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editoriali

Cosa abbiamo da nascondere

Redazione

I “respingimenti” degli europarlamentari in Croazia infangano i valori dell’Ue

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Nella foresta di Bojna, che separa l’Ue dalla Bosnia, c’è qualcosa da nascondere. Sabato scorso una delegazione di quattro eurodeputati del Partito socialista europeo – Brando Benifei, Pietro Bartolo, Alessandra Morretti, Pier Francesco Majorino – è stata rincorsa e cacciata dalla polizia croata dai sentieri che conducono in Bosnia Erzegovina. I quattro sono stati respinti perché volevano osservare e riferire a Bruxelles dei presunti respingimenti al confine e delle condizioni in cui circa un migliaio di profughi sono costretti al di là della frontiera – in ciabatte tra la neve, sotto tende messe in piedi per l’emergenza causata la vigilia di Natale dall’incendio del campo di Lipa, a nord-ovest della Bosnia.

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Nella foresta di Bojna, che separa l’Ue dalla Bosnia, c’è qualcosa da nascondere. Sabato scorso una delegazione di quattro eurodeputati del Partito socialista europeo – Brando Benifei, Pietro Bartolo, Alessandra Morretti, Pier Francesco Majorino – è stata rincorsa e cacciata dalla polizia croata dai sentieri che conducono in Bosnia Erzegovina. I quattro sono stati respinti perché volevano osservare e riferire a Bruxelles dei presunti respingimenti al confine e delle condizioni in cui circa un migliaio di profughi sono costretti al di là della frontiera – in ciabatte tra la neve, sotto tende messe in piedi per l’emergenza causata la vigilia di Natale dall’incendio del campo di Lipa, a nord-ovest della Bosnia.

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“Per tre decenni ho visto cose terribili. Ma posso assicurare che a Lampedusa e a Trieste non succede quello che succede qui in Bosnia. E’ inaccettabile, disumano. E gli stati membri se ne devono fare carico”. Le parole di Bartolo testimoniano che la gestione delle frontiere europee si basa su un sistema poco trasparente. Un sistema in cui la polizia di un paese dell’Ue, coadiuvata da un’agenzia europea (Frontex), con denaro dei contribuenti europei impedisce ai nostri rappresentanti al Parlamento europeo di vedere cosa succede alle nostre frontiere, dove i migranti sono respinti in violazione del diritto internazionale.

  

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Verrebbe da dire che si tratta di un’offesa a molti di quei princìpi condivisi da paesi dell’Ue, se non fosse che tutto – dai muri usati per dividere, ai droni per sorvegliare, fino alle intimidazioni e talvolta alla violenza usate dalla polizia contro i migranti – è invece parte integrante di una politica volta ad alimentare l’illusione che il problema dell’immigrazione si risolva cucendo toppe di filo spinato alle nostre frontiere, lasciando che lo gestiscano paesi dalla dubbia affidabilità democratica – Libia, Turchia, paesi balcanici.

             

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