Editoriali
Il senso dell’impeachment 2
Se Trump fosse condannato, non potrebbe ricandidarsi. Questo fa gola a molti
Si è aperto il procedimento di messa in stato d’accusa al Senato americano, il secondo a carico di Donald Trump: il primo non portò all’impeachment dell’allora presidente americano (si è concluso nei giorni in cui scoppiava l’epidemia, l’anno scorso), ed è molto improbabile che il secondo abbia un esito differente. Per di più Trump non è più il presidente: questo non soltanto significa che il procedimento sia diverso (a presiedere il processo, tanto per dire una differenza, non c’è il presidente della Corte suprema Roberts) ma c’è anche molta incertezza tra i giuristi che si interrogano sulla costituzionalità o no dell’impeachment a un presidente che non è più presidente.
Si è aperto il procedimento di messa in stato d’accusa al Senato americano, il secondo a carico di Donald Trump: il primo non portò all’impeachment dell’allora presidente americano (si è concluso nei giorni in cui scoppiava l’epidemia, l’anno scorso), ed è molto improbabile che il secondo abbia un esito differente. Per di più Trump non è più il presidente: questo non soltanto significa che il procedimento sia diverso (a presiedere il processo, tanto per dire una differenza, non c’è il presidente della Corte suprema Roberts) ma c’è anche molta incertezza tra i giuristi che si interrogano sulla costituzionalità o no dell’impeachment a un presidente che non è più presidente.
La principale linea di difesa di Trump è appunto che il procedimento sia incostituzionale: in merito anche i giuristi conservatori sono molto divisi, ma naturalmente tra le pieghe del dibattito tecnico si vedono le motivazioni, le ispirazioni, le preferenze politiche. Il team di avvocati di Trump, fresco di burrascoso rimpasto, ha detto che la Costituzione non c’entra, è una guerra politica. E infatti i meno guerrafondai cercano di prendere le distanze, a cominciare dal presidente Biden che si rende conto di quanto il processo possa essere strumentalizzato dai trumpiani e ha pure fretta di andare avanti con il suo Recovery plan, rallentato dalle attività dell’impeachment.
Perché Trump sia davvero condannato per aver istigato gli assalitori del Campidoglio il 6 gennaio scorso occorrono i due terzi dei voti del Senato: ci sono 50 democratici e 50 repubblicani, tra questi soltanto cinque oggi sono a favore dell’impeachment. Perché imbarcarsi in un altro viaggio ad alto rischio di fallimento? Perché se per caso Trump fosse condannato non potrebbe più ricoprire ruoli pubblici e non potrebbe ricandidarsi nel 2024. E questo fa gola, anche nel regno dell’impossibile, tanto ai democratici quanto ai repubblicani.