Il generale russo

L'arrivo di Gerasimov in Ucraina è una punizione o un tentativo disperato di vittoria

Micol Flammini

E' molto inusuale che un militare del suo livello vada sul campo di battaglia, ma il capo di stato maggiore avrebbe il compito di ribaltare i risultati. Il rapporto con Putin e le supposizioni dal fronte

Valery Gerasimov, capo di stato maggiore  delle Forze armate russe, sarebbe arrivato a Izyum, città martoriata e strategica nella regione di Kharkiv, dove gli ucraini ieri hanno riconquistato due villaggi. Non ci sono ancora annunci ufficiali e a riferire la notizia sono state fonti ucraini. Gerasimov avrà il compito di gestire personalmente l’offensiva russa dal campo di battaglia. Non è usuale che il comandante in capo dell’esercito assuma un ruolo di comando proprio tra i soldati e questo lascia pensare che se davvero a Izyum fosse arrivato Gerasimov, si tratterebbe di un ordine giunto dal presidente Vladimir Putin, di nuovo insoddisfatto dell’andamento della guerra. E’ altrettanto inusuale che un militare come Gerasimov abbia un ruolo operativo, ma potrebbe essere un indicatore della fine delle risorse russe: Putin evidentemente si aspetta da lui un grande cambiamento, una strategia tutta diversa e soprattutto vincente. 

 

Qualche settimana fa, era stato incaricato della gestione della seconda fase dell’“operazione speciale”, quella del Donbas, il generale Aleksandr Dvornikov, conosciuto per la Siria, per i bombardamenti incessanti, uno dei tanti leader militari russi a cui era stato messo addosso  l’appellativo di “macellaio”. Quale dovrebbe essere ora il ruolo di Dvornikov non si sa, Gerasimov potrebbe arrivare per potenziare o addirittura per sostituire Dvornikov, che finora non ha fatto ottenere grandi risultati a Mosca. L’esercito russo avanza lentamente, a fatica, e al Cremlino aspettano risultati. Dvornikov non li ha ancora portati, non ha rispettato le tempistiche del successo e, se davvero era stato nominato per regalare il Donbas a Putin entro il 9 maggio, l’obiettivo sembra  sfumato. 

 

Gerasimov ha una carriera molto lunga, era stato in Cecenia, dove aveva contribuito a far arrestare il colonnello Yuri Budanov, colpevole di aver rapito, stuprato e ucciso una ragazza cecena. Budanov fu poi condannato –  piuttosto inaspettatamente – ma a fare in modo che venisse arrestato fu Gerasimov, tanto da essere definito da Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa nel 2006 che aveva seguito la guerra e il processo molto da vicino, un ufficiale che non aveva perso l’onore. Ma Gerasimov non è conosciuto per questo, piuttosto per essere diventato uno dei più famosi teorici militari russi dell’èra moderna. Ha contribuito a creare la macchina bellica di Putin, che tutti hanno sovrastimato. Sicuramente Gerasimov ha contribuito a crearne il mito. C’è un dettaglio da notare: la guerra che concepiva Gerasimov, con la  dottrina che prende il suo nome, era diversa da quella che sta conducendo ora la Russia sul campo di battaglia. Era una guerra fatta per essere combattuta senza carri armati, senza soldati tradizionali. Una guerra detta ibrida costellata di attacchi informatici, panico, disinformazione, terrorismo. Un conflitto fatto di molta imprevedibilità, non di lenta preparazione ai confini, come è stato invece nei mesi che hanno preceduto l’invasione dell’Ucraina. Questa guerra sembra essersi discostata molto dalla dottrina di Gerasimov ed è improbabile che la sua presenza sul campo di battaglia possa cambiare le cose: gli uomini e i mezzi dell’esercito russo rimangono sempre gli stessi. Non si può pensare che Gerasimov non c’entri nulla con lo stato attuale della macchina bellica russa, sicuramente aveva teorizzato una dottrina non conforme con quello che sta accadendo ora in Ucraina, ma è uno dei tre uomini ad avere i codici nucleari – gli altri due sono Putin e il ministro della Difesa Sergei Shoigu – e nell’organizzazione dell’invasione è stato coinvolto. Qualcosa con Gerasimov cambierà. Mick Ryan, maggiore dell’esercito australiano in pensione e oggi stratega e analista militare, ha scritto su Twitter che sul campo di battaglia Gerasimov potrebbe portare un livello migliore di pianificazione ed esecuzione congiunta alle operazioni russe, ma l’invio del capo di stato maggiore in Ucraina, dove sono morti molti generali, costretti ad andare in prima linea, a causa delle scarse linee di comunicazione dell’esercito russo, che usa radio non crittografate e normali telefoni cellulari, potrebbe sembrare una punizione.  

 

Racconta Ryan che nella Seconda guerra mondiale il generale MacArthur nominò il generale dell’esercito degli Stati Uniti Robert Eichelberger al comando delle Forze armate di Buna, durante la campagna della Nuova Guinea. Prima di partire, gli disse: “Bob, voglio che tu prenda Buna, o non tornare vivo”. Chissà che Putin non abbia detto la stessa cosa a Gerasimov. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.