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La Nato fa di tutto per piacere a Trump. Dal colore all'Ucraina

Micol Flammini

Il vertice della nuova Alleanza atlantica firmata Rutte fa di tutto per piacere al presidente americano. Il messaggio pubblicato sul social Truth, l'invito del re olandese, il sostegno a Kyiv e l'arte dell'accordo in medio oriente

L’Aia, dalla nostra inviata. Donald Trump è arrivato in città e, improvvisamente, l’Aia, in questi giorni sede del vertice della Nato, si è trasformata in un palcoscenico molto esteso, sul quale lasciare il posto all’esibizione di un unico protagonista: il presidente degli Stati Uniti d’America. Se Trump se ne andrà prima del dovuto, senza partecipare ai lavori di oggi concentrati nel più breve tempo possibile proprio per farlo restare, allora il vertice avrà fallito. Gli alleati lo sanno, lo hanno atteso con ansia, ognuno volenteroso di mostrare di aver cercato di fare i suoi compiti. Il primo ministro spagnolo, Pedro Sánchez, con il suo rifiuto di pagare il 5 per cento del pil per la Difesa entro il 2035, avrebbe potuto sabotare tutto. Il segretario della Nato, Mark Rutte, ha lavorato dietro le quinte affinché non accadesse e Trump prima di partire per l’Aia si è limitato a dire che “c’è un problema con la Spagna”, ingiusta verso gli altri alleati. Rutte, al suo primo vertice e padrone di casa in ogni senso visto che è nato e cresciuto all’Aia, ha fatto in modo che i soldi fossero al centro del vertice. Non sarebbe stato possibile fare altrimenti con Trump alla Casa Bianca, ma il vertice della nuova Nato firmata Rutte –  che sta cercando di apportare il suo stile sportivo, meno formale, riducendo anche la sicurezza personale –  ha fatto in modo che ci fosse uno slogan che potesse arrivare dritto alle orecchie del presidente americano: 5 per cento.

 

Del grande teatro dell’Aia, Rutte è il regista, e per fare in modo che l’attore principale non abbandoni il palco, ha deciso di abbondare con i complimenti, senza immaginare che il presidente americano li avrebbe fatti vedere al mondo. Trump ha pubblicato un messaggio di Mark Rutte mandato nel giorno in cui il presidente americano, per il cessate il fuoco raggiunto tra Israele e la Repubblica islamica dell’Iran, si sente il vero vincitore della guerra e pacificatore universale. I complimenti gli piacciono, se ne bea, e anche se privati ci tiene a farli conoscere al mondo. Mentre nei Paesi Bassi, i primi incontri del summit erano iniziati, Trump ha pubblicato sul social Truth le promesse di Rutte: “L’Europa pagherà il suo contributo in modo consistente, come è giusto che sia. E sarà una tua vittoria. Otterrai qualcosa che nessun altro presidente americano è riuscito a fare in decenni. Non è stato facile, ma siamo riusciti a far sì che tutti si impegnino a raggiungere il 5 per cento”. Questo messaggio è carico di tutte le parole chiave del lessico trumpiano: pagare; vittoria; 5 per cento; nessun altro presidente.

 


Tutta l’Aia ha atteso Trump sull’attenti e per fare in modo che il presidente  non rinunciasse al viaggio, i Paesi Bassi hanno deciso di dargli una ragione in più per non mancare. Il re olandese Guglielmo Alessandro ha invitato il presidente americano a dormire direttamente nel palazzo reale Huis ten Bosch, la Casa nei boschi, una delle tre residenze della famiglia reale, in cui ieri sera si è tenuta anche la cena tra i leader dei paesi membri. Trump è ossessionato dalla corona e gli olandesi hanno deciso di seguire l’esempio britannico: quando il primo ministro Keir Starmer si presentò a Washington, per imbonire Trump gli portò un invito di re Carlo. Il corteggiamento di Donald Trump però non è stato soltanto nel colore, negli inviti, nella città rimodellata per adattarsi alla sua presenza, nei messaggi di adulazione, negli slogan inventati per fare in modo che non molli la Nato. Il corteggiamento ha anche effetti su una delle questioni più serie, che pesano sul futuro dell’Alleanza: l’Ucraina. Al vertice della Nato a Vilnius di due anni fa, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, era l’ospite d’onore. “Due anni fa era arrivato sui tappeti rossi, ora è tanto se gli danno uno sgabello”, dice un giornalista ucraino furioso nella sala stampa allestita per il vertice e ricavata da un parcheggio.

 

Mark Rutte ha assicurato che il sostegno all’Ucraina è al primo posto nelle priorità dell’Alleanza atlantica, ma all’arrivo di Zelensky non c’erano i tappeti rossi e la cooperazione tra la Nato e Kyiv è stata discussa durante un incontro tra il segretario generale dell’Alleanza e i paesi dell’Unione europea. Mancava la delegazione americana, e l’assenza, per quanto tutti gli alleati si  siano affrettati a dire che l’atmosfera è stata “produttiva”, si è sentita. Dallo staff del presidente ucraino fanno sapere che era tutto secondo i piani, e Zelensky incontrerà Trump personalmente oggi  per parlare della possibilità di imporre nuove sanzioni alla Russia. Il ministro degli Esteri polacco, Radoslaw Sikorski, dopo l’incontro  di lavoro con gli ucraini, si è presentato in sala stampa per parlare con i  giornali e ha detto che ci sono i presupposti affinché il bilaterale di Trump e Zelensky possa essere come “il vertice di San Pietro”, in riferimento all’ultimo incontro tra i due pochi istanti  prima del funerale di Papa Francesco. 

 

Nel comunicato finale della Nato probabilmente non ci saranno punti dedicati  a un futuro per Kyiv nell’Alleanza: nessuno voleva irritare Trump, su tutto sono state prese le misure. Anche la condanna della Russia per l’aggressione all’Ucraina però potrebbe creare dei problemi con il presidente americano che ha detto di dover ancora “dare un’occhiata alla dichiarazione finale”: “Spero che riusciremo a raggiungere un accordo con la Russia. E’ un peccato che la settimana scorsa siano morti seimila soldati”. Non muoiono soltanto gli uomini al fronte, ieri la Russia ha colpito  la città di Dnipro, uccidendo sette  civili. Sono settimane che attacca le città, inclusa Kyiv, la meglio protetta, bombardando  palazzi residenziali con missili e droni.


L’arte dell’accordo in medio oriente


Non è la guerra tra Israele e Iran il tema principale del vertice dell’Aia, ma per Trump il cessate il fuoco raggiunto dopo il bombardamento dei siti nucleari del regime di Teheran è un’importante vittoria da sventolare con gli alleati. Il problema per il capo della Casa Bianca, però, è trasformare il cessate il fuoco in un accordo serio, in modo che l’Iran, da “leone ferito”, come lo ha definito il politico israeliano Avigdor Lieberman, non diventi di nuovo una minaccia. Per ora non sono in programma discussioni su come evitare che Teheran si rimetta a lavorare sul suo programma nucleare con i 400 chili di uranio arricchito che avrebbe nascosto, né come contenere la sua minaccia missilistica o il finanziamento dei suoi alleati puntati contro Israele. Il trofeo che Trump porta al vertice della Nato, dove vuole mostrare di saper anche risolvere la guerra contro l’Ucraina, rischia di essere un altro oggetto di scena  sul palco olandese  dell’Aia.

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  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Nel Foglio cura la rubrica EuPorn, un romanzo a puntate sull'Unione europea, scritto su carta e "a voce". E' autrice del podcast "Diventare Zelensky". In libreria con "La cortina di vetro" (Mondadori)