Le colpe di Hodgson e il futuro di Rashford, l'Inghilterra che verrà

Leo Lombardi
Il ct inglese avrebbe dovuto temporeggiare a schierarlo in campo, ma ormai è tardi. L’attaccante invece ha tutto il tempo che vuole.

Tra le varie colpe da addebitare a Roy Hodgson, c'è anche la non conoscenza dei suoi giocatori. Se fosse stato più attento, infatti, avrebbe atteso il momento in cui far debuttare Marcus Rashford. Una mancanza ancor più grave, visto che il ct ha frequentato abbastanza il calcio italiano da capire come la scaramanzia svolga un ruolo importante. Allora si sarebbe ricordato di come l'attaccante del Manchester United avesse segnato una doppietta al debutto assoluto con i Red Devils, avvenuto in Europa League contro il Midtjylland il 25 febbraio, e di come si fosse ripetuto tre giorni dopo (altri due gol) all'esordio in Premier League contro l'Arsenal.

 

Se si tiene conto che Rashford ha chiuso il cerchio con una rete nella prima partita con l'Inghilterra (il 27 maggio, avversaria l'Australia), allora sarebbe stato ancor più giusto temporeggiare, attendendo un momento critico per buttarlo in campo. Come avvenuto nel finale contro l'Islanda, quando Hodgson ha tentato di tutto per non rievocare il modello “Corea del Nord”, esattamente mezzo secolo dopo l'umiliazione italiana. In quei pochi minuti Rashford ha dimostrato di essere un elemento su cui costruire l'Inghilterra che verrà: ricerca della profondità, dribbling, personalità. Gli è mancato però il gol, per l'appunto: aveva già dato... Ma, a 19 anni da compiere, il tempo è della sua parte.