L'intervista

Chi ha ragione tra l'America e Kiev sul rischio di un attacco russo?

Micol Flammini

Gli Stati Uniti alzano l'allarme, l'Ucraina lo abbassa. Il giornalista Illia Ponomarenko ci spiega i problemi di comunicazione, le opinioni dei militari e la figura del presidente Zelenensky, innamorato del suo status e meno non del suo lavoro

L’Amministrazione americana ha detto che usare l’aggettivo “imminente” associato all’aggressione russa ai danni dell’Ucraina non è corretto. Gli ucraini lo dicono da settimane e l’aggettivo “imminente” si è trovato nel bel mezzo di una disputa internazionale tra Kiev e Washington, che hanno in realtà lo stesso obiettivo: evitare che la Russia attacchi l’Ucraina. Ieri gli americani hanno  annunciato di avere le prove di un piano della Russia, approvato ad alto livello a Mosca, per creare un pretesto per invadere l’Ucraina e attribuire la colpa alle forze di Kiev. Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky la scorsa settimana ha criticato gli Stati Uniti  per la gestione della crisi russa:  dice che l’America   crea panico. Il presidente ucraino sta dimostrando grandi lacune comunicative, ha detto al Foglio Illia Ponomarenko, ma anche gli Stati Uniti hanno contribuito a fare confusione. 

 

Ponomarenko è un giornalista ucraino, scrive per il Kyiv Independent ed è esperto di difesa. Secondo lui  “il governo ucraino in questa situazione può sembrare poco cauto, il presidente e il governo spesso comunicano in modo confusionario sia con i cittadini sia con la comunità diplomatica, può sembrare che neghino la minaccia, ma quello che sentiamo da chi si occupa direttamente della crisi, dai militari, è che tengono la situazione sotto controllo, che seguono al cento per cento quello che vedono al confine e non vedono indicazioni chiare di un attacco in arrivo, ma che non va mai abbassata la guardia”. Secondo alcune indiscrezioni l’Amministrazione Biden si sarebbe lamentata di Zelensky, l’ucraino ha fatto lo stesso con Biden durante una conferenza stampa. Secondo Ponomarenko i messaggi confusi sono arrivati da tutte e due le parti, ma gli ucraini, che pure criticano molto il loro presidente, sono d’accordo con lui nell’approccio e in molti vedono l’invasione come una possibilità remota. Nonostante questo “l’America qui  è molto popolare. Il Regno Unito lo è ancora di più in questi giorni grazie all’alleanza difensiva con la Polonia e con l’Ucraina”, ha detto Ponomarenko. Gli ucraini proseguono la loro vita ma a preoccuparli è più l’inflazione della guerra.

 

Zelensky era stato eletto con il 73 per cento dei voti nel 2019, ora i consensi sono ai minimi. “Quello in suo favore è stato un voto di stanchezza, la gente non voleva più Poroshenko e ha scelto Zelensky. In questi anni io ho avuto l’impressione che quest’uomo ami molto essere chiamato presidente, ami lo status, ma non ami il lavoro che deve fare un capo dello stato. Era arrivato con aspettative molto alte, ma se ormai nei sondaggi scivola in basso è anche colpa sua”. Ponomarenko ha occasione di incontrare spesso Zelensky e dice: “Ha lasciato molto libere le persone della sua cerchia, ha deciso di avere al suo fianco dei capi di gabinetto che spesso fanno più di quello che dovrebbero per le loro mansioni. Non è concentrato su ciò che fa, la crisi attuale e  una politica economica non molto buona hanno contribuito a frammentare  il voto”. Non tutto è da buttare, ma la delusione degli ucraini è alta.  Ponomarenko  riporta l’attenzione su una questione importante in quella che è la relazione complessa tra Stati Uniti e Ucraina: “Se la leadership politica non è stata brava finora a comunicare e ha fornito dati e messaggi alla rinfusa, la leadership militare invece, dal mio punto di vista, ha fatto esattamente quello che dovrebbe fare in questa situazione: tenere gli occhi ben aperti, parlare con gli alleati, condividere informazioni di intelligence. Anche loro sono danneggiati dalla confusione della politica”

 

Gli aiuti dei paesi Nato continuano ad arrivare a Kiev, ieri il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha firmato un accordo per iniziare a produrre in Ucraina i droni turchi Bayraktar TB2, usati dall’esercito ucraino nella guerra nella parte orientale dell’Ucraina, nella regione del Donbass. Una guerra che Ponomarenko definisce lenta e passiva, che è diventata routine e forse ha contribuito a plasmare il senso degli ucraini per l’aggressione.  Gli aiuti occidentali “sono un segnale forte, una mossa politica, indicano anche a Mosca che più ci sono armi, più per lei sarà costoso attaccare. Sono un argomento contro l’invasione”, per questo il loro arrivo è sempre molto raccontato. 

 

Di questa guerra che anche se non imminente è pericolosa, c’è un aspetto che colpisce: è una guerra molto esposta, ci si invia messaggi, si fanno vedere i muscoli. Non ci si nasconde. Gli ucraini hanno però una certezza: anche se Mosca non dovesse attaccare il problema non sarà risolto. L’Ucraina rimarrà sempre un argomento di propaganda usato per fini interni. “I russi sanno che  nessuno li attaccherà, non hanno davvero preoccupazioni per la sicurezza, il Cremlino sfrutterà sempre questa guerra, è una questione  storica, serve a Vladimir Putin. E se ora la tensione finisce, si ripresenterà quando il presidente russo ne avrà di nuovo bisogno. Rimaniamo troppo appetibili per una potenza aggressiva come la Russia”. 

  • Micol Flammini
  • Micol Flammini è giornalista del Foglio. Scrive di Europa, soprattutto orientale, di Russia, di Israele, di storie, di personaggi, qualche volta di libri, calpestando volentieri il confine tra politica internazionale e letteratura. Ha studiato tra Udine e Cracovia, tra Mosca e Varsavia e si è ritrovata a Roma, un po’ per lavoro, tanto per amore. Sul Foglio cura con Paola Peduzzi l’inserto EuPorn in cui racconta il lato sexy dell’Europa, ed è anche un podcast.