Capristo, atto finale
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Una commissione d'inchiesta su Trani
Roma. Il procuratore capo di Taranto Carlo Maria Capristo, colui che si sta occupando dell’Ilva, è finito agli arresti domiciliari con l’accusa di abuso d’ufficio e favoreggiamento. La procura di Potenza sostiene che Capristo avrebbe tentato di pilotare alcune indagini della procura di Trani, da lui guidata fino a qualche anno fa. Insieme a lui è indagato anche il suo successore, l’ex procuratore di Trani Antonino Di Maio, e i facoltosi imprenditori pugliesi Mancazzo. Secondo i magistrati potentini, il procuratore di Taranto, un ispettore di polizia e i Mancazzo (“legati a Capristo”) avrebbero compiuto “atti idonei in modo non equivoco” a indurre una giovane pm, Silvia Curione, della procura di Trani a perseguire penalmente, senza che ci fossero i presupposti, una persona che gli imprenditori pugliesi avevano “infondatamente denunciato per usura”, in modo da poter ottenere i vantaggi economici e i benefici di legge relativi alle vittime di usura. La pm Curione si è reso conto che le cose non andavano e ha fatto una denuncia, da cui è partita l’inchiesta.
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- Luciano Capone
Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali