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Perché la riforma di Bonafede sulla prescrizione è inutile, dannosa e anticostituzionale

Ermes Antonucci

Il Movimento 5 stelle ha presentato un emendamento al ddl anticorruzione che prevede l’interruzione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio

Roma. Il Movimento 5 Stelle ha presentato alla Camera, in extremis, un emendamento al ddl anticorruzione che prevede l’interruzione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio. L’emendamento era stato annunciato dal ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, poche ore prima, al termine della sua visita al cimitero di San Giuliano di Puglia, dove sono sepolti i bimbi e la maestra morti nel crollo della scuola causato dal terremoto del 31 ottobre 2002. Pochi mesi fa, a giugno, Bonafede aveva scelto un’altra commemorazione, l’anniversario della strage di Viareggio, per proporre la sua riforma della prescrizione, aggiungendo pure che l’avrebbe chiamata “legge Viareggio”. La proposta, insomma, è saltata da un dramma all'altro, in coerenza con la logica da populismo penale del governo.

 

La cosa più grave, però, è che la riforma rischia di essere allo stesso tempo inutile, dannosa e anticostituzionale. Inutile perché, come ormai noto, in Italia oltre il 70 per cento dei procedimenti penali finisce in prescrizione al termine delle indagini preliminari: sono le indagini portate avanti dai pm a essere lente, lentissime, ma queste non sarebbero toccate dalla riforma. Dannosa e anticostituzionale perché renderebbe i processi eterni dopo una sentenza di primo grado. Non ci sarebbe alcun interesse a celebrare in fretta il giudizio di appello, in cui peraltro quasi la metà delle sentenze viene riformata, lasciando così sulla graticola gli imputati e violando il principio di ragionevole durata dei processi previsto dalla nostra Costituzione. Senza dimenticare, poi, che i tempi di prescrizione sono stati allungati considerevolmente dal precedente governo, con la sospensione dei termini per 18 mesi dopo una condanna di primo grado e di altri 18 mesi dopo una condanna in appello. Ma evidentemente per i giallo-verdi non basta. Le opposizioni, intanto, annunciano battaglia. “Siamo molto preoccupati – dichiara al Foglio Alfredo Bazoli, capogruppo del Partito Democratico in Commissione Giustizia – perché l’emendamento, per come è stato annunciato, introduce una modifica del regime della prescrizione che scardina completamente il sistema delle garanzie, allungando a dismisura i tempi dei processi”. “Ma la cosa inaccettabile e vergognosa – aggiunge Bazoli – è il fatto che si intervenga su una materia così delicata con un blitz, inserendo la norma in un provvedimento che parla di tutt’altro, cioè la legge anticorruzione, e al termine dell’istruttoria svolta dalla commissione, senza dare quindi alcuna possibilità di discuterla, approfondirla e chiedere audizioni”. Un emendamento che, sempre secondo il capogruppo Pd, “è figlio dello scambio incestuoso in materia di giustizia tra Lega e 5 Stelle”, con i grillini che starebbero cercando di “frenare gli animi scoppiati nell’altro lato del Parlamento attorno al decreto sicurezza”. “Una sommossa costituzionale” contro la riforma è stata preannunciata dal deputato di Forza Italia, Francesco Paolo Sisto, che al Foglio ribadisce: “E’ l’ennesimo colpo di maglio ai principi fondamentali della Costituzione e della Cedu. Il processo eterno è quanto di più disumano, oltre che tecnicamente inaccettabile, possa esistere. I Cinque stelle non si smentiscono, con un giustizialismo senza fine che tende al diritto penale dell’intimidazione, perché un processo eterno è un processo che intimidisce e ci avvicina alla logica orwelliana di 1984. E’ tra l’altro un emendamento inammissibile, perché del tutto estraneo al testo di riferimento, quindi ci auguriamo che il presidente di Commissione abbia il coraggio di dichiararlo come tale”.

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