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Gli struzzi della mala giustizia

Claudio Cerasa

Una repubblica fondata sul dominio delle procure è incompatibile con un regime democratico. Il plotone di esecuzione contro Berlusconi può essere un’occasione per una grande riscossa intellettuale. Appello ai pentiti del populismo giudiziario

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E’ ora di smetterla con la modalità struzzi, grazie. Da diversi anni a questa parte, complice lo storico risultato delle elezioni del 2018, il circo mediatico italiano ha dedicato grande attenzione a un tema affascinante come quello della nascita del populismo e alcuni tra i commentatori più autorevoli del nostro paese da tempo cercano di trasferire all’opinione pubblica la convinzione che il populismo in Italia sia una sorta di conseguenza naturale della proliferazione del berlusconismo, dell’affermazione della casta e della diffusione dei social network.

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E’ ora di smetterla con la modalità struzzi, grazie. Da diversi anni a questa parte, complice lo storico risultato delle elezioni del 2018, il circo mediatico italiano ha dedicato grande attenzione a un tema affascinante come quello della nascita del populismo e alcuni tra i commentatori più autorevoli del nostro paese da tempo cercano di trasferire all’opinione pubblica la convinzione che il populismo in Italia sia una sorta di conseguenza naturale della proliferazione del berlusconismo, dell’affermazione della casta e della diffusione dei social network.

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La tesi è certamente affascinante, per quanto ovviamente priva di senso, ma ci chiediamo se in queste ore tutti coloro che da anni sostengono la tesi che il populismo in Italia sia figlio del berlusconismo, oltre che ovviamente dei temibilissimi social network, si siano guardati allo specchio e si siano posti una domanda semplice semplice, dopo aver letto la storia della famosa conversazione in cui il magistrato relatore in Cassazione del processo contro Berlusconi ammette che Berlusconi è stato sostanzialmente vittima di un’ingiustizia. E la domanda dovrebbe essere questa e solo questa: quando decideremo di uscire dalla stagione degli struzzi? E, detto in altre parole, quando decideremo di ammettere quello che non abbiamo avuto il coraggio di ammettere in questi anni, ovverosia che un pezzo importante d’Italia per combattere il berlusconismo ha accettato di moltiplicare i danni generati dalla cupa stagione di Tangentopoli, indebolendo la politica (ah, la casta), mettendo il potere esecutivo sotto lo schiaffo del potere giudiziario (ciaone Montesquieu), consentendo qualsiasi porcata contro il potere legislativo (la vera immunità in Italia ce l’hanno i magistrati, non i parlamentari, essendo spesso i magistrati titolari delle azioni disciplinari contro se stessi) e producendo progressivamente le condizioni per consegnare il paese a una repubblica fondata sulle procure ostaggio del protagonismo di alcuni magistrati nostalgici del bel tempo che fu (il pool di Mani pulite non va mai in pensione e quando ci sta per andare cerca di avere leggi per andarci più tardi)?

 

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Smetterla di fare gli struzzi significherebbe smetterla di non capire una verità ormai difficile da negare, che consiste in un’affermazione semplice e lineare che andrebbe accettata anche da chi fino a oggi l’ha sempre negata: il più grande incubatore del populismo italiano, la prima vera startup se vogliamo stare al passo con i tempi, è stato non il berlusconismo ma, al contrario, l’antiberlusconismo. E solo chi vuol far finta di non vedere i problemi più profondi del nostro paese può negare come il rafforzamento della repubblica dei pm, una repubblica in cui la magistratura ha costantemente il sopravvento su altre istituzioni, abbia reso problematica la compatibilità del nostro sistema giudiziario con i valori non negoziabili di un regime democratico. Per capirci. E’ normale oppure no che il circo mediatico italiano ieri abbia fatto quasi finta di niente di fronte alle parole di un magistrato, purtroppo scomparso, che nella stagione in cui doveva giudicare Berlusconi ha ammesso che sul tema dei diritti Mediaset “si poteva cercare di evitare che (Berlusconi, nda) andasse a finire in mano a questo plotone di esecuzione, come è capitato, perché di peggio non poteva capitare”?

 

E’ normale oppure no che il circo mediatico italiano faccia regolarmente finta di nulla di fronte a ogni rivoluzione dell’onestà (il governo degli onesti, diceva giustamente Benedetto Croce senza aver avuto la fortuna di conoscere né la stagione dell’Italia dei valori né la stagione del Vaffa, è solo un’utopia per imbecilli) agevolata da roboanti inchieste della magistratura costruite più per offrire titoli ai giornalisti che per offrire prove ai giudicanti? E’ normale oppure no che il circo mediatico italiano si occupi delle garanzie degli indagati solo quando gli indagati sono amici del circense di turno? E’ normale oppure no che il circo mediatico italiano dedichi grande spazio alle sceneggiature costruite dai pm (la grancassa suonata attorno a Mafia Capitale, finita come sappiamo, cioè non bene per chi teorizzò la mafia a Roma, favorì la presa del potere degli onesti a Roma, e lo stesso è successo a Parma dove il grillismo nel 2011 si affermò anche grazie a un’indagine che coinvolse l’allora sindaco di centrodestra, Vignali, la cui accusa principale, dieci anni dopo, è stata archiviata) e dedichi invece poco spazio alle sceneggiature rivoltate come un calzino dalla Cassazione? Questi temi, lo sappiamo, sono temi che i lettori di questo giornale hanno a cuore e sono temi che su queste pagine leggete da circa un quarto di secolo (tra sei mesi il Foglio fa 25 anni!).

 

L’appello agli struzzi andrebbe dunque rivolto ad altri. E in particolare a tutti coloro che negli ultimi anni hanno trescato in modo incestuoso con il peggior populismo giustizialista del nostro paese (e purtroppo tra questi ci sono anche molti figli del berlusconismo che una volta caduta la stella del Cav. si sono rifugiati nel giustizialismo per lisciare il pelo al popolino incazzato e attaccare i propri avversari politici con le stesse armi con cui un tempo veniva attaccato il Cav.: citofonare a Matteo Renzi). E l’occasione della configurazione del plotone di esecuzione organizzato contro Berlusconi potrebbe essere il pretesto giusto per organizzare una grande riscossa intellettuale orientata non tanto a riscrivere storie del passato (le aggressioni restano sempre aggressioni anche se qualcuno chiede scusa) ma orientata a scrivere una qualche nuova storia legata al futuro. E per scrivere una nuova storia basterebbe che chi ha contribuito ad armare il plotone di esecuzione contro Berlusconi oggi avesse il coraggio di usare poche parole: scusate, abbiamo esagerato. E scusate, aver contribuito a rendere l’Italia un paese ostaggio del protagonismo dei magistrati ha contribuito a rafforzare i populismi del nostro paese più di ogni algoritmo dei social network. E’ ora di mettere la testa fuori dalla sabbia e archiviare la stagione degli struzzi. Chi ci sta?

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