La squadra di avvocati di Trump ( Michael M. Santiago /Getty Images)

Dopo l'incriminazione

Le reazioni di Trump e dei trumpiani. Gli avvocati: "Si consegna martedì"

Redazione

In una lunga dichiarazione l'ex presidente attacca il procuratore distrettuale incaricato e parla di "una persecuzione politica". Fanno scudo attorno a lui molti repubblicani, mentre gli avvocati annunciano che si costituirà fra quattro giorni

Le dichiarazioni di Donald Trump non si sono fatte attendere, dopo che ieri sera il gran giurì del tribunale di Manhattan, a New York, ha votato per la sua incriminazione. L'ex presidente americano parla di "una persecuzione politica e una interferenza al più alto livello nella storia di un’elezione" e si definisce "una persona completamente innocente". Poi si scaglia contro il procuratore distrettuale incaricato, Alvin L. Bragg, definendolo "a disgrace", una vergogna, "un animale, un razzista e un esponente della sinistra radicale". Le sue parole si sovrappongono a quelle della squadra di avvocati che difende l'ex presidente americano: "Non ha commesso alcun crimine", ribadiscono Susan Necheles e Joseph Tacopina in una dichiarazione. Aggiungendo che daranno battaglia in tribunale contro un "processo politico".

Ma a fare scudo attorno all'ex presidente sono molti dei principali esponenti dell'ala filotrumpiana dei Repubblicani. La presidente del partito, Ronna McDaniel, ha definito l'accusa "un palese abuso di potere da parte di un procuratore distrettuale concentrato sulla vendetta politica e non sulla protezione delle persone". Ma anche David Urban, consigliere di lunga data di Trump, ha affermato che "se c'è un crimine contro il presidente, dovrebbe esserci anche un cadavere: siamo ancora molto lontani". La reazione più dura è stata forse quella del figlio di Trump, Eric: "Un atto politico che farebbe impallidire Mao, Stalin e Pol Pot".

Uno degli avvocati di Trump, Susan Necheles, ha detto al Time che l'ex presidente dovrebbe costituirsi martedì per essere chiamato in giudizio presso la Corte Suprema dello stato, a Manhattan.

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