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editoriali

Assolto, quindi colpevole

Redazione

Nello strano mondo di Caselli il proscioglimento di Mannino non basta

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Assolto, ma comunque colpevole. In un editoriale sul Fatto quotidiano, l’ex capo della procura di Palermo Gian Carlo Caselli ha ribadito la sua singolare (e inquietante) visione della giustizia, commentando la vicenda dell’ex ministro Calogero Mannino, assolto in via definitiva dall’ennesima accusa di vicinanza alla mafia. Caselli conosce bene l’incredibile calvario giudiziario subìto da Mannino: nel 1995 l’ex ministro democristiano venne arrestato proprio su richiesta della procura di Palermo allora guidata da Caselli, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Mannino trascorse nove mesi in carcere e altri tredici agli arresti domiciliari, prima di essere assolto in via definitiva nel 2010 da tutte le accuse. Subito dopo, il politico democristiano finì nel vortice dell’inchiesta sulla cosiddetta trattativa stato-mafia, dalla quale è ora uscito di nuovo con un’assoluzione definitiva.

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Assolto, ma comunque colpevole. In un editoriale sul Fatto quotidiano, l’ex capo della procura di Palermo Gian Carlo Caselli ha ribadito la sua singolare (e inquietante) visione della giustizia, commentando la vicenda dell’ex ministro Calogero Mannino, assolto in via definitiva dall’ennesima accusa di vicinanza alla mafia. Caselli conosce bene l’incredibile calvario giudiziario subìto da Mannino: nel 1995 l’ex ministro democristiano venne arrestato proprio su richiesta della procura di Palermo allora guidata da Caselli, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Mannino trascorse nove mesi in carcere e altri tredici agli arresti domiciliari, prima di essere assolto in via definitiva nel 2010 da tutte le accuse. Subito dopo, il politico democristiano finì nel vortice dell’inchiesta sulla cosiddetta trattativa stato-mafia, dalla quale è ora uscito di nuovo con un’assoluzione definitiva.

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Anziché chiedere scusa per avere contribuito alle immani sofferenze patite da Mannino, Caselli ha pensato bene di tornare sull’antica vicenda del concorso esterno, sostenendo che l’assoluzione definitiva di Mannino fu in realtà il frutto di un improvviso mutamento giurisprudenziale della Cassazione, che avrebbe cambiato le regole in corso d’opera: “Come se durante una partita di calcio, nell’intervallo fra i due tempi, qualcuno decidesse che è calcio di rigore solo quando il fallo viene commesso nell’area piccola”. Per Caselli si tratterebbe quindi di una di quelle assoluzioni che, pur essendo “ineccepibili nella loro validità formale”, “appaiono ricollegabili, come dire, a una sorta di ‘grazia ricevuta’”.

 

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In verità, come è evidente, nel caso di Mannino la Corte di cassazione non ha fatto altro che svolgere il compito attribuitole dal nostro ordinamento: quello di assicurare la corretta osservanza della legge e la sua interpretazione uniforme. Nessuna “grazia”, ma normale funzionamento del sistema giudiziario. Insomma, restando in ambito calcistico, accusare la Cassazione di un proprio flop giudiziario è come protestare contro l’arbitro dopo aver subìto un gol. Il punto è che i magistrati non dovrebbero comportarsi come degli ultrà.

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