Un jet dell'esercito cinese mentre sorvola lo stretto di Taiwan (LaPresse)

Tensione nello Stretto

Il punto di non ritorno dopo il viaggio di Pelosi a Taipei: esercitazioni senza fine

Francesco Radicioni

Proseguono le operazioni dell'esercito cinese in risposta alla visita della speaker della Camera americana a Taiwan. Mentre gli Stati Uniti le definiscono "provocatorie", la Cina non sembra volersi fermare

Bangkok. Ci si aspettava che le manovre militari senza precedenti di Pechino intorno a Taiwan si sarebbero concluse domenica, lunedì mattina invece l’Esercito popolare di liberazione ha fatto sapere che la pressione nei mari e nei cieli intorno all’isola non si fermerà. Nello scarno comunicato delle Forze armate cinesi, si legge solo il fatto che oggi Pechino abbia condotto operazioni congiunte antisommergibili e di assalto in mare (mossa che punta a testare le capacità della Cina di impedire un intervento esterno a difesa dell’isola) senza che vengano rivelati alcuni dettagli importanti: in quale area precisa queste esercitazioni si stanno svolgendo e quando si concluderanno. “Navigando in queste acque, così vicine alla preziosa isola della madrepatria, sentiamo nel profondo una grande responsabilità e una missione gloriosa”, ha detto con toni lirici ai media di Pechino uno dei soldati impegnati nelle esercitazioni. 

 

Dopo la visita della scorsa settimana di Nancy Pelosi a Taiwan – quello della speaker del Congresso americano è stato il viaggio di più alto livello sull’isola dal 1997 – l’Esercito popolare di liberazione ha iniziato esercitazioni militari “a fuoco vivo” mai viste prima in sei grandi zone intorno a Formosa che minacciano di cambiare lo status quo nello Stretto. Mentre la Casa Bianca liquidava le mosse di Pechino come “provocatorie” e “irresponsabili”, la leadership cinese usava munizioni a lungo raggio nello Stretto di Taiwan e testava missili balistici nelle acque orientali dell’isola davanti a due importanti basi militari. 

  

“In passato le esercitazioni si svolgevano lungo la linea della Cina continentale, ma questa volta abbiamo tracciato un perimetro intorno all’isola”, ha detto alla televisione di stato cinese l’analista militare Meng Xiangqing. “Se colleghiamo tra loro queste sei aree, sarebbe come intrappolare l’indipendenza di Taiwan sull’isola”. E’ così che queste manovre militari non solo hanno creato problemi al traffico aereo e marittimo, ma anche minacciato di isolare il grande porto meridionale di Kaohsiung – dove transita quasi il 60 per cento del commercio di Taiwan – e fatto sfoggio di poter interrompere i collegamenti con Giappone e Filippine. Secondo il ministero della Difesa di Taipei, da giovedì a domenica sono state decine gli aerei militari e le navi da guerra della Repubblica popolare che hanno attraversato la linea mediana nello Stretto: minando così la legittimità di quel confine mai riconosciuto da Pechino, ma che era stato tracciato negli anni Cinquanta per evitare possibili incidenti. “Agli occhi dell’Esercito popolare di liberazione non esiste nessuna linea mediana nello Stretto”, ha commentato Meng dagli schermi della Cctv. “La violazione della linea mediana non è iniziata oggi, ma si può dire che questa volta la linea sia stata sfondata”. 

 

In questi giorni, droni militari cinesi hanno anche sorvolato più volte l’isola di Kinmen e l’arcipelago delle Matsu: territori sotto il controllo di Taipei, ma vicinissimi alla costa della provincia cinese del Fujian. Secondo Simone Dossi, docente di relazioni internazionali all’Università Statale di Milano, “sia la Cina che gli Stati Uniti hanno varcato alcune linee rosse che, seppur non ufficialmente riconosciute, erano state rispettate nel corso dei decenni. Come hanno osservato alcuni commentatori cinesi, se gli Stati Uniti forzano la tradizionale interpretazione dell’unica Cina, allora Pechino rinnega limitazioni che aveva osservato negli anni passati”. Già nei mesi precedenti all’arrivo di Nancy Pelosi a Taiwan, Pechino aveva enfatizzato la sua “sovranità e giurisdizione” sulle acque strategiche dello Stretto di Formosa dove passano le principali rotte commerciali ed energetiche internazionali.

 

Con le forze armate americane che sono transitate già diverse volte quest’anno attraverso quelle acque, il Dipartimento di stato ha però spiegato che “gli Stati Uniti continueranno a volare, navigare e a operare ovunque il diritto internazionale lo consenta, incluso lo Stretto di Taiwan”. “Difficilmente si tornerà indietro”, dice al Foglio il professor Dossi. “E’ ipotizzabile che navi di Pechino continueranno ad operare nello Stretto e che droni militari cinesi continueranno a sorvolare le isole sotto il controllo di Taipei”.

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