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Editoriali

Una giustizia da Recovery immediato

Redazione

Immobilismo, giustizialismo. Le ragioni per liberarsi del ministro Bonafede

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Una delle condizioni affinché l’Italia possa ricevere nei prossimi anni gli oltre 200 miliardi di euro previsti dal Recovery Fund è realizzare le riforme che l’Unione europea ci chiede (invano) da tempo. Fra queste, una delle più importanti è la riduzione dei tempi della giustizia civile e penale. L’ultimo rapporto della Commissione europea ha confermato che la nostra giustizia è la più lenta d’Europa per la durata media dei contenziosi civili e commerciali: per arrivare a una sentenza definitiva occorrono in media oltre sette anni, il doppio dei tempi della Francia, cinque volte quelli della Germania. L’impatto economico è devastante: secondo uno studio realizzato nel 2017 da Cer-Eures per Confesercenti, lentezze e inefficienze della giustizia civile ci costano 2,5 punti di Pil, pari a circa 40 miliardi di euro. Persino peggiore è il quadro della giustizia penale: il biglietto da visita dell’Italia a Bruxelles rischia di essere la vicenda di Calogero Mannino, assolto da tutte le accuse dopo trent’anni di processi (per citare solo il caso più recente).

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Una delle condizioni affinché l’Italia possa ricevere nei prossimi anni gli oltre 200 miliardi di euro previsti dal Recovery Fund è realizzare le riforme che l’Unione europea ci chiede (invano) da tempo. Fra queste, una delle più importanti è la riduzione dei tempi della giustizia civile e penale. L’ultimo rapporto della Commissione europea ha confermato che la nostra giustizia è la più lenta d’Europa per la durata media dei contenziosi civili e commerciali: per arrivare a una sentenza definitiva occorrono in media oltre sette anni, il doppio dei tempi della Francia, cinque volte quelli della Germania. L’impatto economico è devastante: secondo uno studio realizzato nel 2017 da Cer-Eures per Confesercenti, lentezze e inefficienze della giustizia civile ci costano 2,5 punti di Pil, pari a circa 40 miliardi di euro. Persino peggiore è il quadro della giustizia penale: il biglietto da visita dell’Italia a Bruxelles rischia di essere la vicenda di Calogero Mannino, assolto da tutte le accuse dopo trent’anni di processi (per citare solo il caso più recente).

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Per provare ad accogliere le raccomandazioni Ue, la bozza di Recovery Plan predisposta dal governo italiano dedica grande attenzione proprio alla giustizia, promettendo una riduzione della durata dei processi civili e penali, digitalizzazione del sistema, investimenti e riforme dell’ordinamento giudiziario, del processo penale e di quello civile. Gli auspici sembrano andare nella giusta direzione. Il problema è che a trasformare i buoni auspici in riforme concrete dovrebbe essere l’attuale Guardasigilli, Alfonso Bonafede, vale a dire uno dei responsabili dell’immobilismo della giustizia, passato alla storia per aver promesso di riformare il processo civile e penale entro giugno 2019, cioè un anno e mezzo fa (delle riforme non si sono più avute notizie), e per aver abolito la prescrizione dopo le sentenze di primo grado, introducendo di fatto il processo eterno. Insomma, per cambiare (e salvare) la giustizia il primo passo da compiere sarebbe cambiare ministro.

 

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