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god save the queen

Come la regina Elisabetta II nessuno mai

Cristina Marconi

Il Regno Unito celebra i 70 anni di regno della regina, salita al trono il 6 febbraio 1952

C’è molto da festeggiare, per i dieci settennati di regale dedizione al paese di una regina Elisabetta olimpica e impeccabile come solo chi non è mai stato sottoposto al batticuore di un’elezione può essere, fissa in quella sfera simbolica alla quale si può guardare (senza perdersi troppo nei dettagli) sia nei tempi felici che in quelli politicamente infelici.

Nessun re britannico ha mai raggiunto il giubileo di platino, la maratona dei regnanti di tutti i tempi e luoghi vede ancora saldamente in testa il Re Sole, sul trono dal 1643 al 1715, seguito dal thailandese Bhumibol, scomparso nel 2016 dopo 70 anni e 129 giorni sul trono (il terzo è Johann del Liechtenstein, con sette decenni e tre mesi), e questo un po’ di vertigine la dà, soprattutto quando il dibattito pubblico britannico è da anni dominato dal concetto astruso di “world beating”, cioè di cosa di fattura britannica in grado di battere tutto e tutti.

Mentre a Downing Street c’è un gran scintillare di coltelli intorno a un premier che si è creduto re e che ha violato ogni codice morale del britannico medio – rispetto delle regole, compassione, profilo basso – a Buckingham Palace (come in altri grandi palazzi del mondo) si sa bene che il potere viene dal saperli incarnare, quei valori, tanto più in un periodo incredibilmente sciagurato come quello che, si spera proprio, stiamo finendo di attraversare. E quindi i Regno Unito si prepara a un anno di celebrazioni nazionalpopolari per la donna diventata sovrana a ventisei anni, nel 1952, a causa dell’azione imprevista di un unico franco tiratore, suo zio Edward, che abdicando ha portato il fratello prima e la nipote poi sul trono. E sarà una grande festa per tutti, al contrario di quelle proibite ed esclusive che hanno riempito le stanze del potere vero, quello democratico, di bottiglie di vinaccio di Tesco e di cricche di amici con pochi riguardi per il dolore e gli sforzi dei cittadini che stavano rinunciando a tutto per combattere la pandemia.

Questo Giubileo sarà fatto di tazze celebrative e francobolli commemorativi, di vicini di casa che preparano tavolate in strada e di maxiconcerti in grado di mettere in bella mostra il meglio della scena artistica del paese, come fece dieci anni fa la cerimonia di apertura delle Olimpiadi, e magari di unificarne l’immaginario dopo sei anni di spaccature post-Brexit. Fortnum&Mason hanno lanciato una gara per una nuova torta, la Platinum Pudding Competition, in una sorta di grande Masterchef nazionale che ha anche un suo senso storico. Con l’ascesa di Elisabetta al trono, infatti, il Regno Unito ha guadagnato, oltre a una regina, una nuova ricetta per il pollo, il Coronation Chicken, che grazie a una spruzzata di curry nella maionese immortalava un po’ del sapore dell’impero che si andava dissolvendo. E i grandi brand del paese si stanno scatenando a fare il migliore utilizzo possibile di un’occasione commerciale unica, visto che quando c’è la Royal Family di mezzo il Regno Unito tutto ama trasformarsi in un grande negozio di antiquariato e di vecchi merletti. Anche il partito conservatore, dove al momento prevale invece l’arsenico, ama giocare con l’immaginario monarchico per darsi una dignità e ultimamente il ministro della Cultura ha addirittura chiesto di avere “God Save the Queen” trasmesso più spesso alla Bbc, perché “più lo si sente e meglio è”.

Elisabetta, invece, a novantacinque anni e mezzo, non immagina per sé un ruolo da regina della festa: il 6 febbraio per lei è da sempre un giorno di silenzio, visto che coincide con l’anniversario della morte dell’adorato padre Giorgio VI, e se ne starà a Sandringham, nel cottage preferito di Filippo, il marito morto ad aprile scorso. E anche più in là, vista l’età, lascerà che siano Carlo e Camilla e i giovani di casa a girare, a sorridere e a stringere mani, e a distogliere il più possibile l’attenzione dalla modernità che avanza.