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editoriali

Il messaggio di Sisi agli italiani

Redazione

Zaky resta in carcere mentre il rais egiziano è a Parigi. Capito chi comanda?

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Chi credeva che il rais egiziano al Sisi sarebbe stato più clemente perché è in visita a Parigi (dov’è la moglie? Non si vede mai. Ma non si presenta come un campione della battaglia contro gli islamisti?) e che quindi lo studente Patrick Zaky sarebbe stato scarcerato per dare un segnale di distensione si è dovuto ricredere. La Corte “antiterrorismo” del Cairo ha deciso che Zaky resta in carcere per altri 45 giorni. Il segnale c’è, ma va nella direzione opposta. Il rais egiziano è in visita a Parigi, sta stringendo affari anche militari con Macron, ha ordinato di liberare tre persone che lavoravano nella stessa ong di Zaky perché Macron ha chiesto il loro rilascio, ma Zaky, che studia a Bologna, resta dentro. Al Sisi dice senza parlare: faccio quello che voglio, decido io. Capito il messaggio, italiani che ancora vi ostinate a chiedere trasparenza sul caso di Giulio Regeni, lo studente italiano trucidato al Cairo quasi cinque anni fa?

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Chi credeva che il rais egiziano al Sisi sarebbe stato più clemente perché è in visita a Parigi (dov’è la moglie? Non si vede mai. Ma non si presenta come un campione della battaglia contro gli islamisti?) e che quindi lo studente Patrick Zaky sarebbe stato scarcerato per dare un segnale di distensione si è dovuto ricredere. La Corte “antiterrorismo” del Cairo ha deciso che Zaky resta in carcere per altri 45 giorni. Il segnale c’è, ma va nella direzione opposta. Il rais egiziano è in visita a Parigi, sta stringendo affari anche militari con Macron, ha ordinato di liberare tre persone che lavoravano nella stessa ong di Zaky perché Macron ha chiesto il loro rilascio, ma Zaky, che studia a Bologna, resta dentro. Al Sisi dice senza parlare: faccio quello che voglio, decido io. Capito il messaggio, italiani che ancora vi ostinate a chiedere trasparenza sul caso di Giulio Regeni, lo studente italiano trucidato al Cairo quasi cinque anni fa?

 

La storia di Zaky è simbolica. Arrestato durante una breve vacanza in Egitto per colpa di dieci post su Facebook – che la difesa dice non essere suoi – è in galera da più di trecento giorni e rischia una pena di venticinque anni (e dorme per terra in una prigione che è chiamata “la Tomba”). Paga con la sua libertà il solito trucco di al Sisi, che tratta come se fossero la stessa cosa i terroristi dello Stato islamico e gli attivisti delle organizzazioni per i diritti civili oppure gli oppositori politici. Nell’Egitto del 2020, questi tre gruppi sono considerati sullo stesso livello e la cosa all’esterno è ritenuta normale. Se Zaky non studiasse a Bologna, ci ricorderemmo delle decine di migliaia di persone nelle celle dell’Egitto perché non sono d’accordo con il governo? Al Sisi, acrobata politico, è consapevole di avere molto da offrire in cambio di qualche scampolo di rispettabilità, perché l’Egitto è in una posizione strategica. E infatti ieri Macron gli ha promesso che non condizionerà la vendita di armi all’Egitto al rispetto dei diritti umani. E così per ora il presidente egiziano fluttua un livello sopra al turco Erdogan e agli iraniani, anche se le sue prigioni non sono migliori e i suoi picchiatori non sono più delicati.

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