I talebani hanno preso ieri il controllo del palazzo presidenziale di Kabul (LaPresse)

L'intervista

"Gli Usa sono inaffidabili. Ora l'Ue sia protagonista in Afghanistan". Parla Sergio Romano

Ruggiero Montenegro

“Abbiamo abbandonato il paese quando i nostri interessi si sono esauriti. E i talebani hanno trovato un nuovo slancio: un esercito moderno e la convinzione di non trovare ostacoli. L'Europa adotti una politica estera e militare comune, è l'unica strada", ci dice l'ex diplomatico

Sono bastate 48 ore, forse meno. Non hanno incontrato resistenze. I talebani sono entrati a Kabul, proclamando ieri sera il nuovo emirato islamico dell'Afghanistan. Vent'anni praticamente cancellati, in meno di una settimana, in cui gli integralisti hanno preso, città dopo città, il controllo dell'intera regione. Come ne esce l'Occidente? “Ne esce male. O di certo non ne esce bene”. A rispondere al Foglio è Sergio Romano, accademico e giornalista, professore universitario e diplomatico, da Londra a Parigi, prima con incarichi al ministero degli Esteri e poi alla Nato, fino all'ambasciata di Mosca, alla fine degli anni '80 nell'allora Unione sovietica.

 

Oggi guarda con attenzione agli ultimi sviluppi geopolitici, da osservatore critico, e non risparmia giudizi: “Bisognerebbe chiedersi se l'Occidente ha qualche scusante e ce ne sono poche oggi. Ci siamo impegnati per anni, cercando di portare l'Afghanistan sulla via della modernizzazione, e in qualche misura anche con dei risultati, dal punto di vista dei diritti e delle condizioni di vita. Ma solo fino a che avevamo interessi. Una volta che questi si sono ridotti, per varie ragioni, di politica interna ed estera, abbiamo trascurato il problema afghano".

 

Così l'offensiva talebana ha raggiunto i suoi obiettivi ben più rapidamente di quanto non ci si aspettasse. Ancora venerdì, l'intelligence americana riteneva che Kabul sarebbe caduta nei prossimi 30 giorni, nella peggiore delle ipotesi. E invece la cronaca di queste ore consegna una fotografia ben peggiore. “È subentrato un fatto nuovo”, spiega Romano: “L'estremismo religioso, che c'è sempre stato, ha trovato oggi un nuovo slancio. E la cosa nuova è che i talebani hanno un esercito moderno, tecnicamente più dotato che in passato. Anche grazie al sostegno di paesi come il Pakistan. E oltre a questo, sono spinti dalla motivazione, dal fatto di essere convinti che non troveranno ostacoli”.

 

Le ragioni, secondo l'ex diplomatico sono varie, riguardano scelte avventate di politica estera ed errori di calcolo. A partire dagli accordi stipulati dall'amministrazione Trump e poi dalle scelte conseguenti di Joe Biden: “Gli Stati Uniti hanno ragionato come tradizionalmente avrebbe fatto ogni paese occidentale, dicendosi: perché non parlare con i talebani, cercando un punto comune su alcuni obiettivi? Il problema è che quelli stipulati con questi integralisti religiosi non possono essere considerati dei trattati: sono come accordi scritti sul ghiaccio”.

 

Il risultato di questa strategia sono le immagini dell'aeroporto di Kabul preso d'assalto da civili in cerca di una via di fuga. Sta qui, insomma, la causa originale? “Sì, forse è cosi. Gli Stati Uniti stanno attraversando una fase in cui gli equilibri interni hanno grande rilievo, e quindi devono in qualche modo seguire l'opinione pubblica che voleva il ritiro dall'Afghanistan. Si potrebbe dire che gli Usa vivono una fase di ipersensibilità elettorale, e questo ha inciso sulle loro decisioni”, dice ancora Romano, secondo cui gli errori di valutazione appartengono anche a quanti hanno fatto troppo affidamento sulla posizione degli americani: “Non bisogna mai pensare che gli Usa abbiano una sensibilità internazionale. Hanno una bussola nazionale e si muovono di conseguenza. Per questo credo che si possa fare poco affidamento sugli Usa in tutta questa vicenda”.



Adesso però la partita riguarda anche l'Europa, che più o meno direttamente subirà gli effetti del caos afghano. E la prospettiva, non sembra incoraggiante. "Non contate troppo sull'Ue. Almeno a livello di istituzione comunitaria, poi magari agiranno i paesi, ma singolarmente. Ci interessava il mondo musulmano quando l'Europa, l'occidente, aveva un approccio colonialista. Che aveva tanti problemi, ma dal punto di vista della stabilità di certe zone forse era un bene”, dice ancora Romano, mettendo poi in guardia sugli sviluppi in arrivo: “C'è da aspettarsi una nuova ondata migratoria. Anche se l'Unione europea mi pare non voler affrontare neppure questo tipo di problema. Eppure sarebbe proprio nell'interesse europeo trovare una soluzione".
 

E allora viene da chiedersi se non sia arrivata l'ora, dopo anni di proclami, di adottare un approccio comune per quanto riguarda le relazioni e le questioni internazionali. “Quella di una politica estera e militare unica dovrebbe essere 'La strada'. Le gelosie tra paesi occidentali rendono i talebani più efficaci. Noi, come Unione europea, siamo diventati ancor più necessari per garantire gli equilibri in Medio Oriente, ma anche in altri teatri del mondo. E se l'Ue non se ne rende conto, se non partecipa alla gestione di questa fase, perde una grande occasione”, sottolinea il professore, che vorrebbe dunque un'Europa più attiva e protagonista tra gli attori internazionali.

 

Nelle ultime ore, intanto, i talebani che sono entrati a Kabul hanno annunciato una svolta culturale. Parlando ieri alla Bbc, il portavoce Suhail Shaheen ha promesso che saranno rispettati i diritti delle donne, nessuna violenza, e la garanzia dell'accesso all'istruzione. Andrà davvero così, hanno una qualche credibilità? “No, chiaramente no”, risponde Romano. Senza alcun dubbio.

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