornale radicale e conservatore, conservatore e liberal, che non ha niente da spartire con le ridicole e un po’ sceme caricature di certi suoi detrattori sciuè sciuè. Venticinque anni dopo non è male avere tra le mani questo originale reperto archivistico, fra i tanti, nel nostro bagaglio.

PUBBLICITÁ
Di più su questi argomenti:
PUBBLICITÁ