Lettera a Bordin

Gian Marco Chiocci

Diversi punti toccati per inficiare la “pista palestinese” non sono solo approssimativi, sono sbagliati

Caro direttore, Bordin ha ragione a essere scettico sulla “pista palestinese” per la strage di Bologna. In una vicenda in cui tanti hanno brigato per renderla complicata, siamo tutti tenuti ad esercitare continuamente la funzione intellettiva del dubbio. Capisco che le poche righe della sua rubrica lo hanno costretto a mettere giù argomenti con una qualche approssimazione, ma diversi dei punti da lui toccati per inficiare la “pista palestinese” non sono solo approssimativi, sono sbagliati. Che il terrorista tedesco Thomas Kram non abbia fatto parte del Gruppo Carlos lo dice ormai solo un blog di vecchi brigatisti rossi smentiti più volte, dallo stesso Carlos e anche dai servizi segreti bulgari, che collocano Kram, Christa Margot Frohlich e il super terrorista venezuelano Carlos lo sciacallo all’interno di uno stesso appartamento a Budapest nell’ottobre 1980.

 

I documenti del Copasir, sui quali mi sono imbattuto tra non poche difficoltà e di cui ho dato conto su Il Tempo, non ci dicono che la strage sia stata fatta da Kram (coincidenza era a Bologna il giorno della bomba, coincidenza saltò in corsa giù da un treno a Bologna proprio pochi minuti prima dell’esplosione, così almeno dice Carlos ) o dalla Frolich (a costei fa cenno un testimone di cui parla il libro di Cutonilli e Priore), però ci dicono che il colonnello dei carabinieri Giovannone, in forza al Sismi, ha fatto di tutto per nascondere la loro presenza a Bologna il 2 agosto 1980, presenza – giusto per dire – nascosta per decenni anche ai magistrati.

 

Quanto alle perizie sull’esplosivo di Bologna purtroppo sono un buco nero, sono state fatte e rifatte, ma la verità è che ancora oggi su che esplosivo sia stato usato non c’è alcuna certezza. Non hanno trovato nessuna corrispondenza con altri attentati neofascisti (questa è una delle gravissime carenze della sentenza di condanna), né corrisponde all’esplosivo usato negli attentati rivendicati dal Fplp. Bella scoperta, se il Fplp avesse rivendicato Bologna non staremmo qui a discutere. Stiamo discutendo se il Fplp abbia affidato ad un gruppo di mercenari (Carlos) una rappresaglia – di questo fanno chiaramente cenno i documenti ancora sotto chiave al Copasir – , e se i servizi segreti italiani abbiano preferito incassare la rappresaglia per l’arresto del palestinese Saleh residente a Bologna, (la causa della rottura del Lodo Moro secondo le carte segretate) piuttosto che spiegare al paese cosa era andato storto in un complesso equilibrio doppiogiochista. Di questo parlano i documenti inaccessibili, di una rappresaglia annunciata, imminente, nei mesi e nelle settimane precedenti la strage. E poi, caro direttore, da Bordin proprio non me l’aspettavo: ci dice che, se anche fosse, le preoccupazioni dello 007 Giovannone per una rappresaglia valgono sempre meno dei “dettagliati piani di attentati rinvenuti in quel periodo negli ambienti dell’estrema destra”. Sempre meno? Ma quali “dettagliati piani”, Bordin. Per favore. Caro direttore, al contrario del tuo autorevole collaboratore, non ho certezze sui palestinesi, ne ho solo su chi ha depistato e nascosto la verità (e continua a depistare e nascondere le carte). E sono molto, molto insospettito da quanti ancora li difendono, dentro i Servizi e fuori. Questo sì mi insospettisce parecchio.

 

Cordialmente,

Gian Marco Chiocci