La libertà passa sempre da come si usa la ragione. È bene che l'uomo se lo ricordi

“Discorso sulla servitù volontaria” di Étienne de La Boétie in edicola con Il Foglio

[Pubblichiamo un commento a presentazione di “Discorso sulla servitù volontaria”, il libro di Étienne de La Boétie dall'8 dicembre in vendita in allegato con il Foglio (4,5 euro più il prezzo del quotidiano). L’introduzione è firmata da Murray N. Rothbard, la curatela è di Nicola Iannello e Carlo Lottieri]

  


  

Perché l’uomo obbedisce all’altro uomo? Che cosa fonda la più terribile delle diseguaglianze? L’uomo si pone questo interrogativo da sempre. E ha dato le risposte più varie. Obbediamo perché chi comanda è Dio, oppure perché da Dio ha ricevuto la sua autorità. Obbediamo perché siamo fisicamente più deboli. Obbediamo perché chi comanda ci è naturalmente superiore. Obbediamo perché chi comanda è un essere straordinario dalle capacità fuori dal comune e sa come e dove guidarci. Obbediamo a quest’uomo perché nostro padre ha obbedito a suo padre, nostro nonno a suo nonno e così a risalire gli avi. Obbediamo perché abbiamo votato, e, anche se non abbiamo dato la nostra preferenza a chi ha vinto le elezioni, gli riconosciamo autorità in quanto espressione della volontà popolare.

  

 

L’uomo ha sempre avvertito il bisogno di giustificare il potere di chi comanda per trovare una spiegazione alla propria obbedienza. Una parte cospicua della riflessione sulla politica si concentra sulla legittimazione del potere. In questa galleria di teorie razionali e orpelli metafisici, Étienne de La Boétie entra come il bambino della favola di Andersen e afferma che il re è nudo: ogni potere è tale perché obbedito; anche quello del despota più odioso si fonda sul riconoscimento dei sudditi. E quindi tale potere cesserebbe nel momento in cui chi vi obbedisce ritirasse il suo riconoscimento. Non vi è autorità che non venga dai sudditi, si potrebbe dire ribaltando san Paolo. La forza fisica da sola non basta mai, il tiranno deve pur avere qualcuno che esegua i suoi ordini, e chi esegue lo fa di sua volontà. Il potere è un fenomeno spirituale, per usare un’espressione che troviamo in Ludwig von Mises. In maniera molto più pragmatica l’aveva messa il Principe di Talleyrand: “Con le baionette si può fare tutto, tranne che sedercisi sopra”. Qualcuno quelle baionette le deve innestare su ordine del despota.

 

A volte le verità in politica sono semplici truismi. Che il potere in fondo abbia sempre bisogno dell’obbedienza almeno di quelli che Gianfranco Miglio chiamava l’aiutantato è una di quelle cose che non hanno bisogno di essere spiegate, proprio come l’amicizia tra La Boétie e Montaigne, che l’autore degli Essais semplicemente poneva come cosa autoevidente (come le verità della Dichiarazione d’Indipendenza americana): “Parce que c’était lui, parce que c’était moi”.

 

Leggere oggi il Discorso sulla servitù volontaria a quasi cinque secoli dalla sua redazione rappresenta un’operazione di igiene morale e politica più che mai necessaria. Ci siamo lasciati alle spalle un secolo tremendo, che ha visto il trionfo del potere politico totalitario. Étienne de La Boétie deve essere il nostro vademecum per non dimenticare mai che siamo tutti esseri umani, nessuno nato col diritto di comandare o col dovere di obbedire, e che la libertà passa, in maniera determinante, anche dall’utilizzo della ragione. Scrive Murray N. Rothbard, citando anche dal testo di de La Boétie, nella sua preziosa introduzione: “La ragione è la nostra guida ai fatti e alle leggi della natura e al cammino proprio dell’umanità, e ognuno di noi ha ‘nell’anima un seme naturale di ragione che, se alimentato da buoni consigli e abitudini, fiorisce in virtù; e invece spesso muore soffocato, non potendo resistere ai vizi che sopravvengono’”.