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l'intervista

"Sulla maternità surrogata un uso simbolico del diritto". Parla la costituzionalista D'Amico

Ermes Antonucci

Per Marilisa D’Amico, professoressa ordinaria di Diritto costituzionale all’università degli studi di Milano, la proposta di rendere la maternità surrogata un "reato universale" è irrealizzabile e anche controproducente

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"Siamo di fronte all’ennesimo caso di utilizzo meramente simbolico del diritto penale, cioè di un intervento legislativo che, lungi dall’assolvere alla funzione di prevenire e reprimere la condotta oggetto di sanzione, si risolve in una mera proclamazione di disvalore nei confronti della pratica oggetto di censura, sprovvista però di reale efficacia sul piano concreto”. Così, intervistata dal Foglio, Marilisa D’Amico, professoressa ordinaria di Diritto costituzionale all’università degli studi di Milano, commenta la proposta di far diventare la maternità surrogata un “reato universale”, punibile anche se commesso all’estero dai cittadini italiani. Mercoledì D’Amico è stata ascoltata in commissione Giustizia alla Camera nell’ambito delle audizioni che si stanno svolgendo proprio in materia di perseguibilità del reato di surrogazione di maternità commesso all’estero. Le proposte di legge sono ora diventate tre: a quella iniziale avanzata da Fratelli d’Italia, si sono aggiunti i testi della Lega e del gruppo Noi Moderati. 

 

“Sul fatto che per lo stato italiano il ricorso alla maternità surrogata sia meritevole di punizione penale non c’è alcun dubbio”, spiega D’Amico. A stabilirlo non è solo la legge n. 40 del 2004, che punisce “la realizzazione, l’organizzazione e la pubblicizzazione della surrogazione di maternità”, ma anche – seppur indirettamente – la Corte costituzionale. “In varie occasioni, la Corte si è espressa affermando che la maternità surrogata costituisce un’offesa intollerabile alla dignità della donna”, dice D’Amico.

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La novità è costituita dal fatto che ora qualcuno vorrebbe rendere questa pratica punibile anche se commessa all’estero. “La giurisprudenza, inclusa quella della Cassazione – spiega la costituzionalista – ha tuttavia più volte stabilito che l’estensione della punibilità di determinati reati commessi all’estero è possibile solo quando c’è la doppia incriminazione, cioè quando quel comportamento è reato anche nel paese in cui viene commesso dal cittadino italiano”. Dunque, “l’ovvia circostanza che le coppie si recano presso stati che ammettono il ricorso alla maternità surrogata rende assai poco probabile l’effettiva perseguibilità penale della condotta”. 

 

Non solo. Oltre a risultare inefficace, la soluzione suggerita potrebbe essere anche del tutto controproducente rispetto alla finalità perseguita dalle proposte: “A fronte del divieto penale, le coppie che abbiano fatto ricorso all’estero alla maternità surrogata si troverebbero di fatto indotte, proprio al fine di aggirare la sanzione penale, a non richiedere più la trascrizione del certificato di nascita del minore nato da maternità surrogata nel registro dello stato civile nazionale con la conseguenza che quest’ultimo si troverebbe sprovvisto di qualsiasi legame giuridico almeno con uno dei componenti della coppia”, afferma D’Amico. 

 

Eppure, sia la Corte costituzionale che la Corte europea dei diritti dell’uomo hanno affermato che la punizione del ricorso alla maternità surrogata non deve incidere in modo pregiudizievole sul superiore interesse del minore. “Nella sentenza n. 33 del 2021, in particolare – ricorda D’Amico – la Corte costituzionale ha sottolineato la doverosità di interventi legislativi che garantiscano la tutela del nato da maternità surrogata, a prescindere dalla illiceità della condotta dei genitori, che non può mai ricadere e riverberarsi negativamente ai danni del minore”. Nessuna delle proposte di legge, però, si preoccupa di questo aspetto. Eppure, conclude D’Amico, “c’è l’urgenza di un intervento da parte del legislatore sulla protezione degli interessi dei minori coinvolti nelle pratiche di maternità surrogata”. 

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