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Tour de France al peperoncino. Per fortuna c'è Alaphilippe

Giovanni Battistuzzi

La gendarmeria per allontanare alcuni manifestanti fa lacrimare gran parte del gruppo. Gilbert cerca l'impresa e si ritrova in un burrone mentre gli uomini di classifica rimandano a domani quello che potevano fare oggi

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I cerchi di pietre che ancora si vedono nelle campagne di Bagnères-de-Luchon stanno lì da oltre cinquemila anni. Venivano utilizzati come luoghi di adorazione del sole e secondo le ultimi ipotesi al loro esterno si tenevano i riti di iniziazione per i giovani della zona. Tra i due cerchi principali c'era la via del coraggio, quella da percorrere per diventare uomini.

 

Verso Bagnères-de-Luchon iniziava la prima delle ultime tre vie del coraggio, la strada si impennava per la prima volta a questo Tour de France verso le cime pirenaiche. Quelle domate in salita e in discesa da Julian Alaphilippe, cavaliere errante di queste prime due settimane di Grande Boucle. Uno che il rito di iniziazione delle popolazioni pirenaiche l'avrebbe superato. Cime basse ancora, di storia antica, anche se non di prima fama: Col de Portet-d'Aspet, Cole de Menté, Col du Portillon, che ricordano tanto, ma che tanto di meglio sanno di avere davanti e alle spalle. Una via dritta per salutare l'Occitania per raggiungere l'Alta Garonna, per provare ad abbandonare un recente passato interlocutorio e addentrarsi in un romanzo più avvincente fatto di scontri tra grandi cavalieri come si confà a queste regioni. 

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Ma non siamo prima dell'anno Mille, non ci sono i Mori alle porte e le biciclette dei corridori sono molto più docili dei destrieri di un tempo.

 

E così il canovaccio andato in scena è stato quello solito, già visto altre volte in queste due settimane: davanti i vinti delle prime salite darsi da fare per provare a scappare dal gruppo e ritagliarsi uno spazio di gioia francese, dietro tutti gli altri a sperare che prima o poi le truppe della Sky si stanchino e lascino spazio alle speranza di gloria altrui. Peccato che non va mai così, che niente accade mai se non se lo si suda.

  

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Il volo di Philippe Gilbert

Va da sé quindi che tra i cuori domi del gruppo spicchino quelli indomiti di pochi sognatori. Philippe Gilbert è uno che non ha paura di nulla, soprattutto di far fatica e che ha dentro il desiderio di esplorare le proprie sofferenze per conquistare quello che non riesce a conquistare dal 2011, ossia una tappa, ossia un momento tutto per sé dopo anni che in terra di Francia dedica le proprie fatiche agli altri. E così quando sulle prime rampe del Col de Portet-d'Aspet si è alzato sui pedali e ha preso la testa della corsa a quasi settanta chilometri non avrebbe mai immaginato che il volo sportivo che aveva in mente si sarebbe materializzato in un volo fisico giù da un burrone dello stesso colle pirenaico. Fortunatamente al belga è andata bene: si è rialzato ed è ripartito, certamente con diverse escoriazioni in più, ma con la consapevolezza che poteva andare molto peggio.

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L'hanno premiato con il numero rosso del più combattivo, che è meglio di niente, ma è peggio di quanto aveva in testa. Ha gioito per Alaphilippe, suo compagno di squadra, che ha tentato e portato a termine quello che il belga aveva solo abbozzato e che probabilmente, indipendentemente da come è andata, difficilmente avrebbe portato a termine. Ha empatizzato con Adam Yates, anche lui coraggioso finito male – questa volta steso sull'asfalto e non carpiato nel vuoto –, che ha visto svanire la possibilità di dare un senso al suo soggiorno francese giù per le curve del Col du Portillon.

  

Colle che poteva essere rampa di lancio per avventurieri dell'ultimo minuto, dell'ultima salita, alla ricerca di qualche decina di secondi di speranza per dare un senso a un'eventuale tentativo rivoluzionario nei prossimi giorni, ma che invece si è trasformato nella solita processione stanca verso l'arrivo.

 

Spray al peperoncino sul Tour de France

E così l'unica novità è che il Tour è riuscito ad accendersi ancora per motivi che con il ciclismo non hanno nulla a che fare. C'hanno pensato questa volta i contadini della Piege che arrabbiati col governo bloccano la strada con qualche balla di fieno. Sono una ventina, nemmeno troppo arrabbiati, ma ci pensa la Gendarmeria a completare il teatrino. Spray al peperoncino per fare arretrare i facinorosi, molecole che riempiono l'aria, si depositano negli occhi dei corridori e tappa neutralizzata per venti minuti. Chapeau.

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