Un soldato indiano presidia la zona per il G20 (LaPresse)

Il caso

Perché Pechino boicotta il G20 del turismo nel Kashmir indiano

Francesca Marino

La Cina, così come Turchia e Arabia Saudita, si è rifiutata di partecipare al meeting in corso definendo Srinagar una “regione contesa”. Il valore simbolico della scelta e il contenzioso che da anni va avanti con il Pakistan

Si tratta “soltanto“ di un vertice sul turismo, ma ha un alto valore simbolico il meeting del G20 che si sta tenendo a Srinagar, nella regione indiana del Kashmir: sessanta delegati di paesi membri riuniti in quella che un tempo era definita la Svizzera dell’India e che negli ultimi decenni è diventato un groviglio di gruppi jihadisti infiltrati e/o addestrati dal vicino Pakistan. Il Pakistan, che non è membro del G20, da mesi denuncia “l’irresponsabilità” indiana nell’organizzare un vertice internazionale in quella che, per Islamabad, è ancora una regione contesa. La Cina, che da anni crea scompiglio e scaramucce armate sul confine, che di base non perdona all’India l’opposizione alla Belt and Road Initiative e che in virtù della suddetta iniziativa ha in mano tutto il Pakistan, si è rifiutata di partecipare al vertice, così come Turchia e Arabia Saudita, dichiarando la ferma opposizione “a tenere ogni genere di meeting del G20 in una regione contesa”. Regione che invece, per l’India, è parte del proprio territorio e che Delhi cerca di rilanciare come meta turistica.

 

Dal 2019, lo stato autonomo del Jammu and Kashmir (J&K) non esiste più. Esistono, invece, due Territori dell’Unione: il Kashmir e il Ladakh. Il decreto presidenziale che metteva fine all’esistenza dello stato non aboliva, come è stato erroneamente detto, l’articolo transitorio della Costituzione indiana 370 che sanciva l’autonomia del J&K: decretava la nascita dei due nuovi territori proprio in virtù dei poteri attribuiti dall’articolo 370 in questione. Il decreto ha portato anche all’abolizione di altri articoli transitori  come la proibizione, per le donne kashmire che si sposavano al di fuori dello stato, di mantenere alcuna proprietà di famiglia. Soprattutto, ha di fatto abolito lo status di “regione contesa” – contesa nata all’indomani della divisione tra India e Pakistan, quando agli stati autonomi era stata data la scelta tra le due nazioni nascenti. Il maharaja Hari Singh, di religione hindu, che governava uno stato a maggioranza musulmana, aveva deciso per l’annessione all’India. Subito dopo, il Pakistan invadeva il Kashmir conquistandone una buona parte.

 

Al tempo, su richiesta indiana, l’Onu aveva emesso una risoluzione decretando che ai kashmiri fosse data la possibilità di decidere il loro destino. La risoluzione non è mai stata messa in atto perché il Pakistan, dopo aver venduto alla Cina un pezzo di Kashmir e dopo aver creato il Gilgit-Baltisan, si rifiutava di ritirarsi dai territori occupati. Secondo Islamabad, la regione contesa è soltanto quella appartenente all’India, nonostante la risoluzione stabilisca come condizione preliminare per l’implementazione del referendum il ritiro delle truppe pachistane e l’obbligo  per l’India di tenere sul territorio le truppe necessarie a mantenere la sicurezza. Ma sul Kashmir il Pakistan, praticamente da sempre, basa gran parte della sua politica estera e la sua visione, grazie all’incessante attività di relazioni pubbliche dell’esercito, è quella dominante. Così  la regione è percepita come un paradiso perduto di abitanti di religione musulmana. Errore: il Ladakh, che da anni chiedeva di essere separato dal J&K, è di religione prevalentemente buddista. Jammu, parte del J&K, era di religione induista – era, prima che i cosiddetti Kashmiri Pandits subissero negli anni Ottanta una atroce pulizia etnica da parte dei loro vicini di casa e fossero costretti a emigrare. 

 

Il vertice dei ministri del G20 sancisce il ritorno di Srinagar e dintorni alla vita normale e la fine della dittatura jihadista che cercava di farne l’ennesimo paradiso della sharia. I militari in giro sono soltanto quelli che si vedono a ogni vertice del G7 o del G20, per ordinari motivi di sicurezza e non per tenere lontani militanti islamici. Hanno riaperto cinema e teatri, hanno riaperto i negozi e le house boat per turisti, sono state costruite case e autostrade. Perfino i sauditi, nonostante il boicottaggio del meeting, hanno investito e investiranno molto denaro nella regione. La prosperità è il modo migliore per togliere terreno sotto ai piedi a miliziani e guerriglieri che hanno fatto proseliti tra i giovani soprattutto perché, letteralmente, non c’era niente altro da fare: niente concerti, niente musica, niente cinema, niente sport, niente futuro o prospettive. A Srinagar oggi i sostenitori del jihad sono una sparuta minoranza, la maggioranza sogna davvero che il Kashmir torni a essere la Svizzera dell’India.

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