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Sulla scuola la Francia non cambia idea: tutti in aula

Mauro Zanon

Il ministro francese Blanquet difende con video e canzoni l’“eccezione” che ha permesso agli studenti di seguire le lezioni in presenza

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Quando si fanno i paragoni, non dimentichiamoci di ciò che funziona e ci rende fieri: nessun paese dell’Unione europea ha lasciato le scuole aperte tanto quanto la Francia”. Lo scorso 17 marzo, il segretario agli Affari europei Clément Beaune ha espresso con queste parole la fierezza del governo francese per aver permesso agli studenti di seguire le lezioni in presenza, senza pagare questa scelta con un disastro sanitario in termini di contagi. Nessuno ha puntato sulla scuola con tanta risolutezza quanto la Francia, e a Parigi, ora, si parla con orgoglio di “exception française”. Il portabandiera della linea aperturista è Jean-Michel Blanquer, il ministro dell’Istruzione, secondo cui la didattica in presenza è anzitutto una missione sociale. “Il mantenimento delle scuole aperte è un obiettivo umano fondamentale! La scuola non è una variabile di aggiustamento, bensì una questione di vitale importanza per tutti i bambini. Esserne stati privati ci ha ricordato il suo carattere prezioso. I vantaggi di lasciare le scuole aperte sono ampiamente superiori agli inconvenienti”, ha spiegato al Monde Blanquer. 

Negli ultimi giorni, dinanzi alla recrudescenza della pandemia, le critiche si sono fatte più veementi. Ma il titolare dell’Éducation nationale non ha intenzione di rinunciare alla sua battaglia ed è convinto che la chiusura delle scuole non sia un rimedio miracoloso: anzi, provocherebbe danni ingenti per il futuro. Domenica sera, in risposta agli attacchi di chi invoca la didattica a distanza per far crollare i contagi, Blanquer ha pubblicato un video parodia della celebre canzone dei Pink Floyd “Another Brick in the Wall”, intitolato “Another Window on Zoom”. “Detestiamo l’istruzione online/ Abbiamo l’impressione di aver perso il controllo/ Non ci ricordiamo più la matematica e la fisica/ Se solo ci lasciassero tranquilli/ Ehi gente, riportateli a scuola/ Restare a casa così tanto tempo è così ingiusto e crudele”, canta in inglese un collettivo di adulti. Poi, come nella versione originale del 1979, tocca al coro dei bambini. “Abbiamo solo bisogno di imparare in carne e ossa/ Non possiamo stare su internet tutta la giornata/ Vogliamo vedere i nostri compagni a scuola/ Non possiamo più restare a casa/ Ehi gente, riportateci a scuola/ In fin dei conti, siamo solo una finestra in più su Zoom”, recitano dodici giovanissimi studenti, divisi in altrettante “windows”. 

 

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Il video, girato originariamente in California, è stato accolto come una provocazione fuori luogo da parte dei principali sindacati di categoria. Snes-Fsu, prima organizzazione sindacale per numero di iscritti nell’istruzione secondaria francese, ha replicato con un filmato nel quale vengono compilati “ordini, contrordini e approssimazioni” del ministro dell’Istruzione Blanquer da quando è scoppiata la pandemia. Il collettivo Stylos rouges, sullo stesso tono, ha twittato così: “Dopo essersi rifiutato di investire anche solo un euro per mettere al sicuro le scuole, aver manomesso le cifre del contagio e alleggerito per tre volte il protocollo sanitario, Jean-Michel Blanquer rigetta l’insegnamento a distanza senza alcuna giustificazione, postando un video come un volgare troll. Si vergogni!”. I numeri della pandemia, certamente, non sono rassicuranti. Ma al Journal du dimanche, Macron ha ribadito che la chiusura delle scuole sarà “la decisione da prendere in ultima istanza”, fedele alla filosofia del suo ministro dell’Istruzione: l’école avant tout, la scuola prima di tutto.

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