20 giugno 1792: le persone entrano nel castello delle Tuileries durante la Rivoluzione francese. Incisione di Conche Sons (Hulton Archive/Getty) 

Dei diritti e dei doveri. Un dialogo con lo sguardo al presente

Sabino Cassese

Nella Francia del 1795, alla fine del Terrore, la costituzione li declinò insieme. Le opposte opinioni di giacobini e termidoriani, declinate nel mondo di oggi

Fu con il Termidoro che, durante la Rivoluzione francese, i doveri furono uniti ai diritti. Nella Francia del 1795, la costituzione dell’anno terzo segnò la fine del Terrore, che aveva diffuso la paura della democrazia socialista. Venne adottata una costituzione che non declinava i diritti da soli, ma insieme con i doveri. Uscito di scena Robespierre, i termidoriani ebbero la meglio sui giacobini. Sentiamo le loro opposte opinioni.

 
Termidoriano. I diritti non possono esistere senza doveri, e quindi senza responsabilità. Il diritto di manifestare la propria opinione non può esistere senza che lo Stato si astenga dalla censura. Il diritto alla salute e quello all’istruzione non possono esistere senza che venga rispettata l’obbligazione tributaria e che quindi la collettività contribuisca nell’offerta della sanità e dell’istruzione. Il diritto di partecipazione politica non esiste senza l’affermazione di un dovere civico di votare.

 
Giacobino. Questo comporta la sottomissione a una volontà esterna e quindi i doveri confliggono con i diritti come libertà.

 
Termidoriano. Ma i doveri comportano, per lo più, la sottomissione a un obbligo verso la società, verso le comunità più ristrette, piuttosto che verso lo Stato. Basta leggere la costituzione del quinto Fruttidoro, anno terzo, per rendersene conto. Elencava in questo modo i doveri: “Art. 1 - La dichiarazione dei diritti contiene gli obblighi dei legislatori; la conservazione della società richiede che quelli che la compongono conoscano e compiano ugualmente i loro doveri. Art. 2 -  Tutti i doveri dell’uomo e del cittadino derivano da questi due princìpi, dalla natura impressi in tutti i cuori: “Non fate agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi. Fate costantemente agli altri il bene che voi vorreste ricevere”. Art.  -.  

Gli obblighi di ognuno verso la società consistono nel difenderla, nel servirla, nel vivere sottoposti alle leggi, e nel rispettare quelli che ne sono gli organi. Art. 4 -  Nessuno è buon cittadino, se non è buon figliuolo, buon padre, buon fratello, buon amico, buon marito. Art. 5 -  Nessuno è uomo perbene se non è francamente e religiosamente osservatore delle leggi. Art. 6 - Colui che viola apertamente le leggi si dichiara in istato di guerra con la società. Art. 7 - Colui che, senza infrangere apertamente le leggi, le elude con astuzia o destrezza, ferisce gli interessi di tutti: egli si rende indegno della loro benevolenza e della loro stima. Art. 8  - E’ sul mantenimento delle proprietà che riposano la coltivazione delle terre, tutte le produzioni, ogni mezzo di lavoro, e tutto l’ordine sociale. Art. 9  - Ogni cittadino deve i suoi servizi alla patria e al mantenimento della libertà, dell’eguaglianza e della proprietà, tutte le volte che la legge lo chiama a difenderle”. Più tardi, nel 1860, Giuseppe Mazzini, nello scritto su “i doveri dell’uomo”, notava che “lo scopo della vita non è quello di essere più o meno felici, ma di rendere sé stessi e gli altri migliori”. E aggiungeva: “Non basta limitarsi a non operare contro la legge; bisogna operare a seconda della legge. Non basta non nuocere; bisogna giovare ai vostri fratelli”. Dunque, non si possono rivendicare diritti senza rispettare doveri.

 

Ma poi il dovere diventa responsabilità e la responsabilità è un obbligo che grava su un soggetto

   
Giacobino. Ma poi il dovere diventa responsabilità. Infatti, con la responsabilità si fanno gravare obblighi specifici e alla loro violazione si fa derivare una responsabilità. Il dovere diventa responsabilità e la responsabilità è un obbligo che grava su un soggetto.

 
Termidoriano. Responsabilità è una parola polisemica. Per esempio, è adoperata nove volte nella Costituzione italiana, negli articoli 21, 27, 28, 77, 89 e 90, 95, 97, e nella 12ª disposizione transitoria. Ma ha significati diversi. Talora indica un compito, talaltra un centro di imputazione, solo in alcuni casi una responsabilità in senso proprio. La disposizione che stabilisce che il governo è responsabile rispetto al Parlamento usa la responsabilità in senso proprio, nel senso di dover rispondere. Quindi, non tutte le volte che si usa la parola responsabilità si vuole indicare propriamente responsabilità. Inoltre, non sempre il binomio diritto-dovere diventa trinomio diritto-dovere-responsabilità. In questo senso, è più ricca la lingua inglese, che distingue tra “accountability”, “responsibility”, “liability”.

 
Giacobino. Ma la responsabilità ha alla sua base doveri, che sono menzionati otto volte nella Costituzione, nel titolo della prima parte (diritti e doveri), nell’articolo 2, nel secondo comma dell’articolo 4, nell’articolo 30, nell’articolo 48, nell’articolo 52, nell’articolo 54, indirettamente anche nell’articolo 53 (per cui tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche). Quindi, riguardano il dovere di solidarietà, il dovere di svolgere un’attività o una funzione che concorra al progresso della società, il dovere dei genitori di mantenere, istruire, educare i figli, il dovere civico di votare, quello di concorrere alla difesa, quello di essere fedeli alla Repubblica e osservarne la Costituzione, quello di adempiere funzioni pubbliche con disciplina e onore (una analisi generale in “Doveri costituzionali”, a cura di A. Morelli, in “Diritto costituzionale”, 2019, agosto, n. 2, p. 5 ss). Questi doveri si esplicano in modo diverso e sono declinati in modo diverso, perché sono indirizzati verso entità diverse: la Repubblica, la società, lo Stato, la famiglia. L’ordinamento italiano regola le responsabilità e i doveri, e concordo sull’idea che non trasforma sempre doveri in responsabilità e che quindi il trinomio non è perfetto. E’ certamente importante il collegamento tra diritti e doveri. E’ stato riferito che Norberto Bobbio, il grande filosofo del diritto e della politica, autore nel 1990 di un libro su “L’età dei diritti”, pubblicato dalla casa editrice Einaudi, poi più volte ripubblicato, in età avanzata avrebbe notato che, se ne avesse avuto le forze, avrebbe scritto un libro sull’età dei doveri, piuttosto che su quella dei diritti. Concordo sull’assenza di una perfetta simmetria tra diritti e doveri. Questa ricorre solo in alcune  materie. In generale, nel titolo della parte prima della Costituzione. Nell’articolo relativo ai diritti e doveri dei genitori nei confronti dei figli, dove anzi la Costituzione italiana fa precedere la parola dovere a quella diritto. Lo stesso può dirsi per l’articolo 95, per cui il presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del governo e ne è responsabile: chi non adempie questo dovere può essere colpito dalla sfiducia parlamentare. C’è quindi un compito, una responsabilità e una sanzione. Il rapporto è meno completo nell’articolo 48 della Costituzione, secondo il quale sono elettori tutti i cittadini che hanno raggiunto la maggiore età e il voto è dovere civico: quindi, è conferito un diritto di partecipare alla vita politica, l’esercizio di questo diritto è un dovere civico, ma il dovere non è sanzionato (anche se una volta nei registri di stato civile veniva scritto “non ha votato“).

 
Giacobino. Anche questa simmetria tra diritti e doveri è molto imperfetta: se i diritti sono azionabili, lo sono sempre anche i doveri? Se lo Stato cerca di assicurare il diritto al lavoro garantito dal primo comma dell’articolo 4 della Costituzione, fa analoghi sforzi per assicurare il rispetto del dovere di svolgere un’attività o una funzione che concorra al progresso civile (su cui M. Cavino, “Il lavoro come dovere”, in “Il politico”, 2018, maggio – dicembre, n. 2, p. 61 ss)?

 
Termidoriano. C’è piuttosto da chiedersi perché i diritti abbiano prevalso, in Italia, nel dopoguerra, sui doveri, sia i doveri di astenersi, sia gli obblighi  di prestazione.
Giacobino. Un’altra asimmetria è quella costituita dai diritti a prestazioni, quando questi sono finanziariamente condizionati. In tal caso, essi possono diventare mere promesse. Se viene assicurato, ad esempio, il diritto alla salute, ma lo Stato non appresta presìdi ospedalieri per assicurarlo, perché non dispone dei mezzi finanziari necessari, il diritto alla salute diventa una mera promessa. Si contrappongono, in generale, due opposti punti di vista. Quello che lamenta “troppi diritti”. Quello, dall’altro lato, che parte dall’idea di una democrazia illimitata, secondo la quale la conquista dei diritti è continua, così come è continua l’espansione dei doveri.

 

I no vax non vogliono rinunciare al diritto alla salute, ma non adempiono il dovere di rispettare il diritto degli altri

   
Termidoriano. Il concetto di dovere ha una radice lontana. Per Lutero “ciascuno ha il suo compito specifico assegnato dal diritto”. Lutero utilizzava il concetto di “Beruf” ricavato da un passo di san Paolo nella prima lettera ai Corinzi 7.20: ”Dio lo ha chiamato alla fede” (“vocatio”). Più tardi, Benedetto Croce,  in una lettera del 6 ottobre 1913 a Renato Serra, scriveva che era necessario “svolgere in sé il senso dei doveri verso la vita”. Un filosofo tedesco-americano, allievo di Heidegger e compagno di Hannah Arendt, Hans Jonas, in un libro del 1979 sul principio di responsabilità, affermava che questo comportava il rispetto della regola di agire in modo che gli effetti dalla propria azione siano compatibili con la sopravvivenza della vita umana sulla terra. Un problema analogo è stato posto dai cosiddetti no vax, che non vogliono rinunciare al diritto alla salute, ma non adempiono il dovere di rispettare il diritto degli altri. Un’altra materia in cui diritti e doveri marciano insieme.

 
Giacobino. Questo stretto rapporto tra diritti, doveri e responsabilità richiede una moralità delle istituzioni che è puramente teorica, in assenza di “capitale sociale”. Vi è carenza di codici etici: l’Italia non ama l’etica,  non si mette d’accordo sui principi etici e non fissa le regole, che dovrebbero essere innanzitutto le regole costituzionali. Per non parlare dei nuovi diritti, quelli che si affermano non solo nella dimensione nazionale,  ma anche nella la dimensione sovranazionale. Penso alla dichiarazione universale dei diritti umani del 1948, alla convenzione europea dei diritti dell’uomo del 1950, al trattato sull’Unione Europea del 1992, a quello di Maastricht e al patto Onu sui diritti civili e politici del 1966 (entrato in vigore dieci anni dopo). Poi vi sono i diritti sociali, quelli sviluppati dal cosiddetto “Welfare State”, che comportano meno diritti di libertà e più diritti a prestazioni, e i nuovi diritti, come quello alla democrazia, oggetto di interventi sovranazionali. Infine, i diritti che richiedono il riconoscimento di nuovi titolari, come quelli degli stranieri che vengono normalmente esclusi dal riconoscimento di diritti.
 

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