Gregorio, Magrini e l'abc del ciclismo, secondo loro

Giovanni Battistuzzi

Il ciclismo è dinamismo e velocità, ma allo stesso tempo racconto. Quello scritto, quello tramandato, quello ascoltato mentre le corse si muovono sullo schermo. Quello dei due telecronisti di Eurosport pieno di "Fagianate, scatti e scie"

La bicicletta è un linguaggio universale. Semplice per morfologia, la meccanica: basta una catena per far scorrere le ruote; immediato per sintassi, il pedalare: serve equilibrio e far girare i pedali, nient'altro. Si pedala allo stesso modo ovunque su mezzi che, se anche possono avere forma e struttura diverse, hanno il medesimo principio locomotore: le gambe. 

 

Anche il ciclismo, che della bicicletta è la rappresentazione più veloce, è un linguaggio universale. Le gare d'altra parte hanno le medesime caratteristiche qualunque sia il luogo, il mezzo, la stagione, la strada da percorrere: c'è un inizio, la partenza, una fine, l'arrivo, un obbiettivo primario, correre più forte degli altri. È la semiotica della bicicletta. Qualcosa di più complesso, ma alla portata di chiunque abbia voglia di muoversi o al massimo, se prevale la volontà di vedere a quella di correre, sedersi comodamente su di un divano. 

 

Il ciclismo è dinamismo e velocità, movimento e resistenza, alla fatica e agli avversari. È un turbinio. Ma allo stesso tempo è racconto. Quello fatta di immagini negli occhi e di pensieri nella testa quando si pedala, quello fatto di riprese e parole quando lo si guarda. È narrazione perché di non sola cronaca è fatto questo sport. Il ciclismo attraversa paesi e città, lambisce vite normali e di tutti i giorni, si inserisce all’interno della quotidianità, non si isola in ambienti appartati. È un’invasione di cavallette che colpisce direttamente le nostre abitudini cittadine. E proprio per questo non può essere semplicemente cronachizzato, ma va raccontato, narrato, a volte addirittura cantato, come ci insegna Dino Zandegù. 

 

Il ciclismo ha per questo un suo linguaggio, qualcosa di semplice solitamente, fatto di un centinaio di parole precise, chirurgiche, e di qualche migliaia comuni, di tutti i giorni. Un linguaggio che per molto tempo è stato sempre quello perché di pochi aggeggi è fatta una bici e di tante storie i corridori. Poi da una bicicletta si è alzato un toscano, si è seduto prima su di una ammiraglia all’inseguimento dei corridori poi su di una sedia davanti a un microfono e lì non ha trovato niente di meglio da fare che scombinare lo scombinabile, riscrivere con la voce ciò che la voce era abituata a dire. Riccardo Magrini ha imposto il suo linguaggio a questo sport. Ed è un linguaggio non comune, spesso iperbolico, sicuramente popolare, fatto di modi di dire e parlata schietta, e proprio per questo unico. Un linguaggio che abbiamo imparato a conoscere in ore di dirette su Eurosport, ma che ora possiamo approfondire, leggere o studiare. Con lui, Luca Gregorio, suo contraltare vocale durante le telecronache e suo ottimo bilanciatore e divulgatore di dinamiche ciclistiche, ha scritto quello che mancava per fissare genesi e svolgimento di un modo di raccontare che è diventato un mondo narrativo complesso e allo stesso tempo immediato. Perché “Fagianata, scatti e scie” (Rizzoli, 238 pp., 18 euro) non è solo un “dizionario sentimentale del ciclismo”, non è solo un libro, è un abecedario di un universo di parole che prende spunto da un universo di pedalate, di storie in bicicletta, di evoluzioni e rivoluzioni a pedali. È una lettura eccellente non solo per entrare nel loro ciclismo, ma per scorgere nel ciclismo “quell’esigenza prosastica e poetica che lo sport porta con sé in quanto nuova dimensione epica dell’uomo”. Perché per Roland Barthes “per lo spettatore dell’evento sportivo guardare non è soltanto vivere, soffrire, sperare, ma anche e soprattutto esprimere i propri sentimenti” e di questi sentimenti deve essere “pontefice il cantore di questo mondo”, giornalista o telecronista che sia. Quello che sono riusciti a fare Magrini e Gregorio. E così come ogni pontefice ha bisogno di una liturgia condivisa, di un lessico preciso, Riccardo e Luca hanno istituito il loro fatto di fagianate, sistolate, “cane vecchio sa”, piss-stop e Veglioni del Tritello.