La strage della vigilia di Natale è solo l'ultimo dei misteri birmani

Trentotto uomini, donne e bambini sono stati massacrati e poi bruciati dai soldati di Tatmadaw, l'esercito birmano, in un villaggio del Kayah

Massimo Morello

I dubbi su una guerra civile il cui sviluppo è ormai impossibile da definire e una domanda senza risposta: perché il cardinale Charles Maung Bo, il 23 dicembre, ha accolto nella sede arcivescovile di Yangon il generale Min Aung Hlaing dividendo con lui una torta e accettando una donazione di 11mila dollari?

Il tempo in Birmania trascorre a corrente alternata: a volte accelerato a volte rallentato. E' passato quasi un anno da quando i militari hanno preso il potere. In alcuni momenti sembra sia accaduto in un altro decennio, in altri, pochi giorni fa. Dipende dalle notizie, da quanto gli eventi siano orrendi per meritare l’onore della cronaca.

 

L’ultima notizia che sta diventando virale è la strage della vigilia di Natale. Trentotto uomini, donne e bambini sono stati massacrati e poi bruciati dai soldati di Tatmadaw, l’esercito birmano, in un villaggio nella zona orientale dello stato Kayah, al confine con il nord della Thailandia. La strage è divenuta notizia sia per la data sia perché, a quanto sembra, tra le vittime ci sono due operatori della ong Save the Children. Ne ha preso atto anche il sottosegretario generale per gli affari umanitari della Nazioni Unite Martin Griffiths, che si è dichiarato “inorridito”. Altra notizia ripresa da tutti i media è quella che in luglio i soldati della giunta avrebbero compiuto una serie di uccisioni di massa, seppellendo poi i corpi in fosse comuni. In questo caso la notizia è tale perché diffusa dalla Bbc. Ancora la Bbc ha diffuso la notizia di torture compiute dai militari, anche su donne e ragazzi.

 

In realtà tutte queste notizie erano già state diffuse dai social media birmani e dai siti d’informazione locali. Ma non erano ufficiali, non erano provate. Erano sussurri e grida dall’interno di un paese che è tornato a essere la metafora dell’orrore e del mistero. Un mistero tanto grande che ancora non si riesce a comunicare un numero credibile di morti. Si continua a scrivere circa 1300. Ogni cifra è preceduta dall’avverbio di quantità “almeno”. Contando semplicemente le vittime note. Non si hanno dati delle vittime nei bombardamenti dei villaggi, tra le milizie etniche, tra i partigiani della People’s Defence Force, il braccio armato del governo ombra. Tantomeno si hanno notizie dei morti tra i militari, che ormai dovrebbero riempire un cimitero. Tra le vittime del golpe andrebbero anche annoverati i cento minatori travolti da una frana in una miniera di giada. Dopo il golpe i militari hanno eliminato tutti i controlli che erano stati adottarti dal governo di Aung San Suu Kyi e hanno forzato l’estrazione del minerale per soddisfare la richiesta cinese e far scorrere denaro nelle casse dello stato e nelle proprie tasche.

 

Il numero dei morti è solo uno dei tanti misteri birmani. Come quello sulla sorte di Aung San Suu Kyi, ormai oggetto di ricatto che viene continuamente procrastinato (il verdetto del suo grottesco processo è stato rinviato al 10 gennaio, per ora). Ma un nuovo mistero sta tormentando molte coscienze: perché il cardinale Charles Maung Bo, il 23 dicembre, ha accolto nella sede arcivescovile di Yangon il generale Min Aung Hlaing dividendo con lui una torta e accettando una donazione di 11mila dollari? “Che cosa fa il Papa? Perché non lo richiama a Roma?” chiede una delle fonti del Foglio. In effetti l’incontro ha suscitato forti reazioni da parte della piccola comunità cattolica birmana e ancor più dure da parte di altre chiese cristiane. Il mistero resta tale perché il cardinale Bo, artefice della storica visita papale in Birmania nel 2017, non è certo un animo pavido, né tantomeno uno sciocco. Si potrebbe pensare che abbia stretto un patto col diavolo in cambio delle “anime” dei cristiani che vivono nelle regioni dove Tatmadaw sta operando con maggiore violenza, arrivando a bombardare le chiese. Oppure che voglia cercare un’alternativa a quella che sempre più si definisce come una guerra civile, sostenendo così la linea della non violenza di Aung San Suu Kyi.

 

Il mistero di tutti i misteri, infatti, è quello definito da Anthony Davis, uno dei più informati analisti militari della regione. Anche secondo lui, infatti, ormai “è impossibile definire” lo sviluppo di questa guerra che sta sempre più incancrenendosi nella psiche e nel corpo del paese.