(foto EPA)

Perché è ora di prendere sul serio Zelensky

Claudio Cerasa

Le mediazioni impossibili e l’Europa che temporeggia. Tre lezioni che il presidente ucraino sta dando all'Occidente

Bisognerebbe imparare a prendere sul serio Volodymyr Zelensky e bisognerebbe avere il coraggio di ascoltare il presidente ucraino non solo quando ci dice le verità che ci vogliamo sentir dire, quanto è bello l’occidente e quanto è cattiva la Russia, ma anche quando ci dice, con fiera durezza, le verità che non ci vogliamo sentir dire. Tra le verità che non ci vogliamo sentir dire, e che Zelensky ripete ormai da giorni, ce ne sono tre importanti ripetute anche ieri dal presidente ucraino. La prima è di natura economica e Zelensky ieri ha ricordato che un nuovo pacchetto di sanzioni che non comprenda quantomeno il petrolio, e che si limiti solo all’embargo sul carbone, sarebbe un pacchetto vuoto (l’Ue ha pagato alla Russia, da fine febbraio a inizio aprile, 9 miliardi per il petrolio, 9,6 per il gas e 712 milioni per il carbone).

La seconda è di natura militare e sempre ieri Zelensky ha ricordato che l’Ucraina, per vincere la sua guerra e non perdere Mariupol, ha bisogno di armi pesanti, “non tutte ma quelle che ci mancano, e soprattutto in tempo”, e ha ricordato all’Europa che il sostegno all’Ucraina ha bisogno più di fatti che di parole (ieri il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha promesso una terza tranche da 500 milioni di euro dalla European Peace Facility: ma quando?). La terza verità che Zelensky ha messo di fronte all’opinione pubblica europea riguarda un grande malinteso che ha a che fare con il tema dei mediatori. Da giorni, diversi osservatori notano, giustamente sconsolati, che i grandi mediatori che avrebbero potuto giocare un ruolo chiave in un eventuale processo di pacificazione hanno smesso di svolgere quel ruolo. La Turchia, per fortuna, da settimane rifornisce l’Ucraina con i suoi droni da guerra (i Bayraktar-TB2). Israele, per sua sfortuna, è stata costretta a occuparsi del dramma che rischia di vivere nel suo quadrante qualora gli Stati Uniti, in virtù di una nuova stagione di realpolitik energetica,  dovessero allentare le sanzioni sull’Iran. La Cina, pur avendo un interscambio commerciale con l’Europa (820 miliardi di dollari l’anno) e con gli Stati Uniti (750 miliardi) decisamente sbilanciato rispetto a quello con la Russia (147 miliardi), al momento ha scelto la strada del rafforzamento del rapporto con la Russia (la Cina, ha detto due giorni fa il viceministro degli Esteri Le Yucheng durante l’incontro con l’ambasciatore russo in Cina Andrey Denisov, “rafforzerà il coordinamento strategico con la parte russa”).

 

Al contrario di quello che si potrebbe credere, però, la scomparsa dei mediatori non ha a che fare con la volontà “scellerata” da parte dell’occidente di armare il conflitto e di inviare armi invece che fionde a Kyiv. Ha a che fare con un problema diverso segnalato sempre da Zelensky: l’indisponibilità a intraprendere la strada della diplomazia da parte di un paese che ha scelto di sterminare una nazione. L’europarlamentare Guy Verhofstadt, commentando la notizia del test russo su un nuovo missile balistico, si è chiesto, in modo retorico, a proposito di illusione sui negoziati e sui mediatori, quando l’Europa capirà che la strategia delle sanzioni passo dopo passo, adottate cioè non in modo preventivo ma come risposta alle efferatezze della Russia, è una strategia perdente, che non tiene in considerazione una verità semplice: Putin deve essere fermato subito, deve essere isolato ora e deve essere costretto a negoziare non per rivendicare una vittoria ma per scongiurare una sconfitta. E per capire come non perdere una guerra, forse Zelensky bisognerebbe imparare a prenderlo sul serio anche quando ci dice verità che non ci vogliamo sentir dire.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.