EDITORIALI

La procura fuori dalle righe su Lucano

Redazione

L’attivismo mediatico del procuratore di Locri è un guaio per la giustizia

Nell’èra del processo mediatico, il protagonismo di alcuni magistrati sugli organi di informazione non sorprende più nessuno. Suscita, però, non poche perplessità l’intervista rilasciata alla Stampa dal procuratore di Locri, Luigi D’Alessio, in merito alla recente condanna ottenuta dal suo ufficio nei confronti dell’ex sindaco Domenico Lucano. “Sono vittima di un’aggressione mediatica – ha dichiarato il procuratore – Amareggiato ma sereno con la coscienza. Non ho agito con intento persecutorio”.

Anziché fermarsi a questa pur legittima difesa dell’operato della procura da quelle che vengono ritenute critiche ingiuste, se non addirittura lesive della propria indipendenza, il procuratore di Locri è poi entrato nel merito delle accuse rivolte a Lucano: “Lucano ha una mirabile idea di accoglienza, riservata però a pochi eletti che avevano occupato le case. Lui manteneva sempre gli stessi, sottomessi. Tutto era organizzato per favorire varie cooperative locali, creare clientele, accumulare ricchezze, beneficiare di indotti elettorali”. “Lucano non è Messina Denaro, ma ha inteso male il suo ruolo di sindaco, proclamando ‘io me ne infischio delle leggi’ e ostentando una scarsa sensibilità istituzionale tradotta in una serie impressionante di reati”, ha poi aggiunto il procuratore D’Alessio, dopo aver paragonato Lucano al “bandito di ‘Giù la testa’ proclamato capo dei rivoluzionari suo malgrado, idealista, issato su un piedistallo, ubriacato da un ruolo più grande di lui, inconsapevole della gravità dei suoi comportamenti, forse guidato da altre persone”.

Con molta disinvoltura, insomma, il procuratore di Locri ha di fatto rappresentato Domenico Lucano come un colpevole già accertato, presentando le proprie accuse come fatti inoppugnabili. Tutto ciò nonostante l’ex sindaco di Riace sia imputato in un procedimento penale ancora in corso, giunto per il momento soltanto a una sentenza di primo grado. L’ennesimo esempio di processo mediatico, che la direttiva europea sulla presunzione di innocenza (si spera presto attuata nel nostro paese) peraltro vieterebbe.

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