cristiani nel mirino

Con le leggi anti blasfemia il regime ibrido del Pakistan fa paura. Cinque chiese date alle fiamme

Francesca Marino

Sono sempre di più i casi gravi di violenza contro le persone di fede cristiana, senza che la polizia di Islamabad intervenga in loro aiuto. Le responsabilità morali sono anche imputabili al partito fondamentalista Tlp 

A Faisalabad, in Pakistan, cinque chiese sono state date alle fiamme, un cimitero cristiano è stato semidistrutto e diverse case appartenenti a cittadini di religione cristiana sono state saccheggiate. Tutto questo mentre la polizia rimaneva a guardare, e i corpi paramilitari sigillavano la zona senza aiutare i cittadini che, secondo i testimoni, venivano “torturati e brutalizzati”. Sempre secondo i testimoni a  incitare alla violenza sono stati  alcuni mullah e, soprattutto, alcuni membri del Tehrik-i-Labbaik Pakistan (Tlp), un partito fondamentalista religioso tristemente noto sia in Pakistan che all’estero, che ha fatto delle leggi sulla blasfemia  il proprio cavallo di battaglia. 

 

Il Tlp  è lo stesso  partito che anni fa difese, facendo piovere petali di rosa a ogni sua uscita pubblica dalla galera al tribunale, l’assassino dell’ex governatore del Punjab Salman Taseer, ucciso a Islamabad per essersi espresso contro le leggi anti blasfemia e per aver difeso la cristiana pachistana Asia Bibi, condannata a morte senza colpe con l’accusa di blasfemia e liberata dopo dieci anni. E’ lo stesso partito che  chiedeva l’interruzione di ogni rapporto diplomatico con la Francia, l’espulsione dell’ambasciatore francese in Pakistan, l’interruzione dei rapporti commerciali con il paese “colpevole” di aver consentito la pubblicazione e la ripubblicazione delle famose vignette su Maometto apparse sul giornale satirico Charlie Hebdo e  la decapitazione del presidente francese Emmanuel Macron e di tutti gli occidentali blasfemi. 

Nessun membro del Tpl  è  in galera, mentre le carceri pachistane sono piene di persone accusate di blasfemia. Non solo cristiani: le prime vittime delle leggi sono musulmani sciiti o di confessione Ahmadi, che in Pakistan sono dichiarati “non musulmani” e perseguitati più di qualunque altra minoranza. Il linciaggio e l’omicidio a sangue freddo contro i presunti “blasfemi” sono ormai diventati  la norma, e la legge anti blasfemia è ormai una vergogna nazionale. Per come la legge è formulata, difatti, chiunque può essere accusato da chiunque anche per gesti apparentemente insignificanti

E non soltanto la blasfemia viene adoperata come mezzo per risolvere questioni territoriali, ma è diventata anche  lo strumento principale per silenziare attivisti, oppositori o giornalisti. In Pakistan le leggi sono ormai utilizzate come pistola puntata alla tempia di chiunque provi anche soltanto lontanamente a criticare il governo, gli integralisti o l’esercito. Questo con il pieno consenso della maggioranza della popolazione, che pur dichiarandosi ampiamente scioccata per episodi come quello di Faisalabad, è pienamente convinta che la blasfemia debba essere punita e ha molto poco da obiettare contro le leggi in vigore e con il pieno consenso della classe politica al completo. 

Intanto, tra coloro che disapprovano, regna uno strisciante clima di terrore, anche quando si trovano in casa propria: se non rispetti il digiuno del Ramadan, per esempio, qualche membro della servitù potrebbe  denunciarti per blasfemia. Secondo i dati raccolti dal Parlamento europeo, che aveva chiesto la revisione dei rapporti commerciali con il Pakistan “visto che il governo ha sistematicamente provveduto a inasprire le leggi sulla blasfemia mancando contemporaneamente di proteggere le minoranze religiose dagli abusi, causando una crescita esponenziale nel numero di omicidi, accuse di blasfemia, conversioni forzate e incitazioni all’odio”, tra il 1987 e oggi circa duemila persone sono state accusate di blasfemia, e molte altre sono state attaccate da una folla inferocita o uccise a sangue freddo. E la deriva religiosa integralista, corollario irrinunciabile del regime ibrido (democrazia controllata dall’esercito) che governa il paese, è destinata a peggiorare ancora. Il Pakistan, un paese fondato all’origine su una contraddizione in termini (uno stato islamico aperto a tutte le confessioni) non soltanto non riesce ancora a conciliarsi con gli ideali laici del suo fondatore, ma rimane ancora “il paese più pericoloso del mondo”. Per chiunque. 

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